L’8 marzo al museo

Oggi, 8 marzo, nel mondo si festeggia ufficialmente per la quarantesima volta la Giornata internazionale della donna, dopo ben 41 anni dalla sua proclamazione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1977.

Le sue radici però affondano in un passato ancora più lontano, che non è fatto di un mitico – nel senso più letterale del termine – incendio in una fabbrica di New York, bensì di una conferenza del 1908 negli Stati Uniti, quella del Partito socialista  di Chicago, che fu presto detta Woman’s Day, giorno della donna, poiché fu proprio una donna, Corinne Brown, a presiedere l’abituale assemblea a cui per l’occasione furono invitate tutte le donne.

L’iniziativa apparentemente quasi insignificante ai nostri occhi moderni permise la nascita di una vera e propria giornata della donna nel 1909, raccomandata dallo stesso Partito socialista per l’ultima domenica di febbraio: quell’anno fu celebrata il 23 febbraio, mentre nel 1910, l’anno successivo, il 27 febbraio. Qualche mese dopo le delegate socialiste americane portarono quindi la proposta di istituire una giornata internazionale della donna alla Conferenza internazionale delle donne socialiste a Copenaghen, dove però di fatto non fu presa nessuna decisione a riguardo. Mentre negli Stati Uniti continuò a tenersi l’ultima domenica di febbraio, in molti dei maggiori paesi europei, come Germania, Austria e Francia, la giornata della donna venne festeggiata per la prima volta nel 1911, anche se in giorni differenti, poiché ogni Paese sceglieva un giorno di rilevante importanza nazionale, ma non venne ripetuta annualmente né celebrata in ogni paese.

La data dell’8 marzo, invece, viene dalla Russia rivoluzionaria, in particolare da San Pietroburgo dove proprio l’8 marzo 1917 le donne della capitale manifestarono rivendicando la fine della guerra e il crollo dello zarismo, sancendo l’inizio della Rivoluzione russa di febbraio (secondo il calendario giuliano infatti l’8 marzo corrisponde al 23 febbraio). Per questo motivo nel giugno del 1921 la Seconda conferenza delle donne comuniste tenuta a Mosca fissò a questo giorno la celebrazione della Giornata internazionale dell’operaia.

Per quanto riguarda il nostro Paese, in Italia la Festa della donna si tenne solo dal 1922 per iniziativa del Partito comunista d’Italia, ma fu interrotta successivamente a causa della guerra. Soltanto nel 1944 si formò l’UDI, Unione Donne in Italia, che prese l’iniziativa di celebrare l’8 marzo 1945 per la prima volta la Giornata della donna nell’Italia libera. L’anno dopo, nel 1946, con la fine della guerra venne festeggiata in tutta la nazione e fece la sua comparsa il suo simbolo più conosciuto, ossia la mimosa, che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo.

Ben quarant’anni dopo, la Festa della donna ha forse perso gran parte del suo vero significato: per decenni le donne si sono battute per vedere riconosciuti e garantiti i loro diritti, gli stessi diritti dei loro padri, fratelli, figli, mariti e compagni.

La verità è che oggi l’8 marzo sta fallendo. Le donne, infatti, sembrano non aver mai conquistato davvero la piena e riconosciuta parità per cui hanno lottato, non solo nei singoli campi come il lavoro, ma nell’intera società. Ancora oggi in molti paesi del mondo alle donne non viene concesso il più semplice dei diritti, quello di vivere e di poter scegliere. Il gran numero di femminicidi che si perpetrano ogni giorno, ogni mese ed ogni anno e che sembra non diminuire mai è la prova che il marcio si trova nella collettività e non in qualche singolo e folle individuo. Perfino le stesse donne non rispettano più le donne e la libertà che ognuno di noi dovrebbe vedersi riconosciuta: differenziare brave ragazze e poco di buono, ottime casalinghe e mamme lavoratrici, aspiranti madri e non, addirittura donne sposate e chi invece al matrimonio non ambisce per ricondurle alle due grandi categorie di buone donne e donne cattive con – un pizzico di – malizia non porta a nulla di più che ad un peggioramento della situazione in cui la donna stessa si trova, dando libero sfogo ai pensieri e agli ideali di alcuni uomini, che però sembrano sovrastare l’intera comunità maschile.

Il vero secondo fallimento di questa celebrazione è infatti, a parer mio, escludere proprio loro, gli uomini. La Giornata della donna sembra essersi trasformata in una festa ghettizzata dalle stesse donne, quelle che una volta lottavano per entrare a far parte in egual misura rispetto agli uomini di una società da cui oggi alcune di loro sembrano volersi isolare per formare un mondo a parte.

Oggi io non voglio ricevere gli auguri dagli uomini, voglio poter festeggiare con gli uomini. Voglio vedere gli uomini che gridano accanto a me e non contro di me; li voglio vedere in prima fila nei cortei a combattere per i miei diritti da donna, quei diritti che da uomini hanno già, ma che pretendono di vedere riconosciuti in ogni essere umano. Voglio vedere un uomo libero che insieme ad una donna libera o che si sente libera lotta per la libertà.
Infine oggi, 8 marzo, io voglio entrare al museo – uno di quei musei in cui solo oggi posso entrare gratuitamente perché sono donna – e voglio farlo con un uomo, entrambi gratis.

Martina Moscogiuri

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