Ricordate PSY, il cantante coreano che nel 2012 entrò prepotentemente nelle nostre vite con il singolo “Gangnam Style”? C’è una cosa su di lui che certamente non sapete, una sconvolgente verità che non vi aspettereste mai.
A me piace, e anche tanto. Bene, l’ho scritto e non è successo nulla: non si sono aperte voragini nel terreno, non ha preso fuoco un conservatorio e non sono apparsi gli spettri di Beethoven per darmi un colpo sordo dietro la nuca o di Ray Charles per schiaffeggiarmi alla cieca. Posso continuare dunque, e vi dirò di più: per me Park Jae-sang (questo il suo nome originale) è uno degli ultimi grandi geni, perché ormai soltanto i grandi geni vengono falcidiati dalla censura.
Eh sì, perché prima di diventare il padrone assoluto dei nostri computer e delle nostre radio per un’estate intera PSY è stato spesso e volentieri censurato dal democraticissimo governo sudcoreano, che pure teoricamente nella manichea visione dicotomica del mondo che abbiamo noi oggi sarebbe “quello buono” dei due governi coreani. L’album con il quale debuttò nel 2001 scatenò parecchie controversie per i suoi contenuti ritenuti “non appropriati”, e il cantante ricevette pesanti critiche per i suoi sentimenti antiamericani: durante un concerto nel 2002 distrusse con il microfono un modellino giocattolo di carrarmato americano in segno di protesta per l’uccisione poco a nord di Seul di due ragazze quattordicenni inseguite da un veicolo militare americano. Il gesto dei militari scatenò molta indignazione, ma a quanto pare quello del cantante ancor di più.
La vendita del suo secondo album, sempre nel 2002, fu vietata ai minori di diciannove anni. Il terzo stranamente non creò problemi a nessuno.
Nel 2004 fu convocato dall’esercito sudcoreano per l’obbligo di arruolamento imposto a tutti i cittadini tra i diciotto e i trentacinque anni, ma riuscì a cavarsela in quanto impegnato a lavorare in un’azienda impiegata nello sviluppo di software. Nel frattempo pubblicò il suo quarto album, e questo gli costò un’accusa da parte del governo sudcoreano di negligenza dal lavoro e pertanto una nuova chiamata a svolgere il servizio militare per venti mesi: in qualche modo riuscirono a incastrarlo, insomma. Ritorna nel 2010 con il singolo “Right Now”, che anticipava il suo quinto album, e indovinate un po’? Anche quello fu censurato.
PSY tiene duro però, e riesce ad arrivare sano e salvo al 2012, anno in cui il suo umorismo e la sua irriverenza riescono a scavalcare i confini della sua patria e arrivare in zone del mondo dove possono essere maggiormente apprezzati. “Gangnam Style” raggiunge le due miliardi di visualizzazioni, diventa il video più visto in assoluto su YouTube, superato soltanto tre giorni fa da “Despacito” di Luis Fonsi e Daddy Yankee, e porta il suo balletto cavalcante su tutte le spiagge del pianeta. Il singolo immediatamente successivo, “Gentleman”, stabilisce il primato di video più visto su YouTube nelle prime 24 ore. Insomma, un successo gargantuesco.
Il 26 maggio 2013 si esibisce allo Stadio Olimpico di Roma prima della finale di Coppa Italia disputata tra Roma e Lazio, ma viene fischiato da entrambe le tifoserie, certamente troppo ansiose di vedere un derby valente per l’assegnazione di un trofeo per godersi lo spettacolo di un cantante coreano che probabilmente in quel contesto non c’entrava nulla. Questo scivolone costerà caro alla reputazione di PSY in Italia, dove se ne perderanno presto le tracce. Ed è un peccato!
Singoli come “Hangover” con rapper americano Snoop Dogg, “Father” con il pianista cinese Lang Lang, “Daddy”, “Napal Baji”, “New Face” “I Luv It” sono un sinolo di video demenziali e sonorità ritmate, in un coacervo di creatività ed esplosività che raramente ci è dato da vedere.
Tutto facile adesso per PSY? Certo che no. Pare infatti che se ormai quasi tutto il mondo apprezzi lo stile eccentrico del cantante di Seul, qualcuno faccia ancora eccezione. E quel qualcuno va tenuto in gran considerazione, essendo nientemeno che la dirimpettaia Corea del Nord.
Nel processo di riavvicinamento delle due Coree è stato infatti organizzato un mega concerto a Pyongyang comprendente oltre a svariati padroni di casa anche 160 artisti sudcoreani, ma tra questi non ci sarà il loro maggior portabandiera (PSY fu tra l’altro l’autore dell’inno sudcoreano per le Olimpiadi di Londra 2012, “Korea“), considerato troppo eccessivo.
Certamente non basterà un concerto cancellare per i conflitti tra le due Coree, ma se come nelle migliori tradizioni una risata li seppellirà, allora sicuramente quel giorno vedremo PSY ballare sguaiatamente sul tumulo.
Sitografia:
- http://newsfeed.time.com/2012/12/08/gangnam-rile-psys-past-anti-american-performances-stir-controversy/
- https://www.allkpop.com/article/2012/09/allkpop-radar-psy
- http://www.askanews.it/esteri/2018/03/26/giallo-su-psy-a-concerti-in-nordcorea-pyongyang-avrebbe-detto-no-pn_20180326_00147/
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