Tra poesia e vita / “жив ми био”

Chi mi conosce anche solo un po’ sa. Cosa? Quanto io sia patriottica e nazionalista verso la mia Serbia. Quando ero più piccina ne ero totalmente gelosa. E ma perché ne parlano? Perché ne parlano male senza darsi l’opportunità di conoscerla? Ebbene, crescendo mi sono – nei limiti concessimi dal DNA serbo che urla “Косово је Србија” (trad. “Il Kosovo è Serbia”) – rilassata.

La vogliono conoscere e capire quanto abbia da dare? Meglio per loro. Vogliono rimanere nell’ignoranza? Peggio per loro. E mi si riempie il cuore quando
vedo persone che la coccolano questa terra, ne prendono il meglio e si lasciano cullare dal ritmo della vita – finendo poi per sentirsi serbi, finendo per parlare in serbo tutti i giorni – anche più di me e meglio di me… e qui non vi nego che un po’ di invidia ci sia.

Il 19 aprile ho partecipato ad un evento da pelle d’oca organizzato nell’ambasciata serba a Roma. Già il nome dell’evento era un invito Serbia in vena di poesia: “La Poesia anima e respiro dell’Universo”. Ora, io non è che sia chissà quale grandissima amante della
poesia, ma non per chissà quale motivo… è che io proprio la poesia non sempre la capisco. Già la letteratura in prosa non è per tutti, purtroppo, figuriamoci quindi versi in rima con figure retoriche ed enjambement che vi fanno perdere il filo del discorso. Eppure, io proprio alla poesia non resisto, mi fa sempre sua. Basta una
parola e io sono persa. Ma torniamo all’evento: quattro ospiti legati, per volere divino o per scelta personale, alla Serbia. Bratislav Milanović, Dragan Mraović (e fin qui tutto bene, finiscono in –ić quindi sono serbi per volere divino), Liubiţa Raichici (poetessa nata in Romania ma attiva in Serbia, e continua ad andare tutto bene; voglio dire: non siamo poi distanti geograficamente) e Kayoko Yamasaki-Vukelić, e vi assicuro che il secondo cognome l’ha aggiunto: è veramente una bellissima signora giapponese, vestita
nella semplice eleganza e delicatezza che contraddistingue i giapponesi. Non parla italiano ma serbo. Ho avuto gli occhi pieni di lacrime quando ha recitato le sue poesie in lingua originale senza capire una sola parola di giapponese… eppure l’espressività di questa donna e la forza con cui ha coinvolto è stata impressionante. Una donna che nella recitazione si trasforma. Parla dei bombardamenti del ’99, lei che da questi bombardamenti non è stata colpita, lei che potrebbe come molti ignorare il male fatto a tante, troppe persone, che potrebbe ma non lo fa.
Un’altra grande scoperta della serata, sempre al femminile, è Liubiţa: carismatica, forte, autoironica, coinvolgente e umana. Disposta a sbagliare, lei che per anni si è dedicata ai lavori che spettano ad una donna, disposta a mettersi in gioco; perché non le basta cucinare, lavare, stirare ma sa che la poesia l’ha scelta e quindi deve farsi sua servitrice. Tant’è che durante la serata lo dice: “come spiego a mio marito e mio figlio che non scelgo io quando scrivere, ma mi viene e quando arriva devo farlo?”
E tutti noi che ci cimentiamo con la scrittura – e io stessa che mi trovo distante anni luce dall’essere una scrittrice o qualcosa di simile – abbiamo almeno una volta provato questa sensazione di impotenza e potenza. Impotenza perché ci sono giorni in cui è impossibile pensare di scrivere anche una sola parola, in cui anche solamente scrivere un messaggio è complicato perché non riesci a dar corpo al pensiero e altri invece in cui scriveresti per ore e sei in grado di descrivere ogni sfumatura che ti si presenta davanti.

Ad evento finito, tra una risata e l’altra con persone che non conoscevo, ho apprezzato di più la vita: è importante aver cura delle persone, delle proprie radici e della propria cultura. Per star bene basta uno sguardo o una risata, siamo noi a complicarci le cose.

Martina Grujić B.

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