Da quando il presidente Macron ha preso in mano il paese le riforme che sono state applicate sono state tante: da una parte possiamo notare un governo attivo e pronto a riformare il paese, che non si addormenta su poltrone senza attuare politiche che possono essere considerate necessarie, ma allo stesso tempo il vento liberista non sta portando le migliori soluzioni che uno stato come la Francia sperava.
La riforma che vorrei cercare di analizzare oggi, con i pochi strumenti a mia disposizione, è quella universitaria.
Vorrei sottolineare che non vi è stato nulla di più complicato nel cercare di documentarsi adeguatamente attraverso i quotidiani italiani.
Per motivazioni a me sconosciute, in Francia si sta iniziando ad incitare una rivoluzione attiva quanto quella del ’68, ma non si sa perché questo non viene comunicato da giornali e televisioni internazionali.
L’Italia è uno stato vicino alla popolazione francese e in teoria non dovrebbe essere qualcosa di complicato capire esattamente come si stanno giocando le carte in questa lotta, senza dimenticare la vasta popolazione italo-francese in Francia e viceversa.
Ho dovuto comunicare con un caro amico che frequenta Science Po a Bordeaux, che finalmente mi ha chiarito le idee su quello che sta succedendo.
Innanzitutto mi ha detto che la lotta attuale francese è qualcosa di grosso, molto più grosso di quanto possiamo immaginare.
La mobilitazione è alta, le occupazioni sono ovunque e il clima non è sereno: le forze dell’ordine circondano le facoltà con estrema facilità quasi quotidianamente.
Alla lotta si uniscono tutti: professori e studenti.
Ma perché vi è questo clima?
Tutto parte dalla riforma di Macron che ha coinvolto a 360 gradi il mondo scolastico.
Dall’inizio di febbraio migliaia di studenti universitari, liceali e di lavoratori del personale pubblico dipendente hanno iniziato a mobilitarsi contro le riforme dell’educazione del governo Macron.
Per quanto riguarda l’università, l’implementazione del programma “Parcours Sup” e la promulgazione della relativa legge su “l’Orientation et la Réussite des Étudiants” introducono sostanzialmente un sistema di selezione degli studenti neo-diplomati e futuri universitari sulla base di dossier scolastici, redatti dagli istituti superiori di provenienza.
I professori che faranno da mentori durante il liceo dovrebbero intuire e capire chi è pronto a una facoltà e chi no, si tratta dunque di una riforma che si sviluppa tramite la retorica dell’orientamento (e della meritocrazia a quanto dice Macron stesso.)
E se a 15 anni prendi la strada sbagliata per motivi banali come un’adolescenza difficile, cosa potrai fare se i tuoi voti giustamente i primi anni di scuola superiore saranno bassi?
L’obbiettivo è quello quindi di stabilire nuove regole di iscrizione negli atenei.
La Francia è uno degli ultimi paesi occidentali a non prevedere numero chiuso o test di ammissione per gran parte degli atenei, anche se si tratta di un’ipocrisia.
In realtà i migliori alunni vanno spesso nelle Grandes Écoles, Normale Sup a Polytechnique con criteri iper-selettivi e destinati a pochi eletti, tra cui buona parte dell’élites del Paese e lo stesso capo dello Stato.
In questo modo la facciata di un’università libera e aperta a tutti continua perché fondamentalmente tutti puntano alle “Grandi scuole” e pochi a quelle pubbliche “normali”, ma in ogni caso il sistema di prima dava possibilità a una formazione “equa” e normalmente accessibile, essendo tutte non a pagamento le scuole pubbliche.
Il sistema universitario è definito dal premier stesso: intasato.
D’altro canto il sistema aperto vede alcune facoltà – come psicologia, medicina, giurisprudenza – talmente sovraffollate che negli ultimi anni hanno dovuto stabilire una lotteria per stabilire chi può entrare e chi no.
Un’assurdità secondo Macron: sulla carta tutti possono ambire a fare studi superiori, ma poi oltre 70 per cento degli studenti abbandona gli studi durante il ciclo triennale.
“L’università non può essere la soluzione per tutti”, ha detto il leader francese che vorrebbe incoraggiare anche altri percorsi, come gli istituti tecnici. (Ma i fondi per potenziarli, ci sono?)
La discussione è aperta e di certo il popolo francese, in particolare modo quello universitario, non si farà piegare facilmente da questa nuova riforma che cambia totalmente l’ideologia francese.
Può però esserci una sana via di mezzo?
Comunicando con gli italo-francesi mi rendo conto di quanto siano spaventati da questa riforma, quello che mi hanno sempre raccontato della Francia era quanto il motto “Liberté, Égalité, Fraternité” fosse vero e applicabile anche nel 2018.
La partita è aperta, i Francesi non si faranno di certo scoraggiare da una lotta, essendo portatori storici di questo valore.