Erasmus, istruzioni per l’uso

La guida che vi serviva al momento giusto, o forse no. Ma lasciate che vi accompagni in Erasmus, prima durante e dopo, attraverso le parole di altri e un po’ di consigli. E se una volta finito di leggere sono cose che sapevate già poco male, avrete una nuova playlist!

Partiamo dal primissimo step: iscrivetevi, sentite quelle farfalle nello stomaco da: “Ma verrò selezionato? Dove mi manderanno? E se non ottengo la mia prima scelta”? Può sembrare un consiglio stupido e forse lo è, ma senza un secco colpo di reni il primo passo non lo farete mai “cause if we don’t leave this town we might never make it out” (The Lumineers, Sleep on the Floor). Il desiderio di partire non deve necessariamente essere legato alla necessità di scappare da qualcosa o qualcuno, ma il mondo è grande, quindi “Buena suerte, buena fortuna a chi sceglie l’alba per andar via, a chi non sa se partire o no mentre il giorno lo aspetta” (Raphael Gualazzi e Malika Ayane, Buena Fortuna). Avete passato le selezioni, avete deciso che materie farete, compilato 571 moduli, preso i biglietti, ora basta solo partire. Calma, “taking this one step at the time (…) one foot in front of the other” (Walk the Moon, One foot). Se potete cercate di arrivare a destinazione leggermente prima dell’inizio delle lezioni per fare un sopralluogo. Le prime settimane saranno così frenetiche che rischierete di perdervi o magari di dover saltare degli eventi perché dovrete far firmare un modulo alla segreteria dell’università. Arrivate prima e, anche se è molto probabile che vi saranno offerti tour guidati, credetemi, una volta cominciata l’università non vi verrà neanche in mente di prendere pomeriggi per visitare musei, e magari rischierete di arrivare a fine semestre senza aver visitato “da turista” la città.

Mi sono dimenticata come si fa amicizia”. Questo è stato uno dei miei primi pensieri arrivata in Erasmus. È finita, resterò da sola tutto il semestre. Niente panico, siete tutti nella stessa barca, persi e disperati. Non partite prevenuti, non escludete a priori categorie di persone, del tipo: “non frequenterò nessun italiano perché voglio imparare la lingua bene”, lasciatevi sorprendere. Anche perché mi dispiace, sarà magnetismo o solo il disperato bisogno di trovare qualcuno che capisca che l’acqua va messa nella pentola PRIMA degli spaghetti, ma per quanto vogliate liberarvi dei vostri conterranei ve li troverete sempre tra i piedi. Un consiglio in più, non passate tutto il tempo con chi viene dalla vostra università, ma sapere che faccia ha la persona che è in mobilità con voi può aiutare immensamente. Ci sarà qualcuno che vorrà passare del tempo con voi, ma tenete in considerazione che i gruppi si formano nei primi giorni, quindi incontrate tanta gente ma ad un certo punto fermatevi o non conoscerete bene nessuno. Quindi circondatevi di persone belle, che studieranno con voi quando gli esami arriveranno (perchè arriveranno), che verranno con voi nelle gite fuoriporta della domenica, che saranno pronti ad ascoltarvi nei momenti di difficoltà e davanti a cui non vi vergognerete a sfoggiare le vostre peggiori mosse di ballo. Insomma, persone con cui non vi dispiacerebbe restare su tutta la notte a chiacchierare; ricordate sempre che: “A bit of madness is key” (La La Land, Audition-the fools who dream).

Interagite con gli indigeni. Lo so, lo so, gli internazionali sono più facili da frequentare, ma anche se la gente locale è difficile da scovare, una volta che riuscirete a entrare nelle loro vite saranno assolutamente indispensabili per migliorare la lingua, scoprire posti particolari dove passare la serata e conoscere la cultura del luogo. Stare con loro ogni tanto vi farà sembrare un alieno come nella canzone di Sting: I’m an alien, I’m a legal alien, I’m an Englishman in New York” (Englishman in New York). Però cercate di cogliere l’opportunità di vedere la città in cui state vivendo attraverso gli occhi di vostri coetanei che lì ci vivono da un po’, è un bel cambio di prospettiva. E vi prenderanno in giro per come parlate, certo, ma rideteci su e per ribaltare la situazione insegnate loro un po’ di italiano (o non fatelo se non volete che urlino con accenti improbabili Lamborghini, “ciao bella, buongiorno”, e tagliatelle fino al momento della vostra partenza).

Non perdete tempo, prima che ve ne accorgiate sarete lì a rifare le valigie (a questo proposito fatevi venire a trovare nell’ultimo periodo da genitori/amici così potrete scaricare loro vestiti e libri per fare spazio a nuovi acquisti e ricordi). Quindi questo consiglio è un banalissimo “carpe diem” ma è necessario, cogliete ogni occasione così che una volta tornati a casa possiate dire “I owned every second that this world could give, I saw so many places, the things that I did Yeah with every broken bone I swear I lived (OneRepublic, I lived). E non siate isole perché l’Erasmus è un’occasione per conoscere tanta gente, ma imparate anche a stare da soli. Ѐ bellissimo prendersi una pausa ogni tanto dal frastuono delle cene internazionali e dalla Babele di lingue per farsi una passeggiata da soli e scoprire gli angoli della propria città adottiva. Buttatevi in attività che continuino il vostro percorso o che vi possano aiutare nel futuro, fuori dalla vostra comfort zone certo, ma magari pensate a qualcosa che possiate continuare una volta a casa (M83, Do it, try it). Viaggiare è bello e fatelo, ma non a discapito dell’università (sembra bacchettone ma i crediti a casa li dovete portare), e certo, siete in Erasmus ma non sentitevi obbligati a fare paracadutismo tutti i giorni e a passare i weekend a Las Vegas. Vivete anche la quotidianità: mi dispiace ma non potete fare tutto, il famoso triangolo sonno – vita sociale – buoni voti (puoi sceglierne solo due) è una realtà, siete umani alla fine (Rag’n’Bone Man, Human).

Reinventatevi, avete la possibilità quasi più unica che rara di essere ciò che volete in un altro paese. È un nuovo inizio, non abbiate paura di mostrare chi siete (Keala Settle, This is me), o chi vorreste essere, d’altronde siete liberi dalle logiche della famiglia, da esperienze passate, dalle aspettative della gente, quindi siate pronti ad accogliere dentro di voi tante storie e a raccontare la vostra, e soprattutto a perdere la voce a forza di chiacchierare (d’altronde poi la lingua si impara così). Spezziamo una lancia però a favore di chi resta, che una volta tornati si dovrà sorbire le vostre crisi isteriche e esistenziali da “non voglio più vivere qui ciao mamma riparto domani” e quindi mantenete i contatti con casa, per lo meno fate sapere che siete vivi ogni tanto!

Per i più creativi, tenete tutto, dal primo scontrino al depliant di quella pinacoteca in cui c’era un dipinto che vi ha rapito coi suoi colori, al biglietto del cinema, al nastro colorato di un regalo inaspettato, e tenete un diario, costringetevi a scriverci tutti i giorni. Una volta a casa stampate le foto e create un album Erasmus pieno di ricordi (è un Art Attack, fatto?). Vi sarà particolarmente utile come momento di chiusura e poi ogni volta che lo riguarderete sarà tutto lì, ad aspettarvi. D’altronde la memoria ha bisogno di un aiutino ogni tanto. “Look at this photograph, Every time I do it makes me laugh (…) I have the photo album spread out on my bedroom floor It’s hard to say it Time to say it Good bye, good bye” (Nickelback, Photograph).

Una volta a casa dopo lo shock iniziale aprite gli occhi e accorgetevi di cosa è cambiato, vi assicuro che vi farà apprezzare di più ciò che avete. Io mi sono accorta solo dopo aver vissuto in una città monocromatica di quanto sia colorata la mia città natale.I will learn to love the skies I’m under” (Mumford and Sons, Hopeless Wanderer).

E come si conclude un articolo così sconclusionato? Non lo so, ma spero che vi lasci dentro un gran desiderio di partire per la prima volta o di ripartire, tanta gratitudine per quanto ricchi vi ha lasciati questa esperienza, quanto vi ha insegnato, dall’imparare ad amarvi al capire che le cene preconfezionate alla lunga stancano, dall’apprezzare il perdersi in un luogo nuovo all’imparare tradizioni di gente da tutto il mondo. Vi auguro di riuscire a mantenere le amicizie strette in Erasmus e di tornare nella città che vi ha accolto, scoprirete edifici ristrutturati, nuove strade da asfaltare e una nuova stagione a teatro. E ora? Ripartite! (Jovanotti, E non hai visto ancora niente).

Sonia Curzel

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