Humboldt Forum: una storia coloniale nel 21esimo secolo

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Un nuovo museo è in costruzione a Berlino e dovrebbe aprire nel 2019, non lontano dall’isola dei musei. L’Humboldt Forum sarà il nuovo edificio che ospiterà il museo etnologico, il museo di arte asiatica così come un museo di Berlino e ciò che è chiamato Humboldt-Labor dell’Università Humboldt di Berlino. La costruzione è ancora in corso, le prime esposizioni sono in allestimento nel museo e i visitatori possono farsi le loro prime impressioni nella Humboldt-Box, un’esibizione temporanea che parla della storia del palazzo e consente una vista panoramica della città ed un’occhiata ai lavori da una terrazza e un ristorante sul tetto.

Nel 18esimo secolo il palazzo della città di Berlino era collocato dove ora c’è l’Humboldt Forum. Era un edificio maestoso in architettura barocca per i re prussiani e più tardi per l’impero tedesco, che fu demolito dal regime della DDR (Repubblica Democratica tedesca) negli anni ‘50 del ‘900, dopo essere stato danneggiato gravemente nella Seconda Guerra mondiale. Al suo posto venne costruito il “palazzo della repubblica”, dove la “Camera del Popolo” (in tedesco Volkskammer) teneva i suoi incontri ed erano installati impianti per il tempo libero. Questo edificio fu demolito tra il 2003 e il 2008 e dal 2013 il palazzo della città è in nuova costruzione.

Ed esattamente questa ricostruzione del palazzo in stile barocco è ciò che infastidisce la maggior parte delle persone, così come la sistemazione del museo etnologico e del museo di arte asiatica all’interno. Entrambi i musei erano ubicati a Dahlem prima della costruzione dell’Humboldt Forum e dovevano essere più vicini all’isola dei musei, che era anch’essa in costruzione, per formare un grande complesso di musei nel cuore di Berlino. Sotto il motto “l’Occidente e la pace” molti criticano la sistemazione di due grandi gruppi culturali dentro un edificio quando le culture europee (o occidentali) e l’arte sono diffuse in molti edifici sull’isola dei musei.

Per di più per molti il posto di per sé è problematico proprio come le implicazioni poste dalla sistemazione del museo etnologico in un edificio del genere. Durante l’inverno del 1884/85 il Reichskanzler Otto Von Bismarck condusse una conferenza nella quale il continente africano fu diviso in sezioni dalle prime potenze coloniali esattamente in questo edificio. Sistemare qui la collezione etnologica e i suoi oggetti, con un troppo spesso discutibile scenario per risiedere in un luogo che ha dato luogo alla brutalità della potenza coloniale tedesca, sembra piuttosto maldestro per molte persone. L’iniziativa “No Humboldt 21!”, per esempio, mette in discussione la legittimità della collezione etnologica nel 21esimo secolo, da quando molte di queste collezioni sono giunte nel mondo occidentale in dubbie circostanze ai tempi delle colonie e molti reperti sono conosciuti per essere rubati all’eredità culturale. Questo è stato discusso ancora e ancora e ci sono rivendicazioni di restituzioni in molte delle prime colonie per gli oggetti rubati e le ossa che sono state collezionate dai colonialisti per le loro ricerche, ma raramente queste richieste sono state ascoltate e ancora meno sono continuate, a dispetto del fatto che nessuno può essere perseguitato per qualcosa fatto dalle potenze coloniali. Comunque niente si oppone alla completa riconsiderazione del passato e le questioni da dibattere nate da questo. Naturalmente attraverso il colonialismo questi oggetti sono diventati parte della storia della cultura europea oggi e ovviamente i musei non vogliono dissolversi dando via tutti i loro reperti. Tuttavia il dialogo tra i paesi formalmente colonizzati e quelli colonizzatori deve essere richiesto e possibili soluzioni necessitano di essere discusse. Ci sono richieste di risarcimento per un trono dal primo re di Benin (oggi città di Benin nel sud della Nigeria), che fino ad oggi è stato riconosciuto solo attraverso una copia che era stata fatta per la famiglia reale nella città di Benin, che naturalmente hanno dovuto pagare da loro. In questi casi, in cui il legittimo proprietario degli oggetti rubati può essere rintracciato e può chiedere la restituzione, dovrebbe essere chiaro che questi hanno bisogno di essere controllati. Sfortunatamente queste restituzioni raramente avvengono e la discussione che ruota intorno a ciò sembra essere evitata a tutti i costi; questo è esattamente ciò che andrebbe cambiato. Soprattutto perché si può sicuramente discutere se i capi di stato della Namibia o della Tanzania apprezzeranno molto quando sarà permesso loro di ammirare la loro eredità culturale nei musei tedeschi nei viaggi nelle loro precedenti colonie governanti.

L’Humboldt Forum chiama sé stesso un posto per il cosmopolitismo, un armadio di meraviglie nella quale possiamo imparare riguardo la nostra cultura e le altre, dove si terranno le presentazioni e le ricerche saranno il punto focale. L’idea di un posto per uno scambio interculturale è ovviamente una buona idea. Si deve desiderare che la storia coloniale d’Europa – e questo include la Germania – venga rivista e un posto come l’Humboldt Forum sarebbe perfetto per discutere la storia contemporanea e coloniale, escludendo la costruzione dell’edificio come portatore di connotazioni negative, soprattutto perché giustificarsi per il passato e aprire discussioni su oggetti con un discutibile scenario non sembra essere parte del concetto. Il fatto è che l’Altes Museum direttamente di fronte, a forma di tempio greco, sembra essere molto più allettante architettonicamente per un tale compito, mentre le elitarie facciate dell’Humboldt Forum sono solo parte della critica. Per ora non molto può essere cambiato riguardo ciò, ma sarà carino vedere le persone responsabili del Forum aprirsi al dibattito riguardo il futuro degli oggetti. Questo è perché l’Humboldt Forum serve come esempio per una lunga e tardiva discussione riguardo cosa rimane dei tempi delle colonie, che dovrebbero importare all’intera civiltà occidentale e a cui nessuno può voltare le spalle.

Lea Hüntemann
Traduzione di Martina Moscogiuri


Bibliografia:

 

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