C’è una storia sinistra ed apparentemente assurda, nata il secolo scorso nelle giungle indocinese. Una storia equiparabile alla follia che generò l’Olocausto, ma che non sempre trova il giusto spazio e il giusto peso nei libri e nei discorsi di storia.
La storia in questione è quella della Cambogia sotto il regime degli Khmer Rossi, guidati da Saloth Sar – o, come passò più notoriamente alla storia – Pol Pot. Per cercare di comprendere le origini di quello che verrà ricordato come il genocidio cambogiano è utile tracciare una traiettoria di evoluzione della Cambogia ed approfondire le dinamiche relative ad una delle zone più calde dello scacchiere mondiale nella seconda parte del XX secolo.
Gli Khmer, etnia storica e principale del paese, di origine tibetana, costituirono un vasto impero tra i secoli XII – XV. La loro area di influenza era estesa su gran parte del Laos e della Birmania, fino all’area del Delta del Mekong. La posizione geografica e il controllo di aree strategiche del sud-est asiatico rese la Cambogia dell’impero Khmer un importante crocevia di culture e religioni. Il carattere multietnico e multiculturale rimarrà una costante nel paese per via della sostanziosa presenza di minoranze vietnamite e tribali, oltre agli autoctoni cambogiani. Il glorioso passato dell’impero viene associato all’immagine di Angkor, la vecchia capitale: una città ricca e fiorente, pregna d’arte e culture, che dopo la decadenza dell’impero khmer (sul finire del ‘400, per via prima di una colonizzazione da parte dell’impero del Siam, poi per pressioni vietnamite in espansione verso sud) viene gradualmente abbandonata e inghiottita dalla giungla.
La Cambogia risente solo marginalmente della guerra di Indocina (1946-1953), il cui teatro principale rimane il territorio del Vietnam. Ospita alcune cellule del Viet Minh, l’organizzazione politico-militare fondata da Ho Chi Minh nel 1941 per rivendicare l’indipendenza del Vietnam dall’occupazione francese, ma i tentativi di liberazione nazionale cambogiana non ottengono risultati particolarmente rilevanti. Questo è in parte dovuto al fatto che all’interno delle organizzazioni comuniste cambogiane vi è una prevalenza di membri vietnamiti, fatto che costituisce motivo di umiliazione culturale e nazionale da parte dei cambogiani. Già negli anni ’20-’30 del XX secolo, i comunisti e nazionalisti cambogiani operavano per ottenere una duplice indipendenza: da un lato, quella dagli oppressori francesi; dall’altro, quella dalla componente vietnamita, che da sempre aveva costituito una presenza malvista nel paese.
Negli anni ’40 e ’50, alcuni giovani cambogiani riescono ad emigrare in Francia. Qui, nelle università, si vengono a formare nuclei di studenti cambogiani che entrano in contatto con le ideologie del marxismo, sviluppando una maggiore consapevolezza politica.
La visione che sviluppano è inquadrabile in un marxismo dalla spiccata componente nazionalista; la caratteristica peculiare di questa declinazione è che, a differenza del nazionalismo vietnamita, essa non ha una particolare tradizione storica, radicata in organizzazioni di massa, ma si nutre piuttosto di un processo di mitizzazione del passato, recuperando il mito di Angkor in modo strumentale. Per questi intellettuali infatti l’epoca d’oro dell’impero khmer costituisce una sorta di “utopia comunista” realizzata nel passato, che è necessario recuperare. Seguendo questa linea di pensiero, la concezione viene via via ulteriormente estremizzata identificando l’etnia khmer come l’unica in grado di reinstaurare i fasti del passato e guidare il paese verso una nuova età della prosperità. In questa sede è impossibile non notare i collegamenti con l’ideologia del Blut und Boden, caposaldo della propaganda nazista che ebbe tanta fortuna e presa nel consolidare l’approccio razziale del regime durante la sua ascesa e consolidamento.
Negli anni ’50, questi intellettuali fondano un gruppo clandestino. All’inizio degli anni ’60 alcuni di questi si ritirano nelle campagne, dove creano ulteriori nuclei predicanti l’importanza dell’autonomia dei villaggi rispetto alle città, l’emblema della corruzione derivante dalla multietnicità e multiculturalità, viste come deviazioni del più puro spirito khmer. Il gruppo dirigente delll’organizzazione comunista clandestina annoverava già importanti esponenti, tra i quali Saloth Sar, il futuro Pol Pot.
Nel corso degli anni ’60, con il sempre maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti in Vietnam e la relativa repressione degli ambienti di sinistra, gli intellettuali legati al potere sono costretti a fuggire e riparare in Vietnam o in Cina, ora in piena rivoluzione maoista, raggiungendo le cellule clandestine nelle giungle. In questo periodo il paese è governato dal generale Lon Nol, esponente di spicco della destra filoamericana, che sul finire del ’69 orchestra un colpo di stato con lo scopo di eliminare dalla scena politica cambogiana il principe Sihanouk, che aveva avuto il merito di portare una apparente stabilità nel secondo dopoguerra.
Sihanouk, che aveva cercato di respingere l’opposizione comunista degli khmer rossi negli anni del suo governo, decise in seguito di collaborare con loro nell’obiettivo comune di contrastare l’imperialismo americano e il governo fantoccio di Lon Nol.
L’estensione del conflitto e l’ascesa degli Khmer Rossi
Il 1970 segna un punto di svolta nelle vicende della penisola indocinese: il presidente Nixon ordina un’estensione del conflitto al Laos e alla Cambogia. Gli americani si limitano ad appoggiare il regime di Lon Nol tramite un’intensificazione dei bombardamenti sul paese, che mieteranno tra le 200.000 e le 500.000 vittime tra i civili cambogiani. Nel frattempo, i vietnamiti stringono il controllo sulle aree cambogiane nell’area del sentiero di Ho Chi Minh, un lungo percorso nelle giungle più fitte della penisola indocinese che, attraversando Laos, Cambogia e Vietnam, costituiva il principale corridoio per il dispiegamento di truppe per la resistenza vietnamita.
Questa duplice stretta spinge i contadini cambogiani ad avvicinarsi al movimento degli khmer rossi, che in questo periodo cominciano un’opera di propaganda dal forte carattere etnico/razziale, predicando la necessità di epurare la società dalle “scorie”, per poter reinstaurare un nuovo impero guidato dagli khmer. Influenzato dalla rivoluzione culturale maoista, il movimento pone l’enfasi sull’importanza dell’educazione dei giovani, considerati come esseri più “puri” e conseguentemente più facili da indirizzare secondo i precetti.
Data la condizione di più generale arretratezza, anche infrastrutturale, questi nuclei clandestini mantengono ancora un carattere disomogeneo e meno organizzato rispetto al Viet Minh o al Fronte di Liberazione Nazionale; come retaggio della clandestinità, i dirigenti sono identificati con un numero.
I Killing Fields
In concomitanza con la caduta di Saigon, che decreta l’inizio della fine del conflitto in Vietnam, gli americani abbandonano gradualmente anche la Cambogia. Il regime di Lon Nol, senza il supporto americano, crolla in poco tempo. Gli khmer rossi entrano a Phnom Penh, celebrati dagli abitanti e dai soldati cambogiani, che però non vengono corrisposti: su ordine dell’organizzazione infatti, i militanti khmer rossi non instaurano nessun contatto con gli abitanti della città in quanto corrotti e impuri. Nelle prime ventiquattro ore dalla liberazione, all’intera popolazione viene ordinato di abbandonare la città a piedi, per raggiungere i villaggi nelle campagne con lo scopo di iniziare un processo di epurazione e rieducazione. L’enfasi posta sull’importanza delle zone rurali e sulla figura dei contadini garantisce un mutuo supporto da parte di questi, che vengono addirittura incaricati della rieducazione dei soggetti impuri.
Le aggressioni contro le minoranze cinesi e vietnamite si fanno sempre più frequenti, e le deportazioni verso campi di lavoro forzato sono sempre più sistematiche sotto il regime del sanguinario Pol Pot, denominato “Repubblica della Kampuchea Democratica”.
La macabra realtà della Repubblica costituisce un fenomeno storico di assurda peculiarità: durante gli anni del regime, le grandi città sono ridotte a enormi insediamenti fantasma abitatei solo da militari o funzionari, mentre il resto della popolazione conduce massacri ed epurazioni di massa, fino a toccare gruppi tribali presenti tra gli stessi cambogiani. Le purghe delle minoranze vietnamite generano tensioni sempre crescenti tra la Kampuchea Democratica e il nuovo Vietnam, riunificato sotto il nome di Repubblica Socialista del Vietnam, culminando nell’invasione vietnamita della Cambogia del 1978. L’offensiva disperde gli khmer rossi verso la Thailandia dopo una breve resistenza.
Nel contesto delle fasi finali della Guerra Fredda, l’occupazione vietnamita della Cambogia – inizialmente ostacolata dai cinesi, ritiratisi dopo una cocente sconfitta militare dagli ormai esperti guerriglieri vietnamiti, forti di una resistenza plurisecolare – viene finanziata anche dall’Unione Sovietica; per contro, gli khmer rossi esuli in Thailandia vengono sovvenzionati da Stati Uniti (presidenza Reagan) e Regno Unito (sotto la Thatcher) con lo scopo di contenere una possibile e pericolsa avanzata vietnamita nella penisola.
Dopo la ritirata vietnamita del 1989, Pol Pot continuò a combattere con il governo di coalizione instaurato nel paese. Dopo aver fatto giustiziare il suo storico braccio destro per avere cercato di raggiungere un accordo con il governo, Pol Pot fu arrestato e condannato agli arresti domiciliari. Dopo aver appreso la notizia che gli khmer rossi avevano accettato di consegnarlo ad un tribunale internazionale, Pol Pot si tolse la vita per sottrarsi al suo destino. La moglie dichiarò che la morte dell’ex dittatore sopraggiunse per un attacco cardiaco, ma recenti inchieste attribuirebbero la sua morte ad un avvelenamento autoinflitto.
L’Olocausto pianificato e messo in atto dal Terzo Reich è ancora oggi l’esempio più emblematico di come una nazione possa essere inquadrata e manovrata secondo principi folli e deliranti per perpetrare massacri su scale paurosamente vaste, cavalcando il malcontento generale tramite una propaganda orchestrata ad hoc.
Il caso della Cambogia di Pol Pot è, se possibile, ancora più contorto e malato. Parte del suo carattere di sinistro interesse risiede anche nel fatto che si è verificato cronologicamente dopo la conclusione dell’orrore nazista; sembra quasi confermare l’ironica ipocrisia e leggerezza del proposito di studiare la storia per non dover più ripetere gli errori del passato.
E il carattere più oscuro e sinistro è costituito dal fatto che, a quasi trent’anni dalla fine del nazismo, dall’altra parte del mondo, qualcosa di pericolosamente simile e deviato sia potuto nascere in assenza di contatti apparenti. Germogliato in un contesto e in un terreno diverso, il seme del regime del terrore di Pol Pot ha operato in parte sul sentiero tracciato dal più grande orrore del novecento, seguendone idealmente le impronte per poi svilupparsi in una forma tecnologicamente meno d’impatto, ma profondamente disturbante per il suo approccio violento e primitivo per l’eliminazione fisica e sistematica di oppositori e minoranze nella ricerca di una perfezione della razza da cui far partire una rinascita mitica.
Bibliografia:
- https://gsp.yale.edu/
- https://www.independent.co.uk/news/pol-pot-suicide-to-avoid-us-trial-1075283.html
- Francesco Montessoro – Vietnam, un secolo di storia
- Marylin Young – The Vietnam Wars
- https://www.newstatesman.com/politics/politics/2014/04/how-thatcher-gave-pol-pot-hand