Il 23 Giugno 2016 la popolazione del Regno Unito veniva chiamata alle urne da un referendum volto a decidere il futuro del Paese all’interno dell’Unione Europea. La scelta, al tempo, era apparsa relativamente semplice: Remain o Leave. Prendere o lasciare, dentro o fuori. Un giudizio limpido e definitivo sull’UE e un pensiero al futuro dell’isola di Sua Maestà.
David Cameron che evidentemente non parla della Brexit www.inews.co.uk
Le fazioni politiche, a seconda dei differenti interessi, si diedero battaglia attraverso e con la complicità dei mass media, provando a chiarire il significato della decisione. Il Premier David Cameron, dopo aver per necessità politiche e pressioni interne al suo partito dei Conservatives concesso il referendum, si schierò nel fronte Remain, sostenendo l’idea di dialogo con Bruxelles e un approccio più diplomatico verso le politiche comunitarie. Il crescente consenso del partito populista UKIP (United Kingdom Independence Party) guidato dalla figura di Nigel Farage, sull’onda del nazionalismo, si è fatto promotore della campagna per il Leave e trovando un appoggio anche da diverse altre fazioni politiche.
“Analogie”, 13 aprile 2015. “Immigants! I knew it was them! Even when it was the bears, I knew it was them.” [Moe Szyslak, the Simpsons] www.kentonline.co.uk
Il 23 giugno 2016, all’indomani del voto, le percentuali sentenziarono un risultato di 52% contro 48% in favore del Leave. Il Premier Cameron rassegna le dimissioni, permettendo l’entrata in gioco del nuovo leader conservatore, Theresa May, che guiderà il Paese verso questa transizione indipendentista portando avanti gli interessi del popolo britannico.
“La messa in pratica della volontà dei cittadini britannici non sarà immediata, occorrono infatti circa 2 anni per negoziare il nuovo status come prevede l’articolo 50 del Trattato Ue. Theresa May con un emendamento alla Withdrawal Bill (o Repeal Bill), la legge quadro sul divorzio dall’Ue ha poi fissato la data dell’uscita per venerdì 29 marzo 2019, alle ore 23.” (Il Sole24ore)
Theresa May mentre ci mostra quanto la politica sia una cosa bellissima www.theneweuropean.co.uk https://edition.cnn.com/2016/07/11/europe/britain-politics-may-leadsom/index.html
Il problema è adesso capire come gestire i rapporti di commercio che si verranno a creare da qui in poi. Da mesi una commissione speciale della Gran Bretagna è in trattative con Bruxelles per stabilire le condizioni di questa uscita. Il Regno Unito e l’Unione Europea metteranno dei dazi quando il primo uscirà dal mercato unico? I cittadini europei residenti oltre manica potranno continuare a lavorare nella Gran Bretagna o dovranno fare ritorno nell’Unione?
Un grande problema è rappresentato dalla divisione dell’Irlanda, tra Irlanda come membro del mercato unico e l’Irlanda del Nord, parte formale del Regno Unito. Come si potranno gestire i rapporti al confine tra Nord e Sud?
In tutto ciò, il governo di Theresa May sta accusando tutti i colpi delle difficoltà di una tale negoziazione. Il segretario delle negoziazioni David Davis ha dato le dimissioni, assieme al ministro degli esteri Boris Johnson, il quale verosimilmente concorrerà contro Theresa May alle prossime elezioni per il partito Conservatore, accusandola di non procedere nelle negoziazioni portando avanti gli interessi della popolazione.
Alcuni pensieri sulla figura del papabile nuovo candidato del partito di maggioranza nel Regno Unito. http://jokohok.info/navi/l/boris-johnson-wikipedia-Quotes/
Per adesso sarebbe inutile mettersi a capire tutte le possibili sfumature che la Brexit stessa potrebbe portare al Paese. Chiariamo solamente che non si sa ancora che succederà ai cittadini Europei, cosa succederà al mercato unico, cosa succederà all’Irlanda, Nord e Sud, e se Boris Johnson sarà il nuovo Trump Britannico, e se la sinistra inglese farà effettivamente qualcosa per tentare di fermare un possibile scenario disastroso all’indomani del 29 marzo.
God Save the Queen.
Bibliografia: