Mentre ascolto i Black Rebel Motorcycle Club all’una di notte di una domenica qualsiasi annuncio al mondo che l’arte è morta.
Questo non significa che non esistano più veri artisti, ma che il loro genio viene costantemente stuprato e commercializzato dai finti artisti. I social network distruggono il vero rapporto tra arte e artista, il quale non cerca di creare qualcosa di originale ma vive come un parassita del talento e della dedizione di chi invece non sminuisce l’arte ma rimane fedele a se stesso.
Per esempio Instagram è una piattaforma creata per condividere fotografie amatoriali e non, ma ha creato dei mostri che si atteggiano a intenditori d’arte o ad artisti, ma che in realtà sono solo emulatori, per la maggior parte, egocentrici, arroganti, senza talento e irrispettosi dei lavori altrui, che copiano spacciandoli per propri, rendendo il tutto un calderone di mediocrità che gira intorno, alla fin fine, alla mera fama digitale e ai like. Una volta ottenuta la visibilità si atteggiano totalmente ad artisti veri uccidendo l’arte contemporanea.
Banksy l’8 ottobre fa in modo che la sua opera intitolata “La ragazza con il palloncino” si autodistrugga, proprio al termine dell’asta che l’aveva venduta a più di un milione di sterline.
È risaputo che Banksy odi e disprezzi la disposizione contemporanea dell’arte e dei suoi profitti, la sua arte si basa sul capovolgimento del concetto che l’arte debba avere un valore monetario. E quale modo migliore di mostrare questa viva e forte convinzione se non distruggendo una sua opera venduta tramite un macchinario che si è azionato al tempo giusto come un trita rifiuti?
Perfetto per lo stile stesso dell’artista, mandare un forte messaggio al mondo artistico di oggi e a chi ci lucra sopra. Forte il gesto ma altrettanto significative sono state le conseguenze.
Qualcuno meglio di me, che ho una cultura relativamente ridotta dell’arte (nota dello scrittore del suddetto articolo: non sono una capra in questo campo, semplicemente non mi avvalgo di capacità o conoscenze approfondite che non dispongo) dirà che questo gesto rimarrà nella storia dell’arte, che sarà uno schiaffo diretto a vecchi sistemi obsoleti e decadenti che devono essere distrutti e sostituti. Ma il problema di tali ondate di “Genio” artistico è che vengono puntualmente snaturate dai comuni mortali, dagli pseudo artisti, che sopravvivono esclusivamente grazie alle capacità altrui.
Mi spiego meglio: dopo l’otto ottobre, mentre sui social network impazzava il gesto clamoroso del famoso “artista inglese, considerato uno dei maggiori esponenti della street art, la cui vera identità rimane ancora sconosciuta” citando Wikipedia, su instagram, facebook, twitter ecc… sono scoppiati esempi di emulazione della distruzione del suddetto lavoro di Banksy. Tutti questi mediocri illustratori o pittori hanno cominciato ad emulare il gesto: raffigurazioni della Gioconda mentre viene distrutta, tempera matite con il disegno della bambina con il palloncino, oggetti artigianali raffiguranti il gesto dell’anonimo artista. Ma peggio di questo, peggio di chi non ha fantasia o creatività nel creare qualcosa di proprio, di personale, ma vive copiando chi fa la storia, peggio di loro c’è chi approfitta di queste occasioni per lucrarci sopra.
Sabato, MyArtBroker twittava: “Diversi proprietari delle stampe di #Banksy ci hanno contattato per chiedere se danneggiando l’opera d’arte in loro possesso questa avrebbe acquistato valore. Per favore, per favore NON FATELO. Gli eventi delle ultime 24 ore sono un unicum nella storia dell’arte. #GirlWithBalloon.”
Ormai i compratori d’arte acquistano opere non per ciò che trasmettono ma per il guadagno futuro che possono ottenere, rendendo l’arte un triste business.
Infatti non si è più attivi per l’amore della creatività, per rendere questo mondo meno grigio, ma semplicemente per la voglia egoista e superficiale di fare sempre più soldi, arrivando a sputare sul credo dell’artista in questione, arrivando a macchiare la sua ideologia e rovinando ciò in cui crede, anche se – ipoteticamente ignari di questi meccanismi – potrebbero sembrare gesti di apprezzamento.