Don Chisciotte contro gli immigrati: il Decreto Sicurezza

Il 3 dicembre 2018 la Gazzetta Ufficiale vede l’apparizione di un testo che probabilmente segnerà un punto tremendamente importante della storia italiana. Si scrive “decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (in Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 231 del 4 ottobre 2018), coordinato con la legge di conversione 1º dicembre 2018, n. 132”, si legge “Decreto sicurezza” e si traduce in una norma pericolosa per l’integrità costituzionale e umanitaria del nostro Paese.

Il provvedimento si occupa di tre aree specifiche: protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Il testo è lungo e a tratti moralmente complicato da sostenere, in più non ho l’autorità e le competenze necessarie per una trattazione approfondita di ogni disposizione. Perciò, in questo articolo mi occuperò di elencare le principali modifiche derivanti dal Titolo I riguardante l’immigrazione, nel prossimo parlerò degli altri tre.

 

Protezione internazionale e immigrazione

Il Titolo I – disposizioni in materia di rilascio di speciali permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere umanitario nonché in materia di protezione internazionale e di immigrazione – agisce direttamente e profondamente sul decreto legislativo del 25 luglio 1998 (n.286).

Già dall’articolo 1 si intuiscono le intenzioni del Decreto, che dispone l’abrogazione della protezione per motivi umanitari. Verrà sostituita da dei permessi speciali temporanei per casi come chi proviene da paesi in situazioni di “contingente ed eccezionale calamità”, motivazioni di carattere sanitario, vittime di violenze e grave sfruttamento lavorativo. Secondo il presidente dell’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) se prima il problema era garantire l’effettivo rispetto di tale diritto, ora siamo passati al suo annullamento. Gli effetti devastanti di questa decisione sono molteplici, questa simulazione di un ricercatore dell’ISPI, Matteo Villa, mostra la totale irrazionalità giuridica (e, in un certo senso, anche economica) del provvedimento.

 

Cattura

 

Negli articoli successivi vengono disposte una serie di modifiche riguardo la gestione “fisica” dei migranti presenti sul territorio italiano. L’articolo 2 si concentra sul “Prolungamento della durata massima del trattenimento dello straniero nei Centri di permanenza per il rimpatrio e disposizioni per la realizzazione dei medesimi Centri”, mentre l’articolo 3 aggiunge disposizioni circa il “trattenimento per la determinazione o la verifica dell’identità e della cittadinanza dei richiedenti asilo”. La durata massima di trattenimento nei Cpr passa così da 90 a 180 giorni. Inoltre, i richiedenti asilo potranno essere trattenuti negli hotspot per un periodo massimo di 30 giorni per verificare identità e cittadinanza. Nell’attesa della verifica dell’identità il richiedente potrà essere trattenuto nei Cpr, anche fino a 210 giorni.

L’articolo 4 prevede che gli irregolari possano essere trattenuti anche negli uffici di frontiera, qualora non ci sia disponibilità nei Cpr, su autorizzazione del giudice di pace. È interessante notare come, nella versione originaria del decreto, non fosse presente questo periodo: “Le strutture ed i locali di cui ai periodi precedenti garantiscono condizioni di trattenimento che assicurino il rispetto della dignità della persona.

L’articolo 6 dispone: “al fine di potenziare le misure di rimpatrio, il Fondo di cui all’articolo 14 -bis, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è incrementato di 500.000 euro per il 2018, di 1.500.000 euro per il 2019 e di 1.500.000 euro per il 2020.

Curioso il fatto che Salvini, a inizio settembre, avesse dichiarato: “Entro autunno stiamo lavorando per fare gli accordi di espulsione e rimpatrio volontario assistito con tutti i Paesi. Per ora l’unico che funziona è con la Tunisia, ne rimpatriamo 80 a settimana ma anche se ne espelliamo 100 ci mettiamo 80 anni”. Eppure, la misura attuata col sopracitato articolo 6 aggiunge ben poco alla legge n.205 del 2017 che va a modificare. Da quando è stato approvato (e attenzione, perché giuridicamente siamo ancora in periodo di vacatio legis) già diverse persone sono state espulse da centri di accoglienza e affini. Se non tutti possono essere rimpatriati e nemmeno lasciati per strada quale sarà il prossimo passo? L’eliminazione fisica?

Il Capo II si occupa di “Disposizioni in materia di protezione internazionale”. Gli articoli di questa sezione espandono ulteriormente i reati per cui può avvenire il diniego della protezione internazionale (art. 7). Ciò avviene nei casi in cui il rifugiato sia condannato in via definitiva per reati di: minaccia o violenza a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e gravissime, pratiche di mutilazione dei genitali femminili, furto aggravato, furto in abitazione e furto con strappo.
Il 7-bis predispone l’adozione di una lista di “Paesi di origine sicuri”, redatta sulla base di informazioni fornite “dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo […] nonché su altre fonti di informazione, comprese in particolare quelle fornite da altri Stati membri dell’Unione europea, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.”  La lista viene redatta dal Ministero degli Esteri, insieme a Interno e Giustizia, mentre il richiedente dovrà dimostrare di necessitare l’asilo per comprovati motivi.

Inoltre, viene inserita la possibilità che la domanda venga sospesa nei casi in cui il richiedente abbia procedimenti penali in corso e il successivo diniego dell’asilo in seguito a una condanna definitiva (art. 8).

Nell’articolo 10 viene istituito un “procedimento immediato innanzi alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.” Ovvero, chi è soggetto a un procedimento penale (per i motivi elencati) o è stato condannato, anche se non in maniera definitiva, viene sottoposto a questa procedura immediata. Un eventuale ricorso non avrebbe efficacia sospensiva, cioè il richiedente sarebbe immediatamente espulso.

Un’altra grave modifica viene dall’articolo 12, che ridefinisce il funzionamento dello Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Il sistema di accoglienza ordinario, gestito dai comuni italiani, sarà quindi limitato ai soli titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati. La disposizione non ha valore retroattivo, perciò sarà valida solo a partire dalla promulgazione del decreto. Gli altri richiedenti asilo verranno divisi tra Cas (Centri d’accoglienza straordinaria) e Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo)

Gli articoli 12-bis e 12-ter disciplinano il “monitoraggio dei flussi migratori” – entro un anno dall’entrata in vigore e “al fine della progressiva chiusura delle strutture” – e “Obblighi di trasparenza per le cooperative sociali che svolgono attività in favore di stranieri.

L’articolo 13 dispone che i richiedenti asilo non possano iscriversi all’anagrafe, perciò non possono accedere alla residenza.

Il Capo III si occupa di “Disposizioni in materia di cittadinanza”. Questa sezione aumenta i già presenti dubbi di costituzionalità, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di revoca unilaterale della cittadinanza, a chi l’ha acquisita, nel caso di reati connessi al terrorismo, tramite decreto del presidente della Repubblica e su proposta del ministro dell’Interno. L’articolo 14, inoltre, dispone l’estensione da 24 a 48 mesi il termine per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza per matrimonio e residenza, l’innalzamento del contributo per la cittadinanza da 200 a 250 euro e fissa il termine di sei mesi per il rilascio degli estratti e dei certificati di stato civile.

La legge è arrivata allo stadio conclusivo del suo iter, iniziato con l’approvazione in Consiglio dei Ministri il 24 settembre e culminato nel voto del 27 novembre alla Camera dei Deputati. La sua approvazione definitiva ci pone davanti a delle questioni non solo tecnico-giuridiche, ma politiche, storiche e soprattutto etiche. Intanto, delle persone reali stanno già subendo gli effetti di un provvedimento che è esplicitamente discriminatorio – se non razzista –, probabilmente anticostituzionale e gestito come un vero e proprio atto di forza dell’esecutivo sul Parlamento.

Claudio Antonio De Angelis


SITOGRAFIA

Testo del decreto:
http://www.giurisprudenzapenale.com/2018/12/04/decreto-sicurezza-pubblicata-in-gazzetta-ufficiale-la-legge-di-conversione-in-vigore-al-4-dicembre-2018/

Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286:  http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/98286dl.htm

Legge 27 dicembre 2017, n. 205:  http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/12/29/17G00222/sg

Costituzione della Repubblica italiana: https://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Costituzione_della_Repubblica_italiana.pdf

 

Cosa prevede il decreto

Effetti del decreto

Dubbi di costituzionalità

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2 pensieri su “Don Chisciotte contro gli immigrati: il Decreto Sicurezza

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