L’interpretazione spiegata ai miei nonni

Spesso, in compagnia dei parenti, come tutti sappiamo si finisce inevitabilmente a parlare di che tipo di studi facciamo. Quando i miei nonni hanno saputo che studiavo interpretazione, hanno sbottato, all’unisono “E che è?”. Bella domanda. Lo stesso quesito, fortunatamente, se lo sono posto molti studiosi prima di noi : se infatti esistono molteplici teorie sulla traduzione scritta – le prime delle quali risalgono addirittura all’umanesimo – nessuno prima del secolo scorso si era preoccupato di ben definire cosa fosse l’interpretazione. La differenza sostanziale rispetto alla traduzione scritta, com’è intuibile per tutti, esperti e non, è il canale: l’interpretazione, essendo un fenomeno orale, ha un carattere transitorio, inafferrabile ed effimero e per questo spesso è lasciata in secondo piano. Del resto verba volant, scripta manent. In realtà, entrambe le attività sono complesse e richiedono non solo la perfetta conoscenza delle due lingue e delle due culture in questione, ma anche una serie di processi cognitivi non indifferente.

Riguardo all’etimologia della parola, notiamo che inter-pretium ci suggerisce l’idea pervenire, grazie all’intermediazione di un sensale, ad un accordo sul valore di scambio delle merci oggetto di transazione. L’interpretazione è quindi un fenomeno che ha origini antichissime e che serviva soprattutto a siglare accordi commerciali, come del resto avviene ancora oggi.

L’ambiguità terminologica di questa forma di traduzione orale, che a tutt’oggi va sotto un ampio ventaglio di nomi (dialogue interpreting, community interpreting, interpretazione di liaison), rispecchia le molteplici sfumature di un fenomeno complesso e in rapida evoluzione, che si verifica quando due persone che vorrebbero parlarsi ma non possiedono una lingua comune devono ricorrere all’aiuto di un terzo, che mette le sue conoscenze al loro servizio per superare la barriera linguistica: ecco perché possiamo parlare anche di comunicazione linguistica mediata.

Dall’interprete – e in particolare da quello di conferenza – a differenza del traduttore letterario, al quale è concesso un margine d’azione più o meno ampio, è richiesta la massima fedeltà, completezza e accuratezza, la garanzia quindi di ripetere con esattezza quanto detto dagli interlocutori, senza pertanto aggiungere né togliere nulla. Ne consegue la sua invisibilità all’interno della situazione comunicativa. Gli interlocutori devono potersi fidare dell’interprete, al quale è affidato il loro destino: spesso infatti, specie in ambito giuridico o geopolitico, sono in ballo decisioni che possono cambiare le vite delle persone, in meglio ma soprattutto in peggio.

Ma torniamo a ciò che concretamente avviene nel processo interpretativo: esso si compone sostanzialmente delle fasi di ascolto in LP (lingua di partenza), decodifica, ricodifica e produzione in LA (lingua di arrivo). A differenza della traduzione non si dispone di un testo scritto da leggere, analizzare, rileggere e soppesare. Inoltre, la velocità non è determinata da chi deve interpretare, bensì da chi sta parlando e parallelamente il testo prodotto e interpretato dovrà adattarsi al ritmo del testo di partenza. Fondamentale in questo processo è non solo la memoria a lungo termine (MLT), che ci consente di attingere alle nostre conoscenze enciclopediche ed extralinguistiche, ma anche e direi soprattutto la memoria a breve termine (MBT), dove vengono immagazzinate le informazioni in attesa di essere rielaborate e trasmesse nell’altra lingua. Ed è sempre merito della memoria la  presa di coscienza che consente all’interprete di assimilare e stabilire dei modelli dell’informazione, creando un meccanismo di aspettativa ogni volta che si ascolta una parola o una struttura specifica. L’interprete sviluppa una capacità di anticipazione del senso e inferisce gran parte dell’informazione che deve ancora arrivare. Ecco come si spiega la sua capacità, nel contesto di un’interpretazione simultanea, di iniziare a tradurre nella lingua d’arrivo non appena l’oratore nella lingua di partenza comincia a pronunciare le prime parole!

Allo studente che si approccia a questa professione viene quindi richiesta la creazione e l’attivazione di schemi mentali linguistici ed extralinguistici per crearsi delle aspettative su quanto verrà detto e saperlo riprodurre fluentemente nell’altra lingua. Ma per i miei nonni, l’interprete resterà “Quello che sta in mezzo a tutti e parla tutte le lingue”.

Eleonora Valente


Bibliografia:

  • Interpretazione simultanea e consecutiva, C. Falbo, M. Russo, F.S. Straniero, Hoepli
  • Interpretazione di trattativa, M.Russo, G. Mack, Hoepli
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