La questione ambientale è una priorità

È un ritornello che viene cantato spesso, sempre più spesso e da sempre più gente, tranne da quella a cui il ritornello è rivolto. Ancora una volta ci saranno manifestazioni in piazza per chiedere ai rappresentanti politici di tutto il mondo di dare una risposta concreta ai problemi ambientali del pianeta.

Il dibattito va avanti da decenni, con gli scienziati in prima fila a dare l’allarme: stiamo inquinando troppo, e il pianeta si sta surriscaldando molto rapidamente. I dati sono inconfutabili, la comunità scientifica concorda quasi all’unanimità (98%) sul fatto che l’attività umana sia responsabile dei cambiamenti climatici che stanno colpendo tutti i luoghi della Terra, alcuni in modo più violento e diretto, altri meno. Ma così come l’azione umana può influenzare il clima, allo stesso modo, adottando una politica ecosostenibile, possiamo riportare le lancette indietro e scongiurare un’apocalisse ecologica, che si avvicina giorno dopo giorno.
Sono molti i metodi con i quali potremmo inquinare di meno, a partire dalla produzione della nostra energia elettrica: il nostro Sole irradia sulla Terra la stessa quantità di energia che, potendola imbrigliare e convertire, potrebbe sostenere il fabbisogno energetico dell’intero pianeta per un anno in soli 88 minuti. Ciononostante, l’energia solare è ancora una piccola frazione del totale di energia prodotta, la maggior parte della quale proviene dagli inquinanti combustibili fossili come carbone e petrolio. Sebbene la produzione di energia da fonti rinnovabili sia in aumento, tale aumento non è sufficiente sia per una mancanza di investimenti sufficienti per completare rapidamente la transizione energetica e arrivare quindi a produrre in modo ecosostenibile, sia per l’opposizione esercitata dai grandi colossi dell’industria petrolifera. Non è un caso che negli Stati Uniti (il paese maggiormente responsabile dell’inquinamento) le attività di lobbismo da parte di queste aziende cerchino di screditare non solo le politiche ecosostenibili, ma il cambiamento climatico stesso. Dietro le parole dei negazionisti del surriscaldamento globale vi sono i lauti compensi da parte delle grandi industrie petrolifere, che vedrebbero la loro fine se la politica decidesse di cambiare rotta e inserire la questione ambientale in cima alle priorità.

Questo deve essere il nostro obiettivo: far sì che la pressione esercitata convinca definitivamente i nostri rappresentanti a prendere in mano la situazione e applicare una politica ecosostenibile, indipendentemente da quanti sforzi gli oppositori possano fare. Non è impossibile, perché abbiamo già dei precedenti, basti pensare a tutti quei diritti che oggi abbiamo che col tempo abbiamo conquistato facendoci sentire e, perché no, anche arrabbiandoci molto. Le promesse non ci bastano più, il tempo è maledettamente poco e ogni giorno conta.

Innalzamento del livello del mare, ondate di calore, eventi meteorologici estremi come uragani, inondazioni e violenti temporali sono il prezzo da pagare, e lo paghiamo a caro prezzo, sia in termini economici che di vite umane, per non parlare dei danni a lungo termine. L’uragano Katrina, che ha colpito gli Stati Uniti nel 2005, è costato al governo americano 108 miliardi di dollari e ha provocato 1836 vittime. Una politica ecosostenibile non cancellerà gli uragani, questo è vero, ma potrà evitarne di così potenti e distruttivi. Negli ultimi anni infatti i dati hanno mostrato un crescente potere distruttivo degli uragani, ma ciò che deve spaventarci non sono eventi catastrofici straordinari come Katrina, ma eventi atmosferici più comuni come i temporali. Il riscaldamento globale ha “concentrato” questo fenomeno, e adesso la quantità di acqua che cade mediamente in sei mesi può rovesciarsi in maniera devastante in poche ore, danneggiando irreparabilmente raccolti e posti di lavoro. Questi sono solo due dei pochi esempi che servono per dimostrare che l’effetto del cambiamento climatico lo paghiamo tutti, senza distinzioni. A maggior ragione questo deve spingerci a forzare i politici a inserire nei loro programmi elettorali un serio impegno a combattere il riscaldamento globale, altrimenti il nostro voto andrà altrove. Se l’unica lingua che capiscono è quella del voto, allora inizieremo a parlarla anche noi.

L’argomento per cui “se gli altri non fanno niente allora neanche noi facciamo niente” non è più una scusa. Per molti anni le nazioni non hanno voluto impegnarsi sul fronte ambientale perché molte nazioni in via di sviluppo, prime su tutte Cina e India, non avevano intenzione di limitare la loro capacità produttiva per rispettare gli accordi sul clima, del resto, argomentavano, perché avrebbero dovuto pagare loro per delle responsabilità che non avevano?

In tutta risposta, le nazioni sviluppate non hanno tagliato le loro emissioni, ma siamo arrivati oggi a un punto di svolta. La “rivoluzione verde” sta prendendo piede proprio in quei paesi in via di sviluppo che fino a pochi anni fa non ne volevano neanche sentir parlare. Particolare è la situazione della Cina, che ha inserito la lotta al cambiamento climatico tra le priorità del governo, e gli ingenti investimenti in materia di energie rinnovabili, 360 miliardi di dollari entro il 2020, dimostrano la buona volontà di Pechino nel prendere le redini della lotta al surriscaldamento globale. Esiste tuttavia il rovescio della medaglia: la Cina è al giorno d’oggi il paese che inquina di più, e molte delle sue città più popolose sono afflitte dall’eterna piaga delle polveri sottili, che hanno effetti molto negativi sulla vita dei cittadini. Il governo sta prendendo seri provvedimenti per contrastare il fenomeno e il successo è sempre più vicino, ma la strada da percorrere è ancora lunga.

Il secondo grande player delle energie rinnovabili è l’India, il cui problema principale resta tuttavia l’endemica povertà della sua numerosa popolazione, una situazione da cui sta uscendo in maniera molto più lenta della Cina, ma il suo impegno a favore delle energie rinnovabili è concreto e visibile, con una percentuale in sempre maggiore aumento anno dopo anno di energia prodotta da fonti rinnovabili.

La risposta dei paesi sviluppati non è al momento minimamente paragonabile a quella di Cina e India, ma l’Unione Europea sta sviluppando, lentamente, un piano per migliorare la produzione di energie rinnovabili.

Gli Stati Uniti, dove guarda caso l’influenza dei gruppi petroliferi è maggiore, restano una grande incognita, ma possiamo sperare che la pressione indiretta della Cina, che punta alla leadership mondiale delle rinnovabili, possa fargli cambiare idea in tempi rapidi.

Affrontare la questione ambientale significa affrontare le sfide non solo del presente, ma anche del futuro. Un giorno, sempre più vicino, i combustibili fossili si esauriranno, e se non saremo stati in grado di trovare altre fonti di energia, possiamo dire, senza esagerazioni, addio alla civiltà per come la conosciamo. Limitare l’aumento della temperatura media globale è fondamentale, non tanto per il pianeta, quanto per noi. Proviamo un attimo a capovolgere la narrazione: spesso diciamo “salviamo il pianeta”, ma a molti potrebbe non importare nulla del pianeta. Poniamo la questione in termini individualistici: salviamo noi stessi. Chiediamoci quali potrebbero essere le conseguenze dirette e indirette su noi stessi. Alcune le abbiamo già viste, cerchiamone altre: il 60% della popolazione mondiale vive in prossimità delle coste, questo significa che l’aumento del livello del mare, causato dallo scioglimento dei ghiacci polari, costringerebbe centinaia di milioni di persone a cercare un altro posto in cui vivere, causando così la più grande migrazione della storia dell’umanità, con conseguenze imprevedibili su tutto il pianeta. L’Unione Europea è vicina al collasso per pochi milioni di migranti, cosa succederebbe al mondo in caso di una migrazione nell’ordine delle decine e forse delle centinaia di milioni di persone?

O ancora, i temporali possono colpire ovunque nei climi temperati, continentali e desertici: non ci sono luoghi in cui nascondersi, e i danni causati da questi eventi sono spesso molto ingenti, quindi il nostro individuo egoista dovrebbe comunque contribuire per riparare il disastro tramite le tasse che paga allo Stato nella migliore delle ipotesi, penso non sia necessario descrivere la peggiore.

Di nuovo, l’inquinamento atmosferico ha effetti nefasti sulla vita dei cittadini e riduce le aspettative di vita, maggiore è l’inquinamento, minore sarà l’aspettativa di vita e maggiore sarà la probabilità di morire per malattie delle vie respiratorie.

Queste sono solo le conseguenze dirette, ci sono poi quelle di cui il nostro individuo egoista non se ne cura, come la perdita di biodiversità, fenomeno che si sta già verificando in misura sempre più preoccupante. I motivi sopra elencati dovrebbero essere sufficienti per convincere chiunque che la questione ambientale non solo ci interessa, ma è prioritaria. Se non volete farlo per la Terra, fatelo per voi stessi. Del resto avrebbe perfettamente ragione anche chi ragiona in questo modo. Il pianeta è stato molto peggio rispetto ad oggi, ha vissuto ere lunghissime in cui la vita non esisteva o è stata quasi cancellata. Ma il punto fondamentale è questo: il pianeta può farcela benissimo senza di noi e può continuare a esistere tranquillamente senza la nostra presenza, noi invece non possiamo continuare ad esistere senza un pianeta accogliente. Siamo diventati Dio, abbiamo il potere di cambiare il clima del pianeta. Ora dobbiamo scegliere se essere un Dio della creazione o un Dio della (auto)distruzione.

Andrea Maggiulli


Bibliografia:

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