22 Marzo 2019, ore 22 circa: il suono di un djembe si fa spazio tra i rumori abituali del traffico che va sempre più attenuandosi intorno alla chiesa di San Paolo dentro le Mura, nella centralissima Via Nazionale a Roma. È il djembe di Ismail, ospite del Joel Nafuma Refugee Center, suonato nel corso di una cena senegalese.
È grazie a una delle volontarie, Sharon, che siamo venuti a conoscenza di quest’evento di raccolta fondi e – contestualmente – dell’associazione che lo ha organizzato.
Il Joel Nafuma Refugee Center è un centro americano dove rifugiati e richiedenti asilo hanno la possibilità di trovare riparo, imparare e ricevere consigli in modo tale da poter implementare le proprie abilità. Il JNRC offre servizi fondamentali quali un tetto e un’atmosfera rilassante, ma anche assistenza legale e supporto psicologico mediante terapie individuali o di gruppo, oltre che insegnamento della lingua e supporto nell’inserimento del mondo del lavoro. Tutto questo per qualcosa come 250 ospiti ogni giorno.
La vicinanza con la stazione Termini rende decisivo il lavoro svolto dai 62 volontari del JNRC, che con il loro prezioso lavoro contribuiscono a trovare una sistemazione a persone che altrimenti non saprebbero a chi rivolgersi.
Nel corso della cena ho avuto modo di chiedere a Sharon di che cosa si occupasse lei nello specifico.
“Di base curriculum, in modo tale da poter identificare le esperienze dei nostri ospiti per poterli guidare attraverso un percorso lavorativo e formativo. In particolare mi sto occupando di formazione: mi arrivano varie offerte di corsi , alcuni dei quali finanziati da enti regionali o nazionali, ai quali i nostri ospiti possono accedere gratuitamente. Io mi impegno nel proporre questi corsi e di effettuare l’iscrizione dei nostri ospiti, in particolar modo quelli più giovani, coloro i quali hanno appena raggiunto la maggiore età, che sono moltissimi e sono quelli nelle condizioni più disagiate, non sapendo da dove iniziare il proprio percorso.
Molte persone arrivano senza avere alcuna qualifica, ma diverse persone arrivate da noi sono molto qualificate: medici, ingegneri… Nel loro caso li sollecitiamo a richiedere un attestato di compatibilità dei loro titoli, sostenendoli nel percorso di ottenimento del loro riconoscimento. Inoltre, oltre a me ci sono diversi ragazzi che sostengono proprio materialmente la ricerca del lavoro, mediante una ricerca pratica insieme agli ospiti di offerte, o scrivendo lettere di presentazione per coloro i quali ancora non hanno appreso pienamente l’Italiano, o magari lo sanno parlare perfettamente ma non scrivere bene.”
Venerdì non si doveva però parlare troppo di lavoro: era una festa, e appena entrati siamo stati travolti dall’allegria contagiosa di Annika, inglese, Fundraising and Program Coordinator di JNRC, la cui passione ci ha letteralmente travolti. Tra la musica e il vociare in almeno una mezza dozzina di lingue differenti attorno a noi un concetto è emerso con forza e chiarezza: “Qui non entrano la politica e la religione.”
Insieme a lei abbiamo avuto modo di parlare anche con altri due membri dello staff: Piero, Daily Operations and Assistance Coordinator, e Mansur, afghano, Peacekeeper, nel segno di una profonda multiculturalità che permea tutto l’ambiente.
È una zona franca il Joel Nafuma Refugee Center, dove chi ha sofferto e chi soffre ancora può trovare un oasi di serenità e armonia. Dove le diverse culture, lingue e idee sono le corde di un’arpa che, suonata dal vento della comprensione e del rispetto, produce melodia.
Il djembe di Ismail ha accompagnato i balli che hanno occupato il cuore centrale della serata, tra un piatto di ceebu yapp, lo speziatissimo riso con carne e verdure, e una ciotola di thiacri, dolce a base di semolino di miglio a grana grossa, ma io con il suono della sua musica ho aperto l’articolo e con le sue parole voglio chiuderlo:
“Siamo tutti immigrati, perché la Terra c’era già prima di ognuno di noi.”
Fotografie di Danilo Iannelli
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