Quasi un anno fa, più precisamente il 22 maggio, ricorrevano i 40 anni dalla promulgazione della Legge 22 maggio 1978, conosciuta anche come Legge 194 o più semplicemente Legge sull’aborto. La lunga e aspra battaglia per ottenere una norma che depenalizzasse e regolasse in Italia l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) era stata portata avanti in prima linea dai radicali, seguiti e appoggiati da altre forze politiche laiche e numerose realtà sociali.
Nel corso degli anni sicuramente non sono mancate le polemiche sempre più crescenti nei confronti di questa legge, che però negli ultimi mesi ha subito dei veri e propri colpi, culminati con una proposta di riforma di pochi giorni fa da parte della Lega e presentata alla Camera, sottoscritta da una cinquantina di parlamentari. La riforma proposta non prevede la rimozione della 194, ma il riconoscimento della “soggettività giuridica al concepito al fine dell’adozione”. In poche e semplici parole, una nuova legge prevederebbe l’adottabilità del nascituro già in gravidanza. In parole ancora più povere, se una donna dovesse rimanere incinta e volesse pensare all’aborto, secondo la Lega verrebbe convinta a rinunciare dalla possibilità di dare in adozione il futuro figlio fin dal grembo materno, prima ancora che nasca. In sostanza, puoi trovare una famiglia che adotti tuo figlio in qualsiasi momento della tua gravidanza, dal concepimento alla nascita. Che poi suona molto simile a “maternità surrogata” o “utero in affitto”, quella pratica che secondo la Lega sarebbe abominevole e atta a mercificare la donna, ma che evidentemente è tale solo nel caso in cui fosse la sua vera prima scelta e non se dovesse essere un ripiego che si trova costretta ad attuare in un Paese e una società che la giudicano brutalmente per una scelta, talvolta le impediscono di realizzarla e che la costringono a subire una violenza psicologica sotto il nome di “amore per la vita”.
Ma la parte piú preoccupante della proposta è forse la premessa, in cui si sostiene che gli aborti sono in aumento e che sono la principale causa della denatalità – possiamo letteralmente leggere “Manca all’appello una popolazione di 6 milioni di bambini che avrebbero impedito il sorgere dell’attuale crisi demografica”. Non solo queste sono chiaramente informazioni false – è palese agli occhi di tutti che dal 1978 ad oggi gli aborti sono drasticamente diminuiti e continuano ad essere in calo anno dopo anno e soprattutto vorrei ricordare ai leghisti che nel nostro Paese vivono migliaia di bambini nati sul territorio che non hanno diritto alla cittadinanza e quindi non entrano nel calcolo demografico, pur esistendo -, ma portano ad un’unica conseguenza: criminalizzare la donna. Perché se si permette l’adozione del feto e gli si dà quindi soggettività giuridica, si ammette che la donna potrebbe ledere qualcuno che è titolare di quella soggettività e quindi renderla colpevole di un crimine.
Come se per una donna un aborto non fosse già psicologicamente – e fisicamente – destabilizzante e doloroso, come se fosse una decisione presa a colazione tra un caffè e una passeggiata per andare a lavoro, come se chi decidesse di abortire non tenesse alla vita, come se una donna avesse bisogno di essere convinta da una riforma ad una legge che nella realtà già a volte non riesce a tutelarla scritta da uomini a non abortire.