Guinea, 1957. Samoa e Jamaica, 1961. Algeria, 1962. Slovenia, 1990. Sud Sudan, 2006. Scozia, 2014. Sono settant’anni che il mondo intero sperimenta la più forte forma di democrazia diretta in materia di indipendenza nazionale. Dal 1957 sono stati portati avanti innumerevoli referendum per l’indipendenza in tutto il mondo, molti dei quali si sono rivelati vittoriosi, conferendo il potere dell’autonomia a diverse minoranze e popolazioni. È passato tanto tempo, le nuove generazioni non hanno la concezione di ribellioni violente, dalle rivoluzioni si è passati alle riforme e alla moderazione delle istituzioni.
Non è stato però così per tutti.
Per decadi la Gran Bretagna e l’Irlanda sono stati i protagonisti di violente rivolte e attacchi terroristici da parte degli irlandesi nazionalisti che dichiaravano l’indipendenza dell’intera isola di origini gaeliche. All’inizio dello scorso secolo, prese vita l’organizzazione terroristica Irish Republican Army, meglio conosciuta come I.R.A. un gruppo di guerriglieri armati con lo scopo di rendere l’Irlanda un Paese indipendente dalla corona britannica. Nel 1921, dopo cinque anni di guerra civile e migliaia di morti, l’Irlanda divenne a tutti gli effetti indipendente ma ad un caro prezzo. Essa fu divisa in due parti distinte: la Repubblica d’Irlanda, stato oramai indipendente, e quella che a tutt’oggi è conosciuta come l’Irlanda del Nord, parte integrata del Regno Unito, politicamente separata dal resto dell’isola.
La tensione per decadi rimase e venne accentuata da forti discriminazioni dagli unionisti protestanti verso la parte di irlandesi di stampo cattolico, promotori dell’indipendenza dell’intera isola. Gli scontri riemersero più accesi quando l’Irlanda decise di uscire dal Commonwealth britannico nel 1949. La tensione fra i Cattolici nazionalisti e i Protestanti unionisti al governo crebbe fino agli scontri nel 1962 che diedero vita al ventennio definito come The Troubles. Il 5 ottobre 1968 nella città di Londonderry, nell’Irlanda del Nord, una marcia per i diritti civili si concluse con dei violenti scontri tra i manifestanti e la polizia britannica, nei quali fu gravemente ferito anche un parlamentare. Da lì in poi, l’Irlanda ed il Regno Unito furono testimoni di violenti attacchi terroristici da parte dell’I.R.A. Nel 1972, nello stesso scenario degli eventi del 1968, a Derry, prese luogo quello che ad oggi è conosciuto come Bloody Sunday. In una marcia per i diritti civili alla quale presero parte circa 15.000 persone, la violenza esplose in uno scontro tra rocce e proiettili, in cui 13 manifestanti furono colpiti ed uccisi dalle forze dell’ordine. Il processo da parte delle famiglie è perdurato per anni prima di poter vedere giustizia. Nel 1984, a Brighton, l’hotel dove risiedeva l’allora Primo Ministro Margaret Thatcher fu colpito da un attacco terroristico dell’I.R.A. dal quale la Donna di Ferro riuscì ad uscire illesa.
Il periodo dei troubles è perdurato in un clima di terrore e tensioni fino al 1998, quando fu siglato il Good Friday Agreement o accordo di Belfast. Dopo che l’I.R.A. annunciò di aver cessato bombardamenti e attacchi e dopo due anni di intense trattative, si giunse ad un compromesso tra unionisti e nazionalisti in cui un’Assemblea dell’Irlanda del Nord fu formata, con una più equa divisione dei poteri decisionali da parte delle due fazioni. Per gli anni avvenire il forte clima di tensione fu acquietato notevolmente ma non si è stati capaci di spegnerlo del tutto.
Per l’Irlanda e i suoi abitanti il sentimento di violenza scorre tutt’oggi nel sangue della giornalista irlandese ventinovenne Lyra McKee sparso proprio sulla strada di Londonderry, dove anni prima iniziò una delle epoche più nere del Regno Unito e dell’Europa moderna. La violenza scorre dalla pallottola della Nuova Irish Republican Army che ha colpito la giovane alla testa durante uno scontro con le forze dell’ordine britanniche. La nuova organizzazione ha pubblicamente dichiarato le sue scuse per l’uccisione involontaria della giornalista, la quale si trovava sul luogo per un servizio sulle nuove rivolte dei nazionalisti irlandesi.
Ms McKee era una brillante giornalista, cresciuta in una famiglia di lavoratori a Belfast. Omosessuale, ha sostenuto per tempo le battaglie sui diritti civili e fu nominata dalla rivista Forbes come tra le migliori “30 sotto i 30” figure di comunicazione di maggior rilievo in Europa.
Il 23 giugno 2016 il Regno Unito non ha solo votato per uscire dall’Unione Europea. Il 23 giugno 2016 ha riportato alla luce quelle che sono le cicatrici di un Paese in cui le forze indipendentiste sono ora più forti che mai. Per mesi si è considerato il problema del mercato unico e della dogana come una mera questione di contratto, come un accordo formale tra due potenze commerciali. Probabilmente non è così. Il libero movimento di persone e merci è stato ciò che ha permesso una maggiore coesione tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda, permettendo agli irlandesi di sentirsi parte di un’unica identità. Rimane difficile non pensare ai 30 anni di attentati, uccisioni, repressioni violente e denunce sociali quando si parla della questione dell’Irlanda del Nord.
Non si sa ancora in che modo il Regno Unito uscirà dall’Unione Europea, se con un accordo aperto o una linea dura su tutto il fronte. Non si sa neanche se il Regno di Sua Maestà prenderà parte alle elezioni europee di fine maggio. Certo è, se negli anni avvenire non sarà facile essere europei all’interno del Regno Unito, riuscire ad essere irlandesi sarà tutta un’altra storia.
E la Scozia aspetta.
Sitografia:
https://www.nytimes.com/2019/04/23/world/europe/lyra-mckee-new-ira-apology.html
https://www.nytimes.com/2018/10/04/world/europe/northern-ireland-troubles.html?module=inline
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