22 luglio: il virus Breivik e l’angoscia di Utøya

C’è una variabile impazzita che funesta i calcoli semplificati degli esperti di terrorismo da wi-fi, una parentesi che non doveva essere lì a interrompere il sanguinoso continuum islamico che è nato da Al-Qaida ed è passato poi all’Isis, ma mantenendo sempre uno stesso filo conduttore. Terroristi così fanno paura, ma non troppa: li puoi riconoscere, sono ben visibili e distinti dal resto della massa, dai non-terroristi, li puoi combattere, soprattutto li puoi odiare. Poi in questa narrazione arriva lui, che è diverso, è così diverso che è uguale a tutti noi, non lo puoi individuare, è come un virus letale che non vedi a occhio nudo, quindi fa più paura, quindi è meglio dimenticarlo. Ma c’è e ha già colpito: quel virus si chiama Anders Breivik, il mostro di Oslo.

Era il 22 luglio del 2011 quando due attentati simultanei scossero la Norvegia e l’opinione pubblica del mondo intero. Erano le ore 15:25 quando nel pieno centro della capitale norvegese Oslo, il quartiere Regjeringskvartalet, sede dei palazzi del governo, un’automobile col bagagliaio imbottito di un potente esplosivo a basso costo noto come ANFO viene fatta detonare uccidendo 8 persone e ferendone 209, di cui 12 in maniera molto grave. L’automobile era posteggiata di fronte al palazzo ospitante l’ufficio dell’allora primo ministro norvegese Jens Stoltenberg, segretario del Partito Labourista Norvegese.

Due ore dopo aver fatto detonare l’autobomba, Anders Breivik raggiunge il campus organizzato dalla sezione giovanile del Partito Labourista sull’isola di Utøya nel lago Tyrifjorden, dove entra vestito con una divisa della polizia con la motivazione di cercare possibili bombe che il misterioso terrorista di Oslo avrebbe potuto lasciare anche lì. Tra i direttori del campo, uccisi con una pistola Glock nel momento in cui hanno iniziato a isnospettirsi per la stranezza di quel presunto poliziotto, e i ragazzi tra i 14 e i 20 anni riuniti nel punto di ristoro del campo, Brivik arriverà a uccidere sull’isola 69 persone, ferendone altre 110. Secondo il racconto di uno dei sopravvissuti, sparava “con freddezza, senza correre e senza urlare”, e nella stessa maniera si è consegnato senza opporre resistenza agli agenti della DELTA, l’unità norvegese antiterrorismo.

È durante il processo, iniziato il 16 aprile 2012, che emergono le motivazioni dell’attentato: mandare un “messaggio forte al popolo, per fermare i danni del Partito Laburista Norvegese” e fermare “una decostruzione della cultura norvegese per via dell’immigrazione in massa dei musulmani”.

Breivik ha affermato di aver pianificato l’operazione per 9 anni. Le ultime ore sono però particolarmente interessanti per comprendere al meglio le intenzioni dell’attentatore: tutte le sue idee sono contenute in un memoriale, “2083 – Una dichiarazione europea d’indipendenza”, che poco prima di iniziare la strage lo stesso autore ha inviato in chat a gran parte dei propri contatti su Facebook. Il memoriale è stato inoltre riassunto in un video di circa 12 minuti, pubblicato dall’autore su YouTube. Il video, come è facile immaginare, è stato cancellato dalla rete. Il video, proiettato in aula durante il processo sotto gli occhi di un commosso e orgoglioso Breivik, mostra l’attentatore con indosso divise dei Cavalieri templari, adornato con medaglie ordinate su internet, il tutto intervallato da spezzoni di audio del videogioco “Conan il Barbaro”.

La campagna social toccò anche Twitter, dove l’account aperto per l’occasione da Breivik cinguetta un solo tweet: “Una persona con un ideale è forte quanto centomila che hanno solo interessi”.

Essendo in Norvegia abolito l’ergastolo, Breivik è stato condannato alla pena massima prevista dall’ordinamento: 21 anni, prolungabili però di 5 anni alla scadenza ogni qual volta che al termine della pena il soggetto fosse ritenuto ancora pericoloso per la società.

È in carcere però che, come ogni virus che si rispetti, Breivik inizia a mutare: inizia a progettare la costituzione di un’organizzazione nota come Movimento Conservatore Rivoluzionario che sarebbe stata costituita da una attivisti di estrema destra in tutta Europa, il tutto coadiuvato da un’altra ipotetica associazione volta a rappresentare gli attivisti in carcere. Nel 2016 initenta causa contro il sistema carcerario norvegese per la presunta violazione dei suoi diritti umani, il che è tutto dire. Ovviamente, la denuncia altro non è che un tentativo di creare una nuova piattaforma per rilanciare il proprio ideale politico: si presenta infatti in aula con il cranio completamente rasato, si esibisce nel saluto nazista a braccio teso e proclama il suo avvicinamento al movimento che distrusse la Germania e l’Europa tre quarti di secolo fa.

Non mancano ovviamente i tentativi di riprodursi e infettare ancora: in carcere tenta infatti di instaurare una corrispondenza con il terrorista svedese Peter Mangs, che nel 2010 nella città di Malmö aprì il fuoco contro coloro che non avevano a suo giudizio un aspetto tipicamente svedese uccidendone 2 e ferendone altre 13. Un Breivik prima di Breivik, insomma, balzato meno in cima alle notizie internazionali perché anche quando si parla di morti i numeri contano: qualsiasi siano le motivazioni, 2 sole vittime evidentemente non risultano sufficienti per candidarsi al ruolo di incubo agli occhi delle testate giornalistiche. Un altro tentativo è stato fatto con Beate Zschäpe, estremista tedesca ed ex-membro del gruppo terroristico neonazista National Socialist Underground, condannata oltre che per la sua appartenenza alla suddetta associazione anche per aver commesso 10 omicidi e per incendio doloso. Non sono mancati tentativi di emulazione:

  • Il ventenne Adam Lanza, autore del massacro alla Sandy Hook Elementary School il 14 dicembre 2012, aveva dichiarato la propria intenzione di riuscire a superare il numero di vittime di Breivik. Si fermerà a 27, di cui 20 in età compresa tra i 6 e i 7 anni, prima di uccidersi a sua volta.
  • Ali David Sonboly, cittadino tedesco di origine iraniana di soli diciotto anni, aveva come immagine del profilo di Whatsapp proprio il volto del terrorista norvegese, e non scelse una data casuale per uccidere 9 persone e ferirne altre 35 all’uscita del centro commerciale Olympia-Einkaufszentrum di Monaco di Baviera: era il 22 luglio 2016, quinto anniversario della strage a opera del suo macabro idolo.
  • Ispirazione è invece ciò che ha affermato di aver tratto dalla figura di Breivik (oltre che da quella dell’italiano Luca Traini) Brenton Tarrant, capo del commando che il 15 marzo di quest’anno ha ucciso 50 persone in due moschee a Christchurch, in Nuova Zelanda.

E la lista, purtroppo, potrebbe allungarsi con il passare degli anni.

Paolo Palladino

 

SITOGRAFIA:

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