Sera del 29 luglio, si torna a respirare dopo una giornata afosa e torna La disillusione a Parco Schuster. Si parla di emergenza abitativa nella città in cui il fenomeno assume dimensioni allarmanti, e gli ospiti sono decisamente accreditati per spiegarlo al meglio. In una serata ricca di interventi hanno partecipato: Lorena Di Bari, architetto coinvolto nel progetto abitativo Spin Time Labs, centro culturale divenuto casa per centinaia di persone bisognose, Carmelo Borgia del centro accoglienza per senza tetto “Madre Teresa di Calcutta”, Michela Cicculli della casa delle donne “Lucha y Siesta”, Marco Bonadonna, giornalista, scrittore e altro ancora e Marco Lombardi del Forum #Indivisibili e Solidali.
Ad aprire la serata l’intervento dell’architetto Lorena Di Bari, che ha spiegato quanto è stato fatto e quanto ancora è da fare in una realtà come quella di Via di Santa Croce in Gerusalemme 55 a Roma, palazzo occupato salito agli onori della cronaca quando nel mese di maggio l’elemosiniere del papa, padre Konrad Krajewski, tolse i sigilli ai contatori bloccati della struttura. L’architetto afferma innanzitutto di usare il termine “abitanti” e non quello di occupanti nei confronti di chi vive la struttura, poiché senza di loro sarebbe un posto degradato. I 400 abitanti della struttura alloggiano su 7 piani, con unità abitative di 18 mq (le famiglie molto numerose hanno diritto a più unità abitative), sono presenti 26 nazionalità e tra di loro vi sarebbero circa 100 minorenni. I piani 0 e -1 della struttura sono aperti alla cittadinanza con laboratori di varie discipline e il laboratorio teatrale Spin off. Il piano -2 è gestito insieme ai ragazzi di “Scomodo”. Il percorso per i miglioramenti della struttura ha coinvolto direttamente i suoi abitanti, tenendo conto delle loro esigenze, della loro disponibilità a lavorare al progetto e dei servizi necessari alla struttura. Hanno collaborato professionisti come uno psicologo, mediatori culturali e un architetto. Una parte della struttura è stata destinata al Cohousing temporaneo, per chi in difficoltà ha la necessità di avere un appoggio senza stabilirsi definitivamente nel palazzo.
Ad approfondire il discorso sul progetto abitativo di via Santa Croce in Gerusalemme è stato Paolo Perrini, coinvolto in Action e quindi in Spin Time Labs, che ha parlato di una struttura immersa in un contesto in piena gentrificazione come quello dell’Esquilino. Secondo Perrini il palazzo è espressione di tutto ciò che oggi risulta impossibile: convivenza civile, aiuto reciproco e solidarietà.
Un ribaltamento di prospettiva si è avuto con l’intervento di Carmelo Borgia; mentre fino ad ora si era parlato principalmente di strutture, Borgia cerca di puntare i fari sul capitale umano da valorizzare, dato che il problema di reperimento degli alloggi per l’emergenza abitativa è di pura volontà politica. Da anni infatti manca un pensiero di welfare cittadino e le risposte del comune sono unicamente di stampo emergenziale. Roma è infatti in ritardo in materia di housing sociale nei confronti di altre città italiane, ma i primi esperimenti di housing first mostrano come il modello funzioni per la stragrande maggioranza dei casi (82%) e insistere con esso e con percorsi di formazione all’autonomia sia la strada da seguire.
Un’altra categoria che necessita di aiuto e di strutture d’emergenza è quella delle donne vittime di violenza, ed è per questo che abbiamo parlato con Michela Cicculli dell’importanza di luoghi come la casa delle donne “Lucha y Siesta”, e delle difficoltà quotidiane che posti come questo devono affrontare per continuare ad esistere. “Lucha y Siesta” nasce nel 2008 dall’occupazione di un immobile dell’atac in via Lucio Sestio, zona Tuscolana. Con i suoi 14 posti per donne con situazioni di violenza alle spalle e per i loro figli, Lucha y Siesta si distingue come la maggior realtà di questo tipo a Roma, coprendo la metà dei posti disponibili nel Comune, a fronte dei 180 posti necessari ogni anno. Come Michela Cicculli ha infatti tenuto a sottolineare, Lucha y Siesta non è un luogo di tristezza, ma di aggregazione e riattivazione, dove creare percorsi di autonomia. L’immobile in cui si trova Lucha y Siesta rientra però nel concordato preventivo di atac per evitare il fallimento, e il comune di Roma ha deciso per una futura privatizzazione, privandosi di una realtà che sgrava il peso dei costi sociali che il comune stesso deve coprire. Nonostante ciò la casa non ha avuto la possibilità di incontrare la sindaca ne’ ha avuto modo di ottenere risposte o alternative da parte dell’assessorato alle politiche sociali e dell’assessorato al patrimonio, e proprio per questo a breve partirà un comitato di supporto alla casa delle donne Lucha y Siesta che servirà tra le altre cose a immaginare un futuro per questa attività, che sia a Lucio Sesto o altrove.
Tra gli ospiti c’è un testimone diretto dell’istituzionalizzazione dell’emergenza. Federico Bonadonna ha lavorato al comune di Roma tra il 1997 e il 2008. Da dirigente del settore emergenza sociale e accoglienza, ha assistito al graduale smantellamento delle politiche sociali. Il comune pur restando forte sul fronte dell’emergenza, ha fallito su tutti i fronti in materia di programmazione. A fronte delle 10.000 richieste di case popolari, il comune provvede con 300 assegnazioni all’anno, nonostante disponga di 35.000 immobili. In questo campo non si farà mai abbastanza poiché puntare sul sociale non porta grandi dividendi.
L’ultimo ospite a intervenire è Marco Lombardi, fondatore un anno fa del forum indivisibili e solidali. Per Lombardi il problema dell’emergenza abitativa viene sfruttato dal governo per mettere contro italiani e rom, italiani e stranieri e italiani contro altri italiani. Con il forum Lombardi ha partecipato ai contropresidi di Casal Bruciato e Torre Maura e toccato con mano quanto la situazione sia lontana dal risolversi, data la presenza al governo di chi soffia sul fuoco rovente delle periferie. Il forum mira a crescere ancora e ad andare oltre alle circa 500 sigle che ora ne fanno parte, tramite una piattaforma solidale e antirazzista e la presenza costante sul territorio.
La sensazione alla fine degli interventi è quella di un mondo, quello dell’emergenza abitativa, pieno di persone volenterose e impegnate, e allo stesso tempo di assistere a delle realtà sotto assedio che dovranno affrontare sfide imponenti riguardanti la loro stessa sopravvivenza.