Qualche giorno fa ho iniziato a tener sotto controllo i dati cinesi. Perché la Cina è stato il primo Paese a fronteggiare la crisi che oggi noi ci apprestiamo ad affrontare. E dai loro dati possiamo imparare molto. E se per settimane abbiamo letto con angoscia i report dall’Oriente, ora le notizie son sempre più rassicuranti. Ad oggi, in Cina, il 72,74% di tutte le persone che son state identificate come infette da Coronavirus (COVID19) sono già guarite.
Mentre ascoltavo la conferenza stampa del Presidente Conte, ho scaricato ed elaborato alcuni dati dal 24 gennaio all’8 marzo specifici della provincia di Hubei, Cina, la più colpita dal virus.
In data 24 gennaio, a Hubei erano stati identificati 549 casi. Nei giorni successivi si è osservata subito una crescita esponenziale dei casi, arrivando presto a 1423 (27 gennaio) e 3554 (28 gennaio). Parallelamente, sono iniziati i decessi, e si è iniziato a registrare qualche guarigione.
Al 30 gennaio, i casi erano 4903, i decessi 162, e i guariti appena 90. A tale data il 94,86% di tutti i casi erano attivi, ovvero persone al momento al momento malate.
I casi attivi son aumentati fino a raggiungere il massimo di 50633 (18 febbraio), per poi iniziare a calare. Infatti, mentre il numero di nuovi casi ha iniziato a scendere sempre più, i nuovi casi di guarigione son aumentati in maniera sempre più importante fino a superare il numero di nuovi casi giornalieri.
Da una settimana a questa parte, è stato registrato un numero di nuovi casi giornalieri che vanno da un minimo di 41 (8 marzo) ad un massimo massimo di 134 (5 marzo), mentre il numero di nuovi guariti, nello stesso intervallo, va da un minimo 1441 (6 marzo) ad un massimo di 2274 (3 marzo).
Il 2 marzo, per la prima volta, il numero di guariti (33934) ha superato il numero di casi attivi (30366).
I nuovi casi sono ormai nell’ordine della decina al giorno, mentre i guariti aumentano con un ritmo di circa 2000 al giorno.
Hubei inizia a vedere la luce.
Ed è ragionevole pensare che noi saremo uno dei prossimi Paesi a fare lo stesso.
Ma non ancora. Per noi il momento più difficile arriva ora. E dobbiamo rallentare il più possibile il virus, seguendo tutte le indicazioni date dalle autorità. Stringiamo i denti, ma teniamolo a mente: queste misure che limitano la nostra vita come non siamo mai abbiamo dovuto fare, sono temporanee. E tanto più le seguiremo ora, tanto meglio usciremo da questa crisi.
Hubei e la Cina ce la faranno, grazie alle misure adottate per contenere l’emergenza. Adesso tocca a noi.
Ognuno di noi deve fare la propria parte.
Nel grafico:
Blu = Casi totali
Nero = Decessi
Verdi = Guariti
Gialli = Casi attivi
C’è chi disse che chiunque può sapere qualcosa, ma solo pochi possono capirla. Ma oggi abbiamo davvero bisogno che tutti capiscano la situazione e il perché di certe azioni. Perchè abbiamo bisogno di tutti.
Quando si dice che il coronavirus é letale quasi unicamente in anziani o in chi affetto da altre patologie, non si vuole sminuire il problema. Lo si vuole inquadrare.
Non é che la vita di chi soffre di altre condizioni patologiche o ha più di 70 anni non abbia valore. Vale tanto quanto le altre, ma va tutelata più delle altre. Per farlo é importante agire tutti insieme, coesi socialmente.
Quando si prendono iniziative mirate alla prevenzione e al controllo dell’infezione, non significa che moriremo tutti, che l’Apocalisse é ormai arrivata.
Quando si adottano delle strategie di prevenzione, non si fanno per proteggere il singolo, ma la popolazione intera e i gruppi di individui ad alto rischio.
Una altissima copertura vaccinale non serve a proteggere solo il singolo bambino dotato di normale sistema immunitario, che se anche si infettasse avrebbe buone possibilità di scamparsela magari. Serve soprattutto per proteggere quelli con altri problemi di salute e con un sistema immunitario non altrettanto competente.
Allo stesso modo, buona parte delle precauzioni che prendiamo e prenderemo per limitare la diffusione del coronavirus servono per evitare di trasmettere il virus ai gruppi di popolazione ad alto rischio.
Questo vuol dire Sanità Pubblica, questo vuol dire vivere in società.
Quando vi si chiede di adottare particolari accorgimenti, non é perché potreste infettarvi e morire in 3, 2, 1. Nella maggior parte di noi, giovani e sani, l’infezione si manifesterebbe con sintomi lievi, in qualcuno potrebbe causare qualche problema e in pochissimissimi problemi importanti. Ma questo non significa che possiamo fregarcene. Anzi.
Ad ognuno di noi é comunque chiesto di fare la propria parte, con piccoli accorgimenti.
Ognuno di noi puó farla.
E ognuno di noi deve farla.
Ognuno di noi ha una nonna ultraottantenne, o uno zio settantenne con un trapianto, o un amico con problemi di salute, e così via. E ognuno di noi vuole proteggere i propri cari. Sono loro le persone ad alto rischio in questa situazione.
Al tempo stesso, ognuno di noi va al supermercato dove va la nonna ultraottantenne di qualcun altro, in farmacia dove va lo zio di qualcun altro con un trapianto, al cinema dove va l’amico di qualcun altro con problemi di salute.
L’unico modo di affrontare questa crisi é farlo tutti insieme, da società unita, assumendoci le nostre responsabilità per il nostro bene, per quello dei nostri cari, e per quello degli altri. Con la sarenità che deriva dalla consapevolezza che per la maggior parte di noi, anche se ci é chiesto di fare attenzione, non ci saranno ripercussioni, ma che questo non ci esula dalle nostre responsabilità di (con)cittadini.
Adottiamo le misure che ci viene chiesto di adottare.
Evitiamo di gravare sul sistema sanitario quando non necessario, perché sprecare risorse vuol dire toglierle a chi ne ha veramente bisogno. Quelle persone, ricordiamolo, hanno delle facce. Quelle delle nostre nonne, dei nostri zii, dei nostri amici.
In uno dei miei film di supereroi preferiti ambientati durante la Guerra Fredda, tutti i Paesi del mondo son costretti a seppellire l’ascia di guerra e unirsi contro un nemico comune non umano.
Ce la faremo, almeno a questo giro, in cui il nostro nemico non è umano, a lavorare tutti insieme?

Illustrazione di Jacopo Sacquegno
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