Mercato Unico Europeo: breve panoramica dalle sue origini a oggi

Nel 1951, la nascita della CECA, la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, costituì la prima forma di collaborazione tra sei stati europei: Belgio, Francia, Germania ovest, Italia, Lussemburgo e Olanda. Come dice il suo nome, questo organismo sovranazionale si basava su scambi pacifici di acciaio e carbone per evitare ulteriori guerre, in particolare tra la Francia e la Germania. L’acciaio e il carbone costituivano infatti degli elementi molto importanti in vista della ricostruzione dei Paesi europei. La CECA mirava al loro sviluppo politico ed economico: per questa ragione il 25 marzo 1957 i sei Paesi membri, con lo scopo di avanzare nella loro integrazione, arrivarono alla firma dei trattati di Roma, entrati poi in vigore il 1° gennaio 1958. Con i trattati di Roma, a distanza di una dozzina di anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, che aveva lasciato il continente in macerie sia dal punto di vista economico che sociale, i Paesi europei dissero al mondo di voler essere ancora un soggetto politico importante. Uno degli obiettivi fondamentali di questi trattati, che istituirono la Comunità Economica Europea (CEE), era la creazione di un Mercato Europeo Comune, conosciuto con la sigla MEC.

Dopo il fallimento di progetti di integrazione di più ampio respiro si scelse di procedere, in ottica funzionalista, con l’integrazione nel settore economico, meno soggetto alle resistenze dei governi nazionali. 

Venne stabilito che il mercato comune si sarebbe dovuto basare su quattro libertà:

  • libera circolazione delle persone;
  • libera circolazione dei servizi
  • libera circolazione delle merci;
  • libera circolazione dei capitali.

Con esso si voleva creare uno spazio economico unificato, con condizioni di libera concorrenza tra le imprese e possibilità di ravvicinare le condizioni di scambio dei prodotti e dei servizi. Il mercato comune, obiettivo principale del trattato di Roma, è stato realizzato tramite l’unione doganale del 1968, la libera circolazione dei cittadini e dei lavoratori e una certa armonizzazione fiscale ottenuta con l’introduzione generalizzata dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) nel 1970. Nonostante l’eliminazione delle barriere tariffarie, negli anni ottanta la circolazione delle merci continuò ad essere rallentata e ostacolata dalla presenza di barriere e vincoli di tipo non tariffario. La presenza di tali barriere era legata alla persistenza, nei diversi Stati membri, di norme tecniche diverse e a ostacoli di carattere amministrativo e doganale.                       

Tra il 1958 e il 1986 l’Europa dei 6 diventò Europa dei 12, con l’ingresso di Regno Unito, Portogallo, Spagna, Danimarca, Irlanda e Grecia. La mancanza di progressi nel processo di realizzazione del mercato comune fece sì che al summit di Bruxelles, nel febbraio 1985, il Consiglio europeo decidesse che era venuto il momento di concentrare di nuovo gli sforzi sulla costruzione e sul completamento del mercato unico con un programma di misure da realizzare in 8 anni: esse vennero inserite nel 1986 nell’Atto unico europeo, e fu disposto che fosse la legislazione della Comunità a portarle a compimento, fissando al 1° gennaio 1993 la data per il varo ufficiale del Mercato Unico Europeo (MUE). L’AUE rese effettivamente possibile il completamento del mercato comune con l’introduzione del voto a maggioranza qualificata, che andando a disarmare il potere di veto degli Stati membri evitava la stagnazione del processo decisionale. 

Dal 1986 le Nazioni hanno fatto tutto il possibile per coordinare le loro politiche economiche e sociali nei settori agricolo, industriale, energetico, ambientale, dei trasporti ecc. Entrata in vigore nel 1962, la politica agricola comune (PAC) si è subito rivelata una delle politiche comunitarie di maggiore importanza. Sin dall’istituzione del mercato comune, con il trattato di Roma del 1958, l’agricoltura si era infatti imposta come una tematica essenziale in quanto l’Europa si trovava a fronteggiare la carenza alimentare successiva alla seconda guerra mondiale: la priorità fondamentale era quindi quella di assicurare un approvvigionamento sicuro (e a prezzi ragionevoli) di derrate alimentari e un tenore di vita equo per gli agricoltori. L’agricoltura europea non è infatti solo un’attività produttiva, ma soprattutto fonte di beni. Favorendo il mantenimento dell’attività agricola in Europa, essa assicura a tutt’oggi un approvvigionamento alimentare sicuro e di qualità a prezzi accessibili, tutela l’ambiente e incentiva il benessere animale. Senza un’agricoltura europea, tra l’altro, i costi per garantire i beni pubblici da essa forniti risulterebbero molto più elevati per il contribuente. Di seguito alcune cifre della PAC:
– 12 milioni di agricoltori europei;
– 77% del territorio europeo;
– 15 milioni di imprese;
– 46 milioni di posti di lavoro;
– 500 milioni di cittadini-consumatori.

È soprattutto grazie a queste politiche comuni che il mercato unico, dalla sua istituzione nel 1993 a oggi, si è potuto aprire sempre più alla concorrenza, creando nuovi posti di lavoro e riducendo molte barriere commerciali grazie al consolidamento dell’integrazione economica. Quest’ultima in particolare è stata possibile grazie alla creazione della moneta unica, l’euro: emerso in un contesto di mancanza di consenso sulla sua necessità e sulle sue modalità di attuazione, nel 2002, ossia 10 anni dopo la firma del trattato di Maastricht, l’euro è diventato la moneta utilizzata in tutte le transazioni economiche quotidiane. 

Ciò è stato possibile anche grazie alla creazione, nel 1998, della Banca Centrale Europea (BCE): essa opera infatti nell’ambito del Sistema Europeo delle banche centrali, che riunisce tutte le banche dei Paesi dell’UE. Obiettivo dell’eurosistema è il mantenimento della stabilità dei prezzi. (inflazione uguale o minore al 2%). Per farlo, la BCE è chiamata a definire e attuare la politica monetaria dell’UE in totale indipendenza e trasparenza: essa fornisce infatti al pubblico tutte le informazioni rilevanti su strategia, valutazioni e decisioni di politica monetaria. Inoltre, l’eurosistema assicura il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento, rendendo più veloci, sicuri e facili in Europa i pagamenti in euro con strumenti alternativi al contante. 

euro

Per i consumatori europei il mercato unico è sinonimo di una scelta più ampia e di prezzi più bassi, ai cittadini ha offerto l’opportunità di viaggiare liberamente nonché di stabilirsi e di lavorare dove lo desiderano, ai giovani ha dato la possibilità di studiare all’estero, consentendo a oltre 2,5 milioni di studenti di cogliere questa opportunità negli ultimi 25 anni. Il mercato unico ha consentito a 23 milioni di aziende dell’UE di accedere a 500 milioni di consumatori e ha generato investimenti esteri. Il completamento del mercato unico è un esercizio continuo e un elemento centrale dell’agenda europea per la crescita al fine di affrontare l’attuale crisi economica. Perciò la Commissione europea ha adottato l’Atto per il mercato unico, pubblicato in due parti nel 2011 e nel 2012 e contenente dodici azioni prioritarie che dovevano essere adottate rapidamente dalle istituzioni dell’UE. Le azioni si concentrano su quattro fattori principali di crescita, occupazione e fiducia: a) reti integrate, b) mobilità transfrontaliera di cittadini e imprese, c) economia digitale e d) azioni che rafforzino la coesione e i benefici a vantaggio dei consumatori.

Il mercato unico in sintesi: dati e cifre
– PIL superiore a quello di tutte le altre economie mondiali
– 500 milioni di consumatori
– 20 milioni di PMI
– 27 Stati membri
– Maggior esportatore e importatore mondiale di prodotti alimentari e mangimi
-7 % della popolazione mondiale
-20 % delle esportazioni e delle importazioni mondiali.
        

A causa della crisi finanziaria globale del 2008, che ha portato al crollo dei prezzi degli immobili e a forti aumenti della disoccupazione, l’ultimo decennio si è rivelato però un periodo particolarmente difficile e turbolento, di crescita economica molto debole e di fragilità politica, nel momento in cui sono state messe in dubbio la reputazione, le conquiste e la capacità di agire dell’Europa unita e sono emerse divergenze interne sempre più difficili da ricomporre. Il referendum del giugno 2016, che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, è la più evidente manifestazione dei dubbi che avvolgono il destino dell’Europa a 27. Ed è così che crisi economica, alta disoccupazione, esclusione sociale e malcontento, cui si aggiungono l’emergenza umanitaria dei profughi, Brexit e terrorismo, hanno generato una crisi di fiducia nei confronti delle Istituzioni europee da parte dei cittadini e messo in dubbio i valori fondamentali della democrazia liberale e le conquiste moderne. A vent’anni dalla nascita dell’eurozona, molti elettori e politici ritengono che i vincoli europei a cui ci siamo sottoposti siano diventati un cappio asfissiante. In realtà, studi recenti mostrano che il malessere di molti elettori, italiani ma anche britannici e statunitensi, è legato soprattutto al progressivo senso di insicurezza economica che si è sviluppato negli ultimi anni sia dentro che fuori l’area dell’Euro. Globalizzazione e progresso tecnologico hanno migliorato le condizioni economiche di centinaia di milioni di persone sul nostro pianeta, ma hanno anche avuto un impatto negativo su alcune fasce della popolazione. Capire come risolvere questi problemi non è facile. 

Questa crisi non deve segnare, tuttavia, la fine del percorso europeo. Se il MUE si bloccasse si tornerebbe a piccoli mercati nazionali, non si avrebbe più un grande mercato domestico dal quale esportare con successo nel resto del mondo, verrebbe meno l’impulso al progresso tecnico e all’efficienza di imprese e mercati, che si chiuderebbero a riccio per tutelare le proprie rendite. L’UE potrà uscire più forte da questa crisi grazie a un migliore coordinamento tra le politiche economiche e a un più efficace funzionamento del mercato comune, nonché istituendo un’unica autorità di vigilanza e un’unica normativa per il settore finanziario. Completare il mercato unico, e ridargli fiducia, è un passo importante nel quadro degli sforzi volti a riportare l’Unione europea sulla strada della ripresa economica.

Eleonora Valente

BIBLIOGRAFIA:

  • Brunazzo M., Della Sala V., La politica dell’Unione Europea, Mondadori, 2019

SITOGRAFIA:

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