Camminando a braccia incrociate lungo il terrazzo fatto di colonne dinnanzi alle onde roventi dell’oceano, mi chiesi come mai Victor amasse così tanto quel posto. Si tratta semplicemente di una spiaggia lunghissima. E quindi? Possiede qualche colonna che fa da filtro per i raggi del sole al tramonto, niente di più. Certo, è pieno di giardini paralleli alla costa. Grazioso. Ma per quanto mi riguarda quel posto rappresenta tutto quello che non vorrei ricordare. Nelle lunghe estati afose, ogni volta che mi sedevo su quelle rocce violentate dalle onde, dirimpetto riaffioravano nella mente le sue parole mistiche, il suo volto, che ora non c’è più. Tornare, significava sfogliare tutti i suoi insegnamenti e storie fantasmagoriche, che accoglievo entusiasta, come il sole viene risucchiato dall’acqua e colora tutt’attorno.
Non riuscì mai a capire perché mi piacesse così tanto viaggiare. Diceva che non serve girare il pianeta per conoscere e vedere le cose, quando si possono toccare svariate realtà dipingendo; tracciando forme e colori su di una tela azzeri completamente il confine tra materia fisica e introspezione.
Quel pomeriggio, dopo una lunga passeggiata, si fermò ad osservarmi con quegli occhi di un colore ligneo intensissimo, sembrava scavare tra i miei pensieri come un minatore che guarda per la prima volta la luna. Affermò sorridendo:
“Essere artista è un concetto che non si sente rispecchiato in un discorso fatto di parole. Deve essere un colloquio riservato solo a due interlocutori: l’artista e il suo soggetto. Ad esempio, essendo io un ritrattista e testimone di paesaggi, spesso non dipingo nemmeno quello che mi circonda, al contrario, concentro l’attenzione su memorie dimenticate ma onnipresenti che riaffiorano come la luce dopo l’alba e si collocano sottoforma di colori e sfumature. Per questa ragione quando contempli un quadro non domandarti mai il perché o il come ma piuttosto il quando”.
“Voi giovani credete, che spostandovi ai confini del mondo, di arrivare a un qualche sapere. Quando per muoversi un po’ più in là basta così poco… è sufficiente scostare la tenda che copre il nostro essere umani, per capire che la finestra non punta a un solo tipo di paesaggio.”
Aveva ragione.
Pochi giorni dopo la sua morte andai a rovistare tra le infinite tele da lui dipinte, ne scorsi una in particolare, che non avevo mai visto. Mi aveva fatto un ritratto, nei due anni in cui non ci siamo visti. Scoprii da varie fonti che doveva essere il mio regalo di compleanno.
Ora è appeso in camera mia, pieno di colori accesi e pennellate forti, sempre pronto a voler essere decifrato. Nasconde una verità sul mio essere che nessuno ha mai colto o raccoglierà.
Nemmeno io.
Tutt’oggi è un mistero che deve rimanere irrisolto ed interamente da immaginare, come la morte o l’arte. Questo è il viaggiare lontano degli artisti.
Questo breve racconto è basato su una storia vera e lo dedico a mio zio, Victor Teixiera Lopez.
(Il quadro è stato tratto da una mia foto sui social, ed è datato gennaio 2020)
Bellissimo
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Grazie!
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