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Il Torino fa sul serio

La vittoria di domenica sera, per 2 a 0 ai danni del Milan, ha rilanciato il Torino di Walter Mazzarri in classifica, che a questo punto della stagione può permettersi di puntare alla qualificazione per la prossima Champions League.

L’arrivo di Mazzarri sulla panchina del Torino nel Gennaio del 2018 aveva dato una scossa ad un gruppo che sembrava non seguire più Sinisa Mihaijlovic, allora tecnico dei granata. In quella stessa stagione, però, l’ex allenatore del Napoli non riuscì a portare il club sopra il nono posto in campionato, ma tanto bastò per ottenere la conferma per la stagione successiva da parte del presidente Urbano Cairo.

La decisione di confermare Mazzarri ha portato inevitabilmente ad una rivoluzione tattica e finanziaria.

La sessione di mercato estiva è a dir poco frenetica e vede la società torinese attiva sul fronte acquisti tanto quanto su quello cessioni. Vengono ceduti Barreca, Lijaic, Niang, Obi e Acquah, oltre agli svincolati Burdisso e Molinaro, per essere rimpiazzati con giocatori più adatti ad un modulo come il 3-5-2.

In particolar modo vengono integrati in gruppo giocatori in grado di giocare a tutta fascia come Parigini od Ola Aina abbinati a centrocampisti di quantità come Meitè e il rientrante Lukic, reduce da un prestito al Levante.

Le punte di diamante, o presunte tali, arrivano a fine Agosto con lo sbarco nel capoluogo piemontese di due figliol prodighi del calcio italiano: Roberto Soriano e Simone Zaza. I due arrivano rispettivamente dal Villareal e dal Valencia, dove, in particolare Zaza, avevano in un primo momento fatto sognare i tifosi iberici salvo poi farli ricredere in breve tempo.

La corte di Mazzarri sembrava essere il luogo perfetto per la rinascita dei due, poiché Soriano risulta essere l’uomo con piu qualità nel centrocampo granata dedito quindi a fare da collante fra attacco e mediana. Il profilo di Zaza sembrava essere perfetto per ricoprire il ruolo di mezzapunta alle spalle di Belotti: aggressivo, mobile e, soprattutto, mancino.

Purtroppo l’inserimento dei due non è stato così immediato come si poteva pensare e anzi entrambi hanno visto la prima parte della stagione dalla panchina. Soriano si è rivelato a tutti gli effetti un pesce fuor d’acqua nello scacchiere di Mazzarri, mentre invece Zaza non è stato all’altezza delle prestazioni fornite da Iago Falque.

Nonostante un inizio di campionato non proprio facile il rendimento del Toro è stato costante e adesso, arrivati a quattro partite dalla fine del Campionato, la zona Champions dista solo 3 punti. Se questo non bastasse per rendere giustizia all’incredibile lavoro del tecnico toscano basta guardare le statistiche, nelle quali si può leggere chiaramente come i granata abbiano la terza miglior difesa del campionato (29 reti subite in 34 partite), dietro solo all’Inter (28) e alla Juve (24).

Questo incredibile risultato non è dovuto solo alla definitiva consacrazione di Armando Izzo, col senno di poi il miglior acquisto della sessione estiva, e di Nicolas Nkoulou che, insieme agli alternanti Djidji e Moretti, hanno formato una solida linea a 3, ma anche alla presenza di almeno due mediani davanti alla difesa a fare da schermo.

La manovra offensiva risulta un po’ meno efficace di quella difensiva, probabilmente a causa della mancanza di un regista o di un trequartista capaci di costruire gioco. Questo ruolo è stato affidato principalmante a Iago Falque che in veste di regista offensivo della squadra ha dettato i tempi per buona parte della stagione andando però spesso incontro a problemi fisici. La sua assenza nelle ultime giornate ha dato, però, occasione di emergere ad Alejandto Berenguer, che dal suo arrivo in Italia non era ancora riuscito a ritagliarsi un posto da titolare, anzi finendo spesso arretrato ad esterno a tutta fascia.

Il gran gol al volo segnato domenica al Milan ha dimostrato l’enorme qualità dell’esterno spagnolo che, vicino a Belotti, può diventare il tipo di giocatore che ad inizio stagione Mazzari sperava potesse essere Simone Zaza.

Enrico Izzo


Foto: Lapresse

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Qual è la vera Inter?

La prestazione di domenica sera dell’Inter nella partita contro la Lazio ha messo in mostra tutti i difetti del club meneghino, legati più alla fase di possesso che a quella di ripiegamento. Malgrado il dominio nel possesso palla sia stato favorevole la squadra non è riuscita a capitalizzare la poche palle gol concesse dai capitolini.

Chiaramente l’assenza di una punta di ruolo fra i giocatori a disposizione non ha facilitato il compito di Spalletti.

Non essendo disponibili Icardi e Lautaro Martinez, il ruolo di centravanti è stato affidato a Keità Baldè, che in carriera ha quasi sempre giocato come esterno offensivo. In realtà Keità aveva già ricoperto il ruolo di punta centrale, durante la sua ultima stagione alla Lazio, seppur interpretandolo in maniera diametralmente diversa rispetto agli altri attaccanti a disposizione di Spalletti.

Un giocatore come Keità infatti predilige un lavoro legato all’attacco della profondità. Ciò però non è mai accaduto nel corso della partita per svariati motivi, ma principalmente perché la Lazio non ha mai concesso campo all’Inter. Il vantaggio arrivato dopo solo 12 minuti ha permesso alla retroguardia biancoceleste di non doversi mai scoprire più del dovuto, senza così concedere ripartenze agli avversari. Purtroppo però l’Inter non è riuscita a sfruttare le caratteristiche del senegalese, che non è riuscito ad impattare nessuno dei numerosissimi cross messi in mezzo dagli esterni.

L’incapacità dei giocatori di Spalletti a sviluppare il gioco è evidente a tutti da qualche mese a questa parte, ma le vittorie contro la Spal e quella nel derby con il Milan avevano ridato vita ad un’ambiente che appena una settimana dopo ha dovuto fare i conti con la realtà.

Nonostante il 60% di possesso palla gli attacchi in zona centrale sono stati solo 11 rispetto ai 74 nati dalle fasce (36 da destra e 38 da sinistra). L’utilizzo di Borja Valero come trequartista non ha dato i frutti sperati e anzi ha solo rallentato lo sviluppo delle azioni interiste. L’ingresso di Nainggolan ha dato un po’ di imprevedibilità in più ma non è stato in grado di dare la svolta ad una partita bloccata.

Di contro, la partita giocata contro il Milan aveva messo in evidenza gli aspetti migliori del gioco nerazzurro, come gli inserimenti di Vecino, che inizia l’azione del primo gol e la finalizza con un tap-in sotto porta, o la qualità di Politano che prima serve l’assist per il gol di De Vrij e poi guadagna il rigore del 1-3.  La scarsa continuità della squadra fa porre a tutti la stessa domanda: qual è la vera Inter? La squadra lenta e impacciata vista con la Lazio o quella aggressiva e arrembante vista nel derby?

Nel turno infrasettimanale l’inter avrà la possibilità di rilanciarsi contro il Genoa di Prandelli. In campo si rivedrà finalmente Icardi ma ciò non può far star tranquillo Spalletti, che vedrà la sua squadra dover affrontare una squadra con caratteristiche quasi opposte a quella della Lazio. Infatti se il Genoa dovesse scendere in campo con un 4-4-2 le fasce sarebbero a dir poco intasate dai giocatori in maglia rossoblu.

Se così dovesse essere l’Inter dovrà necessariamente sviluppare il gioco per vie centrali per creare pericoli alla porta difesa da Radu, senza però rinunciare ai traversoni in area di rigore alla ricerca della testa del ritrovato (ex)capitano.

Enrico Izzo