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Thomas Tüchel: storia o disfatta?

Thomas Tüchel è nato il 29 agosto del 1973 a Krumbach, Germania. All’età di 47 anni il tecnico tedesco (della cui carriera da giocatore si hanno poche tracce) è a un passo dalla coppa delle “grandi orecchie”.

Thomas ha vissuto tanti momenti altalenanti prima di godersi questo periodo d’oro con il Chelsea; per cui facciamo un passo indietro e analizziamo il percorso e le scelte del tecnico tedesco.

Tüchel, dopo l’esperimento mal riuscito da giocatore, dedica le proprie attenzioni interamente al ruolo di allenatore. Il tedesco fa gavetta cominciando tra le fila della primavera dell’Augsburg per poi diventare successivamente tecnico ufficiale per sei stagioni al Mainz. I risultati sono positivi, con molteplici salvezze ottenute senza troppi patemi e un clamoroso piazzamento europeo centrato grazie al quinto posto nella stagione 2010/11.

Nella stagione 2014/15 il Mainz di Tüchel totalizza i più che necessari 40 punti e  conquista un buon undicesimo posto, completando un’altra stagione all’insegna della tranquillità totale. Nel mentre, il Borussia Dortmund si piazza solo al settimo posto con 46 punti all’attivo, centrando la qualificazione ai preliminari di Europa League. Jürgen Klopp, allenatore leggendario del BVB, è esonerato al termine della stessa annata. Tra lo scalpore, la gioia e/o la tristezza di qualche anima giallonera, arriva Tüchel. Il c.t. di Krumbach approda così nella Ruhr con l’obiettivo di riportare i gialloneri sul tetto di Germania.

I risultati si intravedono sin dai primi mesi: Tüchel e il suo Borussia debuttano con un roboante successo interno per 4-0 nei confronti del Mönchengladbach. La striscia di vittorie arriva a sette, prima dello stop contro l’Hoffenheim all’ottava giornata, che vale il sorpasso per il Bayern. Al netto di brillanti prestazioni e tre competizioni da sostenere, il Dortmund termina in seconda posizione con 78 punti, a dieci lunghezze dal Bayern Monaco campione con 88. In Europa League anche i risultati sono notevoli: la banda di Tüchel avanza sino ai quarti di finale dove riceve il Liverpool del vecchio amico Klopp.

Un Liverpool in fase “lavori in corso” contro un Borussia in grande spolvero nelle ultime settimane. All’andata termina 1-1 al Signal Iduna Park. Ad Anfield il Liverpool parte con un gran vantaggio del goal marcato in trasferta ma ciononostante incassa prontamente, dopo nemmeno otto minuti, due reti. Se al 65’ il parziale dice 1-3 in favore dei tedeschi, le reti di Coutinho (66’), Sakho (78’) e Lovren (92’) firmano una clamorosa rimonta e consentono ai Reds il passaggio del turno. Dopo la cocente delusione in ambito europeo, il Dortmund perde anche la finale di Deutscher Pokal contro gli arci-rivali del Bayern ai rigori.

Il Dortmund visto nella stagione 2015/16 è un’altra storia rispetto a quello della precedente annata, ma i trofei tardano ad arrivare malgrado gli ottimi risultati e i tanti miglioramenti conseguiti.

Nella stagione 2016/17 arriva la svolta. Tüchel alza il primo trofeo in carriera e il Dortmund dopo anni di buio totale ritorna a sollevare la Deutscher Pokal, sconfiggendo in finale l’Eintracht Francoforte per 1-2. Ma il trofeo che conta, la Bundesliga, rimane un miraggio contro un Bayern troppo più forte ed incisivo nei momenti cruciali.

Per questa ragione, Tüchel viene esonerato e il Dortmund tra Peter Bosz e Lucien Favre non vincerà neppure un trofeo in quattro anni, eccetto una Supercoppa proprio contro il Bayern Monaco (2-0) e una Deutscher Pokal vinta recentemente con Edin Terzic allenatore.

Tüchel da fresco esonerato (tra mille polemiche e molta sorpresa) acquisisce una pessima reputazione in Germania e non solo. Forse per questa motivazione riposa per un anno, per poi riprendere alla guida del Psg agli albori del 2018/19.

Un arrivo inatteso perché non si sarebbe mai pensato che il Psg prelevasse proprio Tüchel, vedendo Ancelotti, Mourinho e Zidane sul mercato. Ma anche a Parigi le cose non si concluderanno nel migliore dei modi. Egli terminerà la propria esperienza in Francia nel dicembre 2020, quando si dimetterà nel corso della stagione. In due stagioni e mezzo, il tecnico alemanno porterà a Parigi due campionati (dominati), un “quadruple” nel 2019/20 (campionato, Coupe de Ligue, Coupe de France e Trophée des Champions) e una finale di Champions League, persa in Agosto ancora una volta contro il Bayern.

I motivi delle dimissioni dell’ex manager del BVB sono sconosciuti: alcuni ipotizzano ci sia stata una lite con i giocatori e la dirigenza (Leonardo, Neymar e Mbappé su tutti), altri che sia stata una scelta personale, altri ancora che alcune dichiarazioni rilasciate ad un’emittente transalpina non siano piaciute al patron sceicco Al-Khelaifi.

Ma la panchina non tarda ad arrivare, e Thomas riprende la guida del timone, cambiando ancora Paese, trasferendosi in Inghilterra. Il Chelsea sostituisce Lampard a stagione in corso e si ritrova in decima posizione, lontanissimo dalla Champions e già fuori dalla Carabao Cup. Anche in quest’occasione l’arrivo di Tüchel non è assolutamente ben visto: tutti già recriminano la scelta di Abramovich di aver cacciato Lampard, tra cui perfino personaggi illustri come Guardiola e Klopp.

Ma con Tüchel, senza minime aspettative, la storia cambia: trascinato da un Werner ritrovato, un Mount più forte e finalmente il miglior Kanté, i Blues conquistano un’inattesa finale di Champions (eliminando con un secco 2-0 il Real di Zidane) e una finale di Fa Cup, persa sabato 1-0 contro il Leicester. Tüchel detiene un record negativo nelle finali ma ora si gioca la seconda, e chissà, forse ultima chance di vincere la Champions. Giocherà contro un avversario incontrato già due volte tra Fa Cup e Premier e battuto in ambedue le occasioni: il Manchester City di Guardiola, proprio colui che si “rifiutava” di accettare che Lampard fosse esonerato.

Può essere lo spartiacque di una carriera per un allenatore sfortunato ma straordinario al contempo. Ma il bello dello sport sta proprio in questo, ossia nel non sapere come va a finire.

Walter Izzo

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L’Europa non è mai stata così British 

Le finali delle Coppe Continentali Europee di questa edizione hanno visto le qualificazioni di soli club inglesi, Chelsea e Arsenal per l’Europa league e Liverpool e Tottenham per quanto riguarda la Champions League.

La finale tutta londinese tra i Blues e i Gunners è andata in scena mercoledì sera a Baku e ha visto i ragazzi di Sarri imporsi per 4-1 sull’Arsenal di Emery, che dopo un primo tempo equilibrato è crollato sotto i colpi di Hazard e compagni.

Il Chelsea è sceso in campo con il solito 4-3-3, marchio di fabbrica delle squadre di Sarri, con Jorginho regista e Kovacic e Kante come mezzali a supporto del tridente offensivo formato da Hazard, Pedro e Giroud, preferito a Higuain.

Le scelte di Emery hanno invece portato l’Arsenal a schierarsi con un 3-4-1-2 formato dai tre centrali Koscielny, Sokratis e Nacho Monreal, supportati dagli esterni Maitland-Niles e Kolasinac che, insieme agli interni Xhaka e Torreira formavano la linea a 4 dei centrocampisti. Per quanto riguarda l’attacco Lacazette e Aubameyang si muovevano davanti ad Ozil.

Il primo tempo ha regalato poche azioni da gol e ha visto il Chelsea difendere molto basso lasciando l’iniziativa all’Arsenal, ma il baricentro basso degli uomini di Sarri infatti non lasciava spazio per i movimenti in profondità dei due rapidissimi centravanti avversari.

Non trovando spazi quindi in zona centrale, data anche la scarsa forma mostrata da Ozil, l’Arsenal ha concentrato i suoi attacchi nella zona destra del campo, affidandosi alle sgroppate di Maitland-Niles che più di una volta ha messo in difficoltà Emerson Palmieri, laterale sinistro della difesa Blues, senza però mai risultare veramente efficace.

L’occasione più grande per i Gunners è al ventottesimo minuto quando Granit Xhaka scarica un potentissimo destro da fuori che scheggia la traversa e vola alto.

Durante il primo tempo il Chelsea si era limitato a gestire il pallone e, nonostante fosse andato vicino al gol con Giroud al 37° minuto, aveva dato l’impressione di una squadra un po’ sulle gambe, almeno a confronto con gli avversari.

Nel secondo tempo però al Chelsea sono bastati appena 16 minuti per indirizzare la partita a suo favore segnando tre reti e mettendo in ginocchio gli avversari. Il primo gol è arrivato da un possesso palla prolungato che, una volta arrivato sull’out sinistro è stato scodellato in mezzo da Emerson Palmieri e raccolto con una torsione da fuoriclasse da Giroud che anticipa Koscielny e beffa Cech. Il secondo gol arriva sempre dalla stessa fascia grazie ad un gran lavoro centrale di Kovacic che serve Hazard sulla sinistra, il quale la mette in mezzo e trova il sinistro chirurgico di Pedro che firma il 2 a 0. Il rigore del 3 a 0, guadagnato da Giroud e trasformato da Hazard, sembrava aver chiuso la partita ma dopo solo quattro giri d’orologio arriva la risposta di un Arsenal mai domo che prova a rientrare in partita con un gol capolavoro di Alex Iwobi che da fuori area colpisce al volo e non lascia scampo a Kepa Arrizabalaga. Purtroppo per la squadra di Emery il consequente sbilanciamento alla ricerca del secondo gol porta al quasi immediato poker del Chelsea che in contropiede chiude la partita grazie alla doppietta di Eden Hazard. A risultare decisivo alla fine è stato sicuramente l’estro dell’esterno belga, alla sua ultima partita in maglia blu, che nel secondo tempo con due gol e un assist ha trascinato la sua squadra alla vittoria.

La qualità e l’intensità viste nella partita di ieri sono lo spot migliore per la finale di Champions, in programma per domani sera alle 21 a Madird, che vedrà altre due squadre inglesi darsi battaglia.

Il Liverpool si gioca tutta la stagione con questa partita, avendo perso il campionato per un solo punto ha solo questa possibilità per non finire la stagione a zero titoli. La sconfitta nella finale dello scorso anno dovrebbe aver dato alla squadra una maggiore maturità, inoltre la strabiliante vittoria contro il Barcellona nelle semifinali rende il Liverpool la squadra favorita per la vittoria finale. Il 4-3-3 di Klopp punta sulla superiorità tecnica a centrocampo e sulla straordinaria velocità delle sue ali per mettere in difficoltà gli avversari.

Il Tottenham invece si presenta per la prima volta in finale di questa competizione e sicuramente non arriva con il favore del pronostico.

Questo però non è stato un problema per gli uomini di Pochettino che non erano considerati i favoriti nemmeno contro il Manchester City o contro l’Ajax, invece hanno stupito tutti fornendo delle stupende prestazioni in trasferta. Il secondo tempo del ritorno delle semifinali ha dato dimostrazione di quale sia il potenziale offensivo di questa squadra. E attenzione perché capitan Harry Kane ha recuperato e siederà in panchina, pronto per subentrare e provare a scrivere la storia del suo club.

Enrico Izzo

 

Fra incubo e sogno

“Il fatto che festeggino uno 0-0 la dice lunga”

Con queste parole Virgil Van Dijik, leader difensivo dei Reds, commentava il pareggio per 0-0 nel derby del Merseyside fra Everton e Liverpool, partita valida per la 29° giornata di Premier League.

Parole forse un po’ troppo presuntuose e prive di lungimiranza, considerando che quel pareggio è stato l’ultima partita non vinta dalla squadra di Klopp, per la precisione il 3 Marzo.

Da quel momento in poi in campionato sono arrivate 9 vittorie consecutive, che però non si sono rivelate sufficienti per riportare il titolo a Liverpool dopo quasi trent’anni di attesa.

In pochi giorni Anfield è passato da essere il teatro di una rimonta pazzesca contro una delle squadre più forti d’Europa, ad essere lo scenario dell’ennesima sconfitta in patria.

Nonostante i 18 titoli complessivi e il fatto che in ambito europeo risulti essere una delle formazioni più vincenti di sempre, con 5 Coppe Campioni in bacheca, il Liverpool da una decennio a questa parte è entrato in una crisi di risultati che questa stagione sembrava destinata a spezzare.

Nel 2014, dopo un campionato strepitoso, il Liverpool di Rodgers vede il titolo sfumare via proprio ad Anfield per mano del Chelsea di Mourinho che, sfruttando la tragica quanto famosa caduta di Gerrard, spegne i sogni di gloria di un’intera città.

Anche in quel caso ad approfittare delle mancanze del Liverpool fu il Manchester City di Manuel Pellegrini.

Le annate successive sono di assestamento dopo la dolorosa cessione di Luis Suarez al Barcellona ma con l’arrivo di Jurgen Klopp la squadra inizia a risollevarsi arrivando anche in finale di Europa League. Purtroppo in finale la superiorità del Siviglia non ha fatto che aggiungere un’altra cocente sconfitta alla serie negativa degli inglesi iniziata  dopo la clamorosa rimonta nella finale di Champions League a Istanbul contro il Milan.

La conferma dell’ottimo lavoro di Klopp arriva con la conquista della finale di Champions nella stagione passata, culminata purtroppo anche in questo caso con una sconfitta, stavolta per mano del Real Madrid.

Quest’anno in finale di Champions il Liverpool ci è tornato,e ci è tornato non più da outsider poco quotato, ma come la favorita nella finalissima tutta britannica contro i londinesi del Tottenham, finiti ben 26 punti sotto in campionato. Margine che non dovrebbe lasciare  dubbi sul futuro vincitore, se non fosse che gli Spurs sono gli stessi che hanno eliminato Il terribile Manchester City, limando un dislivello, in quel caso, di ben 27 punti.

Con questi presupposti e questa storia il Liverpool dovrà fare i conti a Madrid il primo di Giugno, giocando contro il destino per cancellare i vecchi incubi e vivere una notte da sogno.

Enrico Izzo


Il video dello “scivolone” dell’allora capitano Stevan Gerrard -> https://www.youtube.com/watch?v=AbMhkdKZSgQ

Il Torino fa sul serio

La vittoria di domenica sera, per 2 a 0 ai danni del Milan, ha rilanciato il Torino di Walter Mazzarri in classifica, che a questo punto della stagione può permettersi di puntare alla qualificazione per la prossima Champions League.

L’arrivo di Mazzarri sulla panchina del Torino nel Gennaio del 2018 aveva dato una scossa ad un gruppo che sembrava non seguire più Sinisa Mihaijlovic, allora tecnico dei granata. In quella stessa stagione, però, l’ex allenatore del Napoli non riuscì a portare il club sopra il nono posto in campionato, ma tanto bastò per ottenere la conferma per la stagione successiva da parte del presidente Urbano Cairo.

La decisione di confermare Mazzarri ha portato inevitabilmente ad una rivoluzione tattica e finanziaria.

La sessione di mercato estiva è a dir poco frenetica e vede la società torinese attiva sul fronte acquisti tanto quanto su quello cessioni. Vengono ceduti Barreca, Lijaic, Niang, Obi e Acquah, oltre agli svincolati Burdisso e Molinaro, per essere rimpiazzati con giocatori più adatti ad un modulo come il 3-5-2.

In particolar modo vengono integrati in gruppo giocatori in grado di giocare a tutta fascia come Parigini od Ola Aina abbinati a centrocampisti di quantità come Meitè e il rientrante Lukic, reduce da un prestito al Levante.

Le punte di diamante, o presunte tali, arrivano a fine Agosto con lo sbarco nel capoluogo piemontese di due figliol prodighi del calcio italiano: Roberto Soriano e Simone Zaza. I due arrivano rispettivamente dal Villareal e dal Valencia, dove, in particolare Zaza, avevano in un primo momento fatto sognare i tifosi iberici salvo poi farli ricredere in breve tempo.

La corte di Mazzarri sembrava essere il luogo perfetto per la rinascita dei due, poiché Soriano risulta essere l’uomo con piu qualità nel centrocampo granata dedito quindi a fare da collante fra attacco e mediana. Il profilo di Zaza sembrava essere perfetto per ricoprire il ruolo di mezzapunta alle spalle di Belotti: aggressivo, mobile e, soprattutto, mancino.

Purtroppo l’inserimento dei due non è stato così immediato come si poteva pensare e anzi entrambi hanno visto la prima parte della stagione dalla panchina. Soriano si è rivelato a tutti gli effetti un pesce fuor d’acqua nello scacchiere di Mazzarri, mentre invece Zaza non è stato all’altezza delle prestazioni fornite da Iago Falque.

Nonostante un inizio di campionato non proprio facile il rendimento del Toro è stato costante e adesso, arrivati a quattro partite dalla fine del Campionato, la zona Champions dista solo 3 punti. Se questo non bastasse per rendere giustizia all’incredibile lavoro del tecnico toscano basta guardare le statistiche, nelle quali si può leggere chiaramente come i granata abbiano la terza miglior difesa del campionato (29 reti subite in 34 partite), dietro solo all’Inter (28) e alla Juve (24).

Questo incredibile risultato non è dovuto solo alla definitiva consacrazione di Armando Izzo, col senno di poi il miglior acquisto della sessione estiva, e di Nicolas Nkoulou che, insieme agli alternanti Djidji e Moretti, hanno formato una solida linea a 3, ma anche alla presenza di almeno due mediani davanti alla difesa a fare da schermo.

La manovra offensiva risulta un po’ meno efficace di quella difensiva, probabilmente a causa della mancanza di un regista o di un trequartista capaci di costruire gioco. Questo ruolo è stato affidato principalmante a Iago Falque che in veste di regista offensivo della squadra ha dettato i tempi per buona parte della stagione andando però spesso incontro a problemi fisici. La sua assenza nelle ultime giornate ha dato, però, occasione di emergere ad Alejandto Berenguer, che dal suo arrivo in Italia non era ancora riuscito a ritagliarsi un posto da titolare, anzi finendo spesso arretrato ad esterno a tutta fascia.

Il gran gol al volo segnato domenica al Milan ha dimostrato l’enorme qualità dell’esterno spagnolo che, vicino a Belotti, può diventare il tipo di giocatore che ad inizio stagione Mazzari sperava potesse essere Simone Zaza.

Enrico Izzo


Foto: Lapresse