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Una donna alla guida degli S&D

“Nelle ultime settimane ho avuto scambi con molti di voi e siamo tutti d’accordo: dobbiamo fornire ai cittadini risposte ferme e innovative in questo momento cruciale per il progetto europeo e per la nostra famiglia politica, la socialdemocrazia europea” sono le parole di Iratxe García Pérez, classe ’74, spagnola, una grande esperienza politica e soprattutto all’interno del gruppo socialista in Spagna.

Per la seconda volta, in 20 anni, è una donna a guidare la presidenza S&D in Europa. David Sassoli ha proposto l’elezione per acclamazione all’assemblea del gruppo.

“Da quando è stata creata l’Unione Europea non è stata mai così tanto minacciata come oggi – ha aggiunto -, negli ultimi anni abbiamo assistito all’emergere di partiti populisti, eurofobi, xenofobi e di estrema destra che stanno facendo riemergere i peggiori fantasmi del nostro passato”.

García ha una visione di europa progressista ma soprattutto pone al primo posto gli errori del gruppo S&D: un gruppo che è stato assente per le classi più deboli soprattutto nell’affrontare le risposte alla crisi economica. Le sue parole puntano a un’azione politica che possa seguire azioni sociali per i cittadini europei.

Il messaggio che lancia parla di azioni concrete, di aver realizzato le disuguaglianze dovute alla globalizzazione e finalmente ricerca risposte valide e coerenti a riguardo.

A fine discorso conclude dicendo che: “Ci spetta un ruolo di primo piano nell’innescare i processi di cambiamento necessari e dobbiamo rimanere al servizio dei cittadini per garantire standard sociali più equi, combattere i cambiamenti climatici, proteggere e migliorare i diritti dei lavoratori in un’economia sostenibile, ed essere un faro di libertà e democrazia per il mondo.”

Inoltre il gruppo S&D sta insistendo per il proprio spizenkandidat, nonostante la posizione di svantaggio per il proprio nome Frans Timmermans, sottolinea quanto il metodo debba essere applicato per l’elezione del presidente della Commissione UE. La presidentessa sottolinea quanto il parlamento e in particolare il gruppo S&D sia concentrato sulla riuscita della metodologia spizenkandidat, il rischio è che questo stallo all’interno del Consiglio nel decidere il nome possa portarsi anche dentro il parlamento europeo senza una maggioranza schiacciante.

Durante la sua carriera politica vediamo una donna che è concentrata su due tematiche estremamente progressiste: membro fondamentale nell commissione dei diritti delle donne e soprattutto lo sviluppo regionale nella commissione REG.

Convergenza economica e parità di genere, basi fondamentali delle famiglie socialiste che ci raccontano quanto questa donna possa rappresentare a pieno le battaglie più difficili per la nostra Europa.

Per concludere la sua grande sensibilità per il settore agroalimentare e per le esigenze dei paesi mediterranei come l’Italia la rendono una presidentessa resiliente in materie delicate per il proprio (Spagna) e il nostro paese.

Un grande augurio a una famiglia europea socialista più unita, più donna e più innovativa!

Giulia Olivieri

 

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In due è amore, in tre è una festa, in 27/28 è quasi un rave!

“In due è amore, in tre è una festa”, cantava così “Lo stato sociale”, cantava così anche la squadra Conte – Salvini – Di Maio prima che iniziassero a ballare un po’ di meno.

Poi l’UE ha aggiunto: “In due è amore, in tre è una festa, in 27/28 è quasi un rave!” peccato che a noi non ci abbia invitato nessuno. Elezioni europee, Salvini definisce una grande vittoria, Di Maio ne parla poco e niente, Conte decide di fare una ramanzina in comunicato stampa nazionale ricordando un po’ a tutti che comunque lui esiste.

Situazione bizzara però è quella che viene, quella che evolve e quella che racconta in realtà il seguito dell’entusiasmo alle elezioni europee.

Come mai?

Sembra strano ma per ora la festa italiana all’interno dei tavoli europei è più o meno out: gli invitati sono tanti ma i partecipanti quasi zero.
I due hanno di sicuro l’ansia da prestazione pre-party, controllando di continuo il profilo facebook e sussurrandosi mosse astute per far mettere partecipo: nonostante i palloncini promessi e l’alcool in abbondanza non vi è nessuno nella lista di chi verrà alla festa.

Ieri sera nessun italiano presente al tavolo: il potere comunitario non è preso in considerazione da nessuno di noi.

Eccoli i magnifici sei che aprono i giochi: Pedro Sanchez e Antonio Costa (capi dei governi socialisti di Spagna e Portogallo), per i Popolari il croato Andrej Plenkovic e il lettone Krisjanis Karins, il premier belga Charles Michel e il collega olandese Mark Rutte per i Liberali.

– E litalia? –

Le famiglie politiche che governeranno l’Europa sono popolari, socialisti e liberali.

I nostri partiti di maggioranza sono la Lega e M5S ma parlamento europeo i nostri due partiti andranno in gruppi di minoranza. E anche piuttosto malmessi o tutti ancora da definire.
Di Maio ha ricevuto un buon numero di porte in faccia e Salvini non le ha nemmeno pensate gongolandosi all’interno di una dimensione di felicità mista a surrealismo.

La tappa fondamentale, per arrivare alle nomine UE, sarà quella del Consiglio Europeo del 20 e 21 giugno, che potrebbe non essere però risolutivo, tanto che già sono in (possibile) agenda altri prima della plenaria dell’Europarlamento che il 2 luglio, a Strasburgo, dovrebbe eleggere il nuovo presidente dell’Aula.

Per adesso l’unica nostra speranza è un possibile commissario UE (che è diverso dalla nomina del presidente del Consiglio, piccolo reminder per Di Maio, poi ripassiamo l’articoletto insieme).

Conte nel Consiglio d’Europa naturalmente c’è, ma senza potere non avendo una famiglia politica in Europa su cui poggiarsi.

La copertina dell’Espresso oggi parla chiaro: ITALIA GAME OVER.

Paralizzati da una crisi politica fortissima e vicini a una procedura di infrazione insieme a un non potere all’interno delle istituzioni, nulla ci può salvare oltre che la consapevolezza di far parte di un gioco più grande del nostro.
La presunzione, però, vige e regna sovrana, nessuno può pensare di poter distruggere queste logiche e fino a quando i nostri vertici penseranno che stare soli è l’unica nostra mossa sensata, ci ritroveremo a calare a picco lentamente.

Giulia Olivieri

 

La Strillettera Europea: procedure d’infrazione fantastiche e dove trovarle

Secondo il Human Development Report OCSE del 2009, circa il 47% degli italiani sono considerabili analfabeti funzionali, cioè non sono in grado di leggere e comprendere un testo in maniera appunto funzionale, privi di qualsiasi approccio critico e capacità di analisi del testo. Fintanto che le persone non sanno leggere gli orari dell’autobus o utilizzare un computer i danni, seppur presenti, risultano limitati.

La grande problematicità dell’analfabetismo funzionale emerge qualora si debba poi decifrare una notizia di rilevanza politica a ridosso delle elezioni. Senza spirito critico dell’informazione e una capacità di piena comprensione, la possibilità di essere tratto in inganno e in errore è molto più alta.

Peggio sarebbe se casi di analfabetismo funzionale si trovassero al governo o ai vertici di potere.

“Tutti gli ultimi anni, con la cura Monti, la cura Letta, la cura Renzi, la cura Gentiloni, la cura dei tagli e delle chiusure, dimostrano l’esatto contrario: il debito è cresciuto. Noi vogliamo fare quello che gli italiani ci chiedono di fare, ridurre le tasse

(Matteo Salvini a Otto e mezzo, 5 giugno 2019)

Nel 2017 l’indebitamento netto delle Amministrazioni Pubbliche (-39.691 milioni di euro) è stato pari al 2,3% del Pil, in diminuzione di circa 1,9 miliardi rispetto al 2016 (-41.638 milioni di euro, corrispondente al 2,5% del Pil)”

(Dati ISTAT)

E le cifre sono queste: nel 2018 il debito è stato pari al 132,2%, rispetto al 131,4% del 2017, nel 2019 si attesterà al 133,7% e nel 2020 raggiungerà il 135,2%.”

(Il Sole24ore)

Il 29 maggio 2019 sulla scrivania del Ministro dell’Economia Giovanni Tria si è presentata una lettera molto dura da parte della Commissione Europea. Da molti nel mondo di Harry Potter potrebbe essere definita quasi una strillettera che sostengono avesse più o meno questa intenzione:

“Giovanni Tria! Come hai osato infrangere le regole sul disavanzo? Siamo veramente disgustati. Ora in Europa l’Italia sarà sottoposta ad un’inchiesta e sarà tutta colpa tua. Se farai un altro passo falso noi ti riporteremo la Troika a casa.”

Probabilmente non è esattamente così che il Ministro l’ha analizzata, anche se è plausibile che egli al momento della consegna della lettera sia rimasto seduto sulla sua scrivania, chiedendosi a cosa stesse pensando nel momento in cui ha accettato l’incarico lo scorso anno.

Nella lettera, il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis e il commissario dell’economia Pierre Moscovici puntualizzano la necessità per l’Italia di mantenere gli impegni presi nei trattati e in particolare si rifanno all’articolo 126 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Il suddetto articolo sentenzia che se uno Stato membro non rispetta i requisiti previsti da uno o entrambi i criteri menzionati, la Commissione prepara una relazione.

Questa è per adesso l’azione dell’Europa: preparare una relazione sull’andamento economico dell’Italia in quanto Paese Membro per valutarne le politiche prossime. Tale relazione, inoltre, tiene conto anche dell’eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e tiene conto di tutti gli altri fattori significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro. Alla fine di tale relazione, l’Unione Europea valuta se il suddetto Stato Membro è passibile di procedura di infrazione, nella quale sarebbe limitato nelle sue scelte economiche e costantemente monitorato dagli organi di vigilanza per assicurare il rientro del debito.

Il 5 giugno la Commissione ha valutato giustificabile la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia e ha deciso di rimettere al giudizio finale del Consiglio di Economia e Finanza (ECOFIN) la decisione sull’eventuale procedura di infrazione. La discussione avrà la sua soluzione nella sessione dell’8 e 9 luglio, quando si deciderà se effettivamente tale procedura avrà luogo. Il dossier è dunque passato ai singoli rappresentanti dei governi degli Stati Membri che decideranno il futuro della terza potenza economica europea. Tale procedura non è mai stata avviata e l’iter sarebbe di circa 2-3 anni, nei quali il Paese attraverserebbe varie fasi con l’obiettivo di ridurre il suo deficit e rientrare nei parametri europei.

Le misure sarebbero molto più stringenti e riguarderebbero sia tempistiche che modalità degli interventi, con grave rischio di una maggiore tassazione e dei tagli a politiche sociali, fino ad un taglio dei fondi strutturali europei. Fondi che al momento consistono in un grande apporto all’economia italiana.

Ora il punto è che la lettera è arrivata ma non è chiaro se sia stata effettivamente compresa.

Di Maio utilizza la carta E allora il PD?” e rigetta sul Partito Democratico la colpa dell’eccessivo debito. “Quota 100 e pensioni d’oro non si toccano” (Zingaretti non ci sta e rilancia “Questo è un capolavoro del governo”, in un improvviso e sorprendente slancio di amor proprio).

Salvini rimane fermo sull’idea dell’Europa da rivedere e sulla flat tax: “L’unico modo per ridurre il debito creato in passato è tagliare le tasse (Flat Tax) e permettere agli Italiani di lavorare di più e meglio”. La speranza risiede nell’intervento dei Sovranisti a cambiarne le regole, sebbene probabilmente saranno proprio quelle forze sovraniste a supportare la procedura d’infrazione, così come fatto in precedenza dal leader ungherese Orban.

Non si capisce esattamente se Di Maio e Salvini stiano parlando della stessa cosa. La lettera è sbagliata perché si riferisce al PD e quindi il Governo gialloverde è salvo oppure si riferisce al Governo gialloverde e quindi l’Europa sbaglia perché critica le scelte del governo?

Probabilmente il problema risiede nell’incapacità di capire cosa effettivamente sia richiesto dalla Commissione Europea o nella volontà di ignorare volontariamente qualsiasi altro punto di vista. Sembra effettivamente di dialogare con un grave caso di analfabetismo funzionale a livello governativo.

Sono sicuro che a Bruxelles rispetteranno questa volontà”.

Ecco, qui sta il punto: Bruxelles probabilmente non è d’accordo su nessuno dei punti del governo. Difficile credere che la lettera della Commissione si riferisca al debito del governo precedente, come se la lettera fosse una cartolina perduta tra servizi postali e pervenuta solo tempo dopo. Non avrebbe senso far partire una procedura d’infrazione sulle politiche di questo governo se fossero considerate positive dall’Unione. Per adesso alla Commissione Europea serve capire l’intenzione dell’Italia sul suo stato economico, dal momento che per un Paese con un tale disavanzo l’idea di adottare politiche di taglio delle tasse e spesa pubblica sulle pensioni non risulta il metodo più efficace per ridurre il debito.

La speranza è trovare un punto di compromesso  tra Italia e Commissione per evitare pesanti sanzioni che potrebbero in qualche modo peggiorare la situazione italiana che, a quel punto, non avrebbe più modo di scegliere autonomamente come ha fatto sin’ora la propria politica. Perché sì, di libertà ne ha avuta per circa vent’anni di Berlusconismo e di indebitamento spropositato di cui, stranamente, nessuno ricorda nulla.

Ma chi probabilmente soffre davvero in tutto ciò rimane il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ci ha provato ma non sembra aver ottenuto i risultati sperati. Ha indetto anche una conferenza Lunedì per provare a rimettere insieme i pezzi di un governo che ogni volta che apre bocca riesce a far salire lo spread di un’infinità di punti e sembra ostacolare ogni suo sforzo di pacificazione con l’Unione.

Intanto lui vola a Bruxelles, verso incontri istituzionali, con Tria accanto e lo sguardo perso nei sogni sul finestrino, chiedendosi di tanto in tanto se ci sia tanta differenza tra lo stipendio del Presidente del Consiglio e quello dell’allenatore della Roma.

Matteo Caruso


Sitografia:

Spitzenkandidaten: aspetta… cosa?

Elezioni europee alle porte: siamo sicuri di doverci concentrare solo sui nostri parlamentari europei? Quest’anno la nostra sfida è anche quella di veder nascere una nuova commissione europea. Come? Forse con un metodo del tutto innovativo, o quasi. 

Lo Spitzenkandidaten è un sistema utilizzato per eleggere il presidente della Commissione europea ogni 5 anni attraverso l’articolo 17.7 del TFUE.

Senza scendere in particolari tecnicismi, il metodo dello Spitzenkandidaten è una interpretazione dei trattati europei, non ha valore giuridico (ovvero sui trattati non vi è scritto che questa è la modalità di elezione del presidente della commissione) ma è una metodologia decisa in seduta comune tra Consiglio e Parlamento nel 2014. Per questo, Jean-Claude Juncker è l’unico presidente della Commissione Europea ed il primo ad essere stato eletto con il metodo dello Spitzenkandidaten.

Le discussioni sul deficit democratico, in particolar modo dopo la crisi del 2008, ha iniziato ad affliggere il contesto europeo: quanto le istituzioni si possono definire trasparenti e alla portata di tutti? Per quale motivazione un ruolo così fondamentale come quello della presidenza della Commissione non è argomento per i cittadini europei?

All’interno di un contesto già difficile: come poter dimostrare al popolo europeo che questa democrazia ha un senso? 

In realtà la rivoluzione sta nel considerare la democrazia rappresentativa fulcro democratico: nel momento in cui i cittadini europei eleggono il parlamento europeo indirettamente stanno “delegando” la propria rappresentanza.

Solitamente, tramite l’articolo 17.7 il Consiglio propone un nome all’interno dei Parlamento europeo che deve essere confermato da Consiglio e Parlamento stesso per diventare presidente della commissione.

Il nuovo “metodo” semplicemente permette a ogni partito di definire un nome all’interno del proprio gruppo che segue le caratteristiche del partito europeo e si definisce come la persona migliore all’interno secondo la volontà del partito stesso.

Secondo l’Eurobarometro pubblicato lo scorso dicembre, il sostegno dei cittadini europei al metodo degli Spitzenkandidaten è molto forte: circa il 63% degli intervistati ritiene che darebbe maggiore legittimità alla Commissione europea, mentre per il 67% rappresenta un progresso significativo della democrazia nell’Ue

In questo modo, ogni partito può definire il proprio candidato e lo porta davanti il Consiglio: questo responsabilizza il partito a scegliere realmente qualcuno che secondo loro ha le caratteristiche per questo ruolo così importante e allo stesso tempo diffonde il senso del presidente della commissione. La partecipazione alla visione dell’Europa è stata maggiore perché i cittadini per la prima volta si sono trovati a seguire un dibattito sovranazionale, ma allo stesso tempo vicino a loro.

Le critiche al sistema sono in ogni caso molte, specialmente con la commissione di Juncker: è giusto che venga politicizzato il ruolo della Commissione che rappresenta per definizione la volontà sovranazionale dell’UE?

Da una parte la democrazia rappresentativa si mostra come un ruolo importante all’interno dell’UE, dando così la possibilità a ogni partito di definire una persona, ma allo stesso tempo questo comporta tutto ciò che vi è dietro una campagna elettorale.

I dibattiti e i confronti tra i candidati dello Spitzenkandidaten aiutano la visibilità europea all’interno di un contesto di elezioni e permette anche ai cittadini stessi di sentirsi parte di questa dimensione: “mi affeziono a un candidato, lo legittimo perché ho legittimato il mio partito europeo e quindi mi sento vicino alla commissione europea”. 

Vi è quindi questa dualità: da una parte infatti il parlamento ha affermato in una dichiarazione pubblica che non accetterà nessun candidato che non faccia parte della scelta dello Spitzenkandidaten, soltanto partiti minori hanno deciso di non proporre un nome perché sanno indirettamente che il loro candidato ha poche possibilità di elezione. Questo sistema infatti è stato un grande desiderio dei due partiti più storici e grandi del parlamento europeo: gli EPP e gli S&D. Dall’altra vi è la possibilità che grazie alla visione intergovernativa del Consiglio l’idea di una commissione più politica non sia piaciuta così tanto agli stati membri e questo comporterebbe la possibilità al consiglio di scegliere un nome tra i parlamentari europei ma che non sia un candidato Spitzenkandidaten.

Le dinamiche europee, in particolare con questo metodo, sono cruciali: per la prima volte queste elezioni possono permettere di creare una vera e propria collisione tra il Parlamento e il Consiglio e mettere in discussione il valore della rappresentanza democratica.

I candidati continuano le loro campagne ma è tutto un gioco a carte coperte: sarà il Consiglio a prevalere sulla propria idea e combatterà la possibilità di una commissione “più politica” o il Parlamento confermerà l’idea di europea più democratica.

Giulia Olivieri