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Spitzenkandidaten: aspetta… cosa?

Elezioni europee alle porte: siamo sicuri di doverci concentrare solo sui nostri parlamentari europei? Quest’anno la nostra sfida è anche quella di veder nascere una nuova commissione europea. Come? Forse con un metodo del tutto innovativo, o quasi. 

Lo Spitzenkandidaten è un sistema utilizzato per eleggere il presidente della Commissione europea ogni 5 anni attraverso l’articolo 17.7 del TFUE.

Senza scendere in particolari tecnicismi, il metodo dello Spitzenkandidaten è una interpretazione dei trattati europei, non ha valore giuridico (ovvero sui trattati non vi è scritto che questa è la modalità di elezione del presidente della commissione) ma è una metodologia decisa in seduta comune tra Consiglio e Parlamento nel 2014. Per questo, Jean-Claude Juncker è l’unico presidente della Commissione Europea ed il primo ad essere stato eletto con il metodo dello Spitzenkandidaten.

Le discussioni sul deficit democratico, in particolar modo dopo la crisi del 2008, ha iniziato ad affliggere il contesto europeo: quanto le istituzioni si possono definire trasparenti e alla portata di tutti? Per quale motivazione un ruolo così fondamentale come quello della presidenza della Commissione non è argomento per i cittadini europei?

All’interno di un contesto già difficile: come poter dimostrare al popolo europeo che questa democrazia ha un senso? 

In realtà la rivoluzione sta nel considerare la democrazia rappresentativa fulcro democratico: nel momento in cui i cittadini europei eleggono il parlamento europeo indirettamente stanno “delegando” la propria rappresentanza.

Solitamente, tramite l’articolo 17.7 il Consiglio propone un nome all’interno dei Parlamento europeo che deve essere confermato da Consiglio e Parlamento stesso per diventare presidente della commissione.

Il nuovo “metodo” semplicemente permette a ogni partito di definire un nome all’interno del proprio gruppo che segue le caratteristiche del partito europeo e si definisce come la persona migliore all’interno secondo la volontà del partito stesso.

Secondo l’Eurobarometro pubblicato lo scorso dicembre, il sostegno dei cittadini europei al metodo degli Spitzenkandidaten è molto forte: circa il 63% degli intervistati ritiene che darebbe maggiore legittimità alla Commissione europea, mentre per il 67% rappresenta un progresso significativo della democrazia nell’Ue

In questo modo, ogni partito può definire il proprio candidato e lo porta davanti il Consiglio: questo responsabilizza il partito a scegliere realmente qualcuno che secondo loro ha le caratteristiche per questo ruolo così importante e allo stesso tempo diffonde il senso del presidente della commissione. La partecipazione alla visione dell’Europa è stata maggiore perché i cittadini per la prima volta si sono trovati a seguire un dibattito sovranazionale, ma allo stesso tempo vicino a loro.

Le critiche al sistema sono in ogni caso molte, specialmente con la commissione di Juncker: è giusto che venga politicizzato il ruolo della Commissione che rappresenta per definizione la volontà sovranazionale dell’UE?

Da una parte la democrazia rappresentativa si mostra come un ruolo importante all’interno dell’UE, dando così la possibilità a ogni partito di definire una persona, ma allo stesso tempo questo comporta tutto ciò che vi è dietro una campagna elettorale.

I dibattiti e i confronti tra i candidati dello Spitzenkandidaten aiutano la visibilità europea all’interno di un contesto di elezioni e permette anche ai cittadini stessi di sentirsi parte di questa dimensione: “mi affeziono a un candidato, lo legittimo perché ho legittimato il mio partito europeo e quindi mi sento vicino alla commissione europea”. 

Vi è quindi questa dualità: da una parte infatti il parlamento ha affermato in una dichiarazione pubblica che non accetterà nessun candidato che non faccia parte della scelta dello Spitzenkandidaten, soltanto partiti minori hanno deciso di non proporre un nome perché sanno indirettamente che il loro candidato ha poche possibilità di elezione. Questo sistema infatti è stato un grande desiderio dei due partiti più storici e grandi del parlamento europeo: gli EPP e gli S&D. Dall’altra vi è la possibilità che grazie alla visione intergovernativa del Consiglio l’idea di una commissione più politica non sia piaciuta così tanto agli stati membri e questo comporterebbe la possibilità al consiglio di scegliere un nome tra i parlamentari europei ma che non sia un candidato Spitzenkandidaten.

Le dinamiche europee, in particolare con questo metodo, sono cruciali: per la prima volte queste elezioni possono permettere di creare una vera e propria collisione tra il Parlamento e il Consiglio e mettere in discussione il valore della rappresentanza democratica.

I candidati continuano le loro campagne ma è tutto un gioco a carte coperte: sarà il Consiglio a prevalere sulla propria idea e combatterà la possibilità di una commissione “più politica” o il Parlamento confermerà l’idea di europea più democratica.

Giulia Olivieri

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Africrazia: tra democratici e tentazioni autoritarie

“Nella nostra tradizione africana, non ci sono mai due capi. C’è, a volte, l’erede naturale del capo, ma qualcuno mi può nominare un solo villaggio con due capi? Ecco perché noi congolesi, nel desiderio di conformarci alle tradizioni del nostro continente, abbiamo deciso di concentrare tutte le energie dei cittadini di questo paese sotto la bandiera d’un solo partito nazionale.”

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Sardex – che cosa è il denaro?

Il 10 aprile 2010, esattamente nove anni fa, in Sardegna avviene la prima transazione in Sardex, una nuova moneta complementare all’Euro. Questa transazione inaugura la nascita di un modello di valuta complementare locale di successo, dimostrato dagli studi di vari esperti, come quello portato avanti da tre professori per la London School of Economics – Paolo Dini, Wallis Motta, Laura Sartori -. E confermato dal fatto che molte altre regioni italiane hanno iniziato un percorso di creazione di una propria valuta complementare sotto la guida e l’accompagnamento dei fondatori di Sardex.

Seppure ogni sistema di valuta complementare riporta le proprie specificità, altre città e comunità in Europa e Nord America stanno percorrendo percorsi simili e ugualmente virtuosi, tanto che diventa interessante provare ad esplorare attraverso il caso Sardex cosa siano queste valute complementari e perché rappresentino un modello in espansione.

Cosa rende un esperimento di moneta complementare così interessante?

Il modello Sardex rappresenta una risposta di una comunità ai danni che una regione debole subisce nel contesto di un’economia capitalista globalizzata. Creando un circuito di moneta parallela a quella tradizionale, permette l’accesso al denaro, ai prestiti, alla liquidità e al consumo ad una popolazione che ha sempre e profondamente subito le logiche di accentramento della ricchezza, dello sfruttamento della sua terra e dell’impoverimento perverso che ne deriva.

Ma per capire meglio che soluzione la moneta Sardex e modelli simili propongano bisogna fare un po’ di chiarezza su cosa sia e come funzioni la moneta tradizionale. Per quanto possa sembrare banale, la prima domanda da porsi è: che cosa è il denaro?

Probabilmente, la prima definizione che ti è venuta in mente, lettore, è che il denaro è la moneta o la banconota che tieni nel portafoglio. E questo è vero. Se hai qualche conoscenza di economia saprai persino che il denaro è contemporaneamente un mezzo di scambio, uno strumento di conto, debito e riserva di valore. Essenzialmente, è una convenzione introdotta con l’aumentare del volume e della complessità degli scambi, un oggetto di per sé senza valore a cui se ne attribuisce uno, ampliando le opportunità limitanti del baratto, definendo il valore di un bene in una maniera unica per tutti, e trasferendo valore nel tempo.

Ma la verità è che il denaro può essere definito in moltissimi modi diversi a seconda della lente che si decide di adottare. In Sardegna, si è deciso di privilegiare una definizione di imprenditoria sociale del denaro, che combina logiche di economia con logiche di azione e responsabilità sociale.

Come funziona il Sardex?

Il modello Sardex funziona secondo la logica di un circuito a cui imprenditori, aziende, esercizi commerciali e terzo settore aderiscono in una logica di economia circolare. A tutti i soci del circuito vengono attributi al momento dell’inizio del processo una certa somma di Sardex sulla base di alcuni criteri economici di valutazione. Una volta entrati nel circuito però gli attori possono acquistare prodotti e servizi utilizzando i Sardex come mezzo di scambio ma anche restituendo il debito contratto attraverso i propri beni e servizi.

La conditio sine qua non per cui questo sistema funziona è che non esistono i tassi di interesse. Abbiamo accennato al fatto che la moneta è definibile anche come debito perché nel momento dell’acquisto di un bene, viene maturato un debito nei confronti del venditore che viene restituito proprio sotto forma di denaro. L’assenza di tassi di interesse significa due cose: in primis, ogni volta che un’azienda acquista qualcosa il debito d’acquisto resterà stabile; in secundis, non esiste incentivo al deposito di denaro in banca perché questo non genera interessi, aumentando la velocità della circolazione della moneta e incentivando quindi il consumo in un’economia debole e poco propensa al consumo come quella sarda.

La moneta Sardex viene utilizzata come denaro per spese personali o familiari, ma non viene riconosciuta per il pagamento di tasse o immobili, né per trasferire valore o mettere da parte risparmi come quelli per la pensione. È una moneta di utilizzo di breve e medio termine legata proprio al concetto di consumo quotidiano.

Qual è il valore specifico di Sardex?

Un modello come quello di Sardex, pur non rompendo completamente con il nostro modello economico, si sottrae e rompe alcune regole fondamentali delle logiche di mercato e in particolare, Sardex:

  • fa crollare uno di quei capisaldi del modello capitalista: le banche. In un’economia capitalista (ma in realtà anche in quella sovietica o cinese) esiste un modello verticistico di creazione del denaro volto a creare un vero e proprio monopolio della valuta. La Banca centrale stampa moneta secondo le direttive della politica monetaria in vigore in percentuali variabili tra Paesi ma comunque minoritarie rispetto al totale del denaro creato. La maggior parte del denaro deriva invece dal debito che i cittadini producono nei confronti delle banche. Eliminando le banche dall’equazione, in un modello come quello di Sardex chiunque può creare denaro attraverso l’erogazione di beni e servizi secondo un modello di economia circolare. Per quanto non tutto ciò che riguarda le banche può dirsi negativo, è indiscutibile che la finanza sia l’aspetto più instabile e più pericoloso della nostra economia, quello responsabile di 208 crisi monetarie dal 1970 ad oggi, tra cui la grande crisi del 2008.
  • introduce elementi di identità e di responsabilità sociale: scegliere Sardex significa entrare a far parte di una rete locale, di una comunità di persone attive, portando enormi benefici tanto sul piano sociale quanto sul piano economico. Scegliere Sardex significa alimentare e sostenere l’economia locale poiché tutte le imprese che ne fanno parte sono imprese sarde che per tantissimo tempo sono state penalizzate dalle logiche della globalizzazione e da quelle del mercato. In altre parole, emerge la valuta come elemento di identità e di omaggio alla propria casa. Il denaro acquisisce così un carico emotivo positivo. I soldi sono quasi sempre motivo di imbarazzo, di disagio, o di ansia mentre è stato rilevato che l’utilizzo del Sardex sia motore di sentimenti di orgoglio, di appartenenza, di gratitudine, riportando ad una dimensione umana un oggetto che ha profondamente a che fare con la nostra umanità ma che ne è completamente privo. Questo ha delle conseguenze sul modo in cui le persone spendono e in questo senso diventa un passaggio fondamentale nell’educazione del cittadino ad una partecipazione attiva e critica alla vita di comunità, mettendo in moto quel processo di scelta consapevole a cui chiunque abbia a cuore il concetto di democrazia dovrebbe guardare.

I vantaggi delle monete complementari sono molto più di quelli elencabili in un articolo. Le monete complementari creano una scorta di denaro per la comunità in momenti di crisi, aiutano a limitare le attività delle multinazionali aumentando esponenzialmente l’occupazione e il reddito della comunità (per ogni moneta locale spesa, reddito e occupazione aumentano da due a quattro volte), e accorciando la catena di fornitura riducono l’impatto ambientale della produzione.

Vi suonano nuovi concetti come comunità, impatto ambientale, economia locale, democrazia? Probabilmente no perché sempre più spesso queste parole vengono usate per descrivere l’unica via percorribile perché la nostra società impari dai propri errori e riesca a costruire una versione migliore di sé stessa in grado di sopravvivere ai cambiamenti che stiamo vivendo. E l’adozione di una valuta complementare è un’azione concreta che contribuisce all’implementazione di un modello di sviluppo sostenibile.

L’economista Bernard Lietaer, colui che ha implementato in Belgio il sistema di convergenza ECU, precursore dell’Euro, parla del monopolio monetario come di una monocoltura e paragona il nostro modello di economia a un ecosistema ambientale. La monocoltura uccide, la diversità rende prospero. Il Sardex, così come molti altri sistemi di monete complementari non hanno come obiettivo la sostituzione totale e la distruzione delle monete tradizionali.

Le monete tradizionali servono per tramandare il valore, per facilitare il movimento delle persone, per creare un certo tipo di ricchezza. Ma svantaggiano le economie e le classi sociali più deboli e in momenti di crisi provocano pericolosissimi effetti domino. Le monete complementari come il Sardex, invece, assicurano una certa stabilità e resilienza tanto desiderate da tutti coloro che subiscono i contraccolpi della globalizzazione e del capitalismo. In una maniera molto più onesta rispetto alle varie teorie sovraniste che vorrebbero semplicemente cancellare il passato e tornare indietro. Sardex propone una soluzione per andare avanti.

Francesca Di Biase


Fonti:

Elezioni Europee 2019 – Istruzioni per l’uso (maneggiare con cura)

“Capro espiatorio: L’essere animato (animale o uomo), o anche inanimato, capace di accogliere sopra di sé i mali e le colpe della comunità, la quale per questo processo di trasferimento ne viene liberata (anche capro emissario, nella Vulgata hircus emissarius, traduz. dell’ebr. ‘ăzā’zēl). Il nome deriva dal rito ebraico compiuto nel giorno dell’espiazione (kippūr), quando un capro era caricato dal sommo sacerdote di tutti i peccati del popolo e poi mandato via nel deserto (Lev. 16, 8-10; 26). Questa trasmissione del male era conosciuta anche dai Babilonesi e Assiri, e dai Greci.”
(Enciclopedia Treccani)

L’Unione Europea è da anni oramai fonte di grande dibattito e attenzione da parte di un gran numero di politici, accademici, cittadini e soprattutto da parte di 17 milioni di cittadini britannici che il 23 giugno 2016 hanno deciso di riprendere l’indipendenza così ingiustamente sottratta al loro governo (tossisce distrattamente). Dal 1958, anno della creazione della CEE (Comunità Economica Europea) e del famoso mercato unico, siamo passati da sei stati fondatori (Belgio, Germania, Francia, Lussemburgo, Olanda, e Italia) ad un’Unione Europea di 28 (tossisce distrattamente mentre pronuncia le parole “quasi 27”) Paesi membri. Negli ultimi anni in particolare ha seguito una forte escalation ed un’intensa presa di posizione dell’istituzione. Dal Trattato di Maastricht del 1992 al Trattato di Lisbona del 2009, l’Unione Europea ha rafforzato la sua posizione e intensificato la sua struttura. All’interno di essa, rimane forte il ruolo del Parlamento Europeo, unico organo eletto e a capo del potere legislativo dell’istituzione.

Si consiglia l’ascolto di “Aria sulla Quarta Corda” di Sebastian Bach in sottofondo durante la lettura del seguente paragrafo.

Il Parlamento Europeo viene eletto ogni cinque anni dai cittadini dei Paesi Membri aventi diritto al voto nel proprio Paese. La divisione dei seggi parlamentari è divisa a seconda del numero della popolazione presente in ciascuno Stato membro, in maniera proporzionale. Il suffragio universale è stato introdotto per il Parlamento solo nel 1979 e da quel momento l’afflusso è andato calando, da un’iniziale media di 61.99% (con nove stati membri) fino ad una del 42.61% (con ventotto membri). Nel 2014 le percentuali sono state divergenti, da un 89% in Belgio e un 85.55% in Lussemburgo (dove il voto è obbligatorio) fino ad una Slovacchia con il 13%. In Italia l’afflusso è stato di circa del 57%.

 “Il Parlamento europeo elabora un progetto volto a stabilire le disposizioni necessarie per permettere l’elezione dei suoi membri a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo i principi comuni a tutti gli Stati membri.”
[Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), Parte sesta, titolo 1, capo 1, Sezione 1 – Il Parlamento europeo Articolo 223]

Il Parlamento Europeo detiene il potere di legiferare leggi europee, assieme al Consiglio dell’Unione Europea sulla base di proposte della Commissione Europea; decide sugli accordi internazionali e su possibili inclusioni.

Non proprio l’ultima ruota del carro europeo, ecco.

In un periodo di grande fermento per le questioni ambientali, dove milioni di persone scendono nelle piazze di tutto il mondo per protestare contro il cambiamento climatico, l’Europa non è rimasta ferma. Lo scorso 25 marzo, il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva per il divieto della plastica monouso, la quale verrà conseguentemente applicata dagli Stati membri nelle loro proprie legislazioni nazionali.

“Entro il 2021 dovranno essere vietati nell’Ue le posate di plastica monouso (forchette, coltelli, cucchiai e bacchette), i piatti di plastica monouso, le cannucce di plastica, i bastoncini cotonati fatti di plastica, i bastoncini di plastica per palloncini, le plastiche ossi-degradabili e i contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso. Secondo la direttiva, inoltre, entro il 2029 gli Stati membri dovranno raccogliere attraverso la differenziata il 90% delle bottiglie di plastica. La normativa prevede anche che entro il 2025 le bottiglie di plastica debbano contenere almeno il 25% di contenuto riciclato, per passare al 30% entro il 2030.” (Repubblica.it)

Dal 23 al 26 maggio del 2019 si svolgeranno per la nona volta le elezioni europee che decreteranno la composizione del Parlamento europeo nei prossimi cinque anni. Un’interessante nota riguarda la struttura dei membri parlamentari europei. Essi vengono divisi per fazione politica, non per Paese. Nel Parlamento europeo sono presenti diverse fazioni politiche che raccolgono rappresentanti dai diversi Paesi, ognuna con il proprio ideale politico. In alcuni Stati membri (Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Grecia, Paesi Bassi, e Svezia) le candidature possono essere presentate solo dai partiti o dalle organizzazioni politiche. Per gli altri Paesi è necessario raccogliere un certo ammontare di firme o radunare un certo numero di elettori. Non esiste un vero e proprio partito europeo (perlomeno non in maniera sostanziale) ma i partiti che vengono presentati alle europee sono per lo più l’insieme dei diversi partiti e gruppi nazionali che condividono simili visioni.

Il partito più favorevole ai sondaggi e che presenta una maggiore possibilità di vincere queste elezione è il Partito del Popolo Europeo (EEP) alla cui guida troviamo Manfred Weber. Il partito ha uno stampo di centro-destra, tra le cui file troviamo personaggi di alto calibro come il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker e il nostrano Presidente della Parlamento Europeo Antonio Tajani (Forza Italia). All’interno del manifesto troviamo le idee di competizione e democrazia proprie dell’Unione Europea, in un contesto di economia di mercato sociale basata sulla libertà, responsabilità e giustizia.

Tra i partiti europei più importanti troviamo l’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa, di stampo liberale, al cui vertice troviamo Guy Verhofstadt (il quale ha raggiunto una maggiore notorietà in terra nostrana per aver definito il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte un burattino nelle mani di Salvini e Di Maio). Il partito si rifà ai quattro principi di libertà dell’Unione Europea: la libertà di movimento, di merci, di capitali, e di servizi. Un vero e proprio esempio di liberalismo proprio dei principi dell’Unione. Nel partito troviamo la nostrana Emma Bonino assieme al partito +Europa.

Per i nostalgici della sinistra, l’Alleanza Progressiva dei Socialisti e Democratici propone una politica incentrata sul welfare, assistenza e prevenzione sociale, per permettere eguali possibilità a tutti e assicurare un accettabile livello di occupazione, con una particolare attenzione verso la categoria dei lavoratori, sotto la leadership di Udo Bullmann. Al momento, secondo gli ultimi sondaggi, questo gruppo parlamentare si trova al secondo posto nella corsa alle elezioni di maggio. Gianni Pittella del Partito Democratico ha ricoperto la carica di Presidente dell’Alleanza dal 2014 al 2018.

Per altri tipi di nostalgici invece, troviamo il Movimento per un’Europa di Nazioni e Libertà. All’interno del movimento troviamo la francese Marine Le Pen, Presidente del partito populista di destra Rassemblement National e il vicepresidente del consiglio Matteo Salvini con il partito della Lega (tossisce distrattamente “Nord”). Alla base delle loro idee ci sono i principi di sovranità e identità: “l’opposizione al trasferimento di qualunque sovranità nazionale a istituzioni sovra-statali o istituzioni europee è uno dei principi fondamentali che unisce i rappresentanti del Movimento per un’Europa di Nazioni e Libertà”; sono fermamente convinti nella necessità per ogni Nazione di mantenere la propria identità e perciò “il diritto di regolare e controllare l’immigrazione è un principio fondamentale”.

Le scelte sono molteplici e non si limitano naturalmente a questi quattro movimenti e partiti. I milioni di cittadini europei hanno la possibilità di proporre come rappresentanti una vasta gamma di politici da diversi background con idee talvolta opposte e di tanto in tanto convergenti.

Il 26 maggio i cittadini italiani saranno ancora una volta chiamati a votare per avere una propria rappresentanza, non a livello nazionale ma per quello che rappresenta uno dei più grandi esempi di unione politica, sociale ed economica degli ultimi secoli, ciò che ha permesso decenni di pace dopo la devastante Seconda Guerra Mondiale.

Ce lo chiede l’Europa, l’Europa qui, l’Europa là.

Molto spesso è pesante avere delle responsabilità. Avere delle responsabilità significa dover prendere decisioni che si possono rivelare errate. Avere un capro espiatorio è sicuramente liberatorio e facilita di gran lunga tante questioni. Arriva però un momento nel quale il capro espiatorio non è più sufficiente e ci si trova davanti ad una scelta quasi obbligata di responsabilità. In un crescente contesto politico di populismo, violenza, diffidenza, e muri, il 26 possiamo provare a dare una svolta al nostro concetto di comunità e di unione. Possiamo dare un contesto concreto alle libertà di movimento e di pensiero così amate ma non spesso applicate. Il 26 maggio non ci sarà più l’Europa come capro espiatorio.

Il 26 maggio l’Europa siamo noi.

Matteo Caruso


Sitografia

Elezioni in Afghanistan: vere elezioni?

Nel 2001 si è concluso, se così possiamo definire, il regime dei talebani in Afghanistan.
Si è andato a formare, grazie all’ultima riforma elettorale, un sistema che porta alle urne
due volte gli elettori Afgani: la prima volta durante questo week-end per eleggere la
camera bassa del parlamento e la seconda, con l’attuazione di un di un’elezione che
porterà ad eleggere il presidente nel 2019. Continua a leggere