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Perché La disillusione?

Poco meno di due anni fa, mentre passeggiavo per le vie del mio quartiere, ricevetti un messaggio vocale. Era mio cugino Paolo (Paolo Palladino, N.d.A.) che mi diceva che con un suo amico e collega di università (Claudio Antonio De Angelis, N.d.A.) avevano avuto un’idea per un progetto di scrittura creativa: non sapevano ancora che forma avrebbe preso, ma la creatività individuale sarebbe stata al centro; il nome, però, era già chiaramente definito, e inevitabilmente ha poi segnato le sorti e le caratteristiche intrinseche di questo progetto. Il nome scelto era: La disillusione.

Sono appunto passati poco meno di due anni dall’inizio di questa avventura creativa, siamo cresciuti tanto e la combriccola dei disillusi si è allargata parecchio, aprendosi a diverse parti d’Italia e non solo. Il progetto è in continua evoluzione e neanche noi sappiamo dove potrà arrivare. C’è però un elemento, anzi un quesito ricorrente che ci viene rivolto costantemente e che vale la pena affrontare: perché La disillusione? Perché un progetto creativo, fatto da giovani universitari, ha questo nome? Non è un concetto pessimistico? Non richiama troppa negatività?

Inizio con il dire che a me, pessimista di natura, il nome piacque immediatamente; coniai inizialmente anche un piccolo motto, che forse rendeva ancor più amaro quel nome:

“La disillusione è l’agnosticismo della speranza.”

Quel motto oggi è sparito dal sito ma funge ancora da explicit al nostro manifesto. Leggendo quest’ultimo si intuiscono chiaramente le nostre intenzioni costruttive e non distruttive, il nostro desiderio di reagire e non lasciarsi trasportare dalle difficoltà del nostro tempo; ad ogni modo però, la percezione di una negatività di fondo rimane intaccata e continua ad aleggiare minacciosa sul nome di questo progetto.

È allora è arrivato il momento di chiarire la questione: la disillusione è un termine dalla connotazione negativa? Per noi de La disillusione ovviamente no e proverò a spiegarvi il perché.

diṡilluṡióne s. f. [dal fr. désillusion, comp. di dés- «dis-1» e illusion «illusione»]. – Perdita di un’illusione o delle illusioni, disinganno: al contatto con la realtà, la d. è inevitabile. Diversamente da delusione, che ha valore più soggettivo, e indica il sentimento doloroso o comunque spiacevole di chi scopre a un tratto una realtà diversa dalle sue speranze o dalla sua aspettativa, la disillusione ha valore più oggettivo, indicando la cessazione, anche non traumatica, della possibilità di illudersi. “

Questa è la definizione del termine disillusione del vocabolario online Treccani, presente anche nel nostro manifesto. Come già si evince da questa definizione, disillusione non possiede un significato negativo, bensì riguarda il rapporto dell’uomo con la realtà in maniera oggettiva: delusione invece è un termine centrato sulla soggettività e che rimanda al sentimento doloroso di una speranza che viene frustrata. Andiamo oltre però: essendo dis-illusione una parola composta, partiamo proprio da un’analisi dei due termini che la compongono.

dis-¹ [dal lat. dis-]. – Pref. verbale e nominale che indica separazione (per es., disgiungere), dispersione (per es., discutere, propr. “scuotere in diverse parti”) e più spesso rovescia il senso buono o positivo della parola a cui si prefigge (per es., onore – disonore; simile – dissimile, e, con sostituzione del pref., accostare – discostare).

dis-2
 [dal gr. δυσ-]. – Prefisso che si trova, con significato peggiorativo, in molti termini, soprattutto del linguaggio medico, derivati dal greco (come dispneadistrofia) o formati modernamente (come disfunzionedisartrìa, ecc.), nei quali indica alterazione, malformazione, difettoso funzionamento, anomalia e sim.

illuṡióne s. f. [dal lat. illusio –onis «ironia» (come figura retorica) e nel lat. tardo «derisione», der. di illudere: v. illudere]. – 1. In genere, ogni errore dei sensi o della mente che falsi la realtà: un remo immerso nell’acqua dà l’idi esser piegatoil pittore crea con la prospettiva l’idella profonditàidei sensidella fantasiadell’immaginazione. […] 2. Inganno della mente che consiste nell’attesa di un atto o di un fatto destinato a rimanere irrealizzato, nel concepire speranze vane, nel formarsi un’opinione inesatta (in genere troppo ottimistica o favorevole) su persone o cose, nel dar corpo a ciò che non ha consistenza reale: viverepascersi d’illusionicullarsi nell’i.; distruggeredissipare un’i.; non ci facciamo illusioni e guardiamo in faccia la realtà; e seguito da complemento o da prop. oggettiva: vivere nell’idi un futuro miglioredi poter cambiare il mondoscròllati di dosso l’iche siano gli altri a dover pensare a te3. ant. Derisione: la idi Cristo (Cavalca).

Partiamo dal sostantivo illusione: in tutti e tre i significati proposti non possiede mai un significato positivo; l’elemento comune a tutti e tre i significati è certamente quello della mancanza di aderenza dell’illusione con la realtà: addirittura, nel tardo latino e nell’italiano arcaico questo termine indicava la derisione. Chiediamoci allora: che cosa ci sarebbe di positivo nell’illusione? Chi subisce un’illusione si fa un’idea sbagliata riguardo qualcosa o qualcuno o, peggio ancora, della realtà nella quale è immerso; ciò, in accordo con il significato del latino tardo e dell’italiano arcaico, può tradursi in derisione, proprio perché l’illuso crede e attende qualcosa di impossibile, che non esiste.  L’illuso dunque è una vittima dell’illusione; questa non va dunque confusa con la speranza, che è invece un’aspettativa, attiva e fiduciosa, nei confronti di un desiderio presente o futuro la cui realizzazione non è certa, può possedere un certo grado di probabilità o persino essere completamente improbabile, ma non è mai impossibile.

Appurato come l’illusione sia un concetto negativo, dobbiamo dunque interrogarci sul significato apportato dal prefisso dis-. Come possiamo constatare dalla definizione Treccani, esso ha due significati – diversi ma non contrari – derivanti da due diverse etimologie: il primo, dal latino, che rimanda a una separazione o viene utilizzato per la formazione di contrari (il significato può coincidere: se pensiamo al verbo disgiungere sia ha sia la formazione di un contrario che l’espressione di un allontanamento); il secondo, derivante dal greco, che possiede un’accezione peggiorativa, indicando un’anomalia, un malfunzionamento.

Nel concetto di dis-illusione possiamo probabilmente rintracciare più la prima accezione del prefisso, quella di allontanamento/ribaltamento, che la seconda: la disillusione in questo caso è dunque una presa di coscienza, la scoperta di una realtà oggettiva che avviene attraverso il distacco da un’illusione che, ricordiamo, è una falsa percezione/aspettativa della realtà. Già proponendo questo primo significato appare chiaro come la disillusione sia indubbiamente un concetto positivo: il dis-illudersi si configura dunque come un atto conoscitivo, come il riemergere da una fitta coltre di nebbia e rivedere finalmente, con nitidezza, i confini delle cose che prima ci erano preclusi.

Non sottovalutiamo però anche il significato apportato dal secondo prefisso, quello di derivazione greca, che rimanda all’idea di anomalia/malfunzionamento. Che cosa succede se un’illusione non funziona più correttamente? Che cosa succede se, nelle tenebre del pregiudizio, delle credenze, delle ideologie entra un lume che le rischiara e crea una falla? Inizialmente vedremo solo una piccola porzione dello spazio intorno a noi e quel lume ci darà forse anche un po’ di fastidio alla vista, perché in fondo i nostri occhi ci si erano abituati; ben presto però sorgerà, inevitabile, la domanda: che cosa c’è oltre l’oscurità che non riusciamo a vedere? E allora prenderemo tra le mani la fiaccola e vagheremo, illuminando qua e là, scoprendo tante cose e confutandone altre alle quali credevamo; nei luoghi che più ci piacciono accenderemo dei fuochi e, pian piano, quell’oscurità diventerà penombra e la luce ci permetterà di vedere sempre più elementi e di conoscere meglio quel luogo che prima era soltanto un contenitore buio, pieno di illusioni.

È questa la concezione che vogliamo portare avanti di disillusione: in questo senso il dis-illudersi diventa un processo non solo conoscitivo, ma anche euristico, che conduce a una ricerca e a una scoperta continua della realtà, evitando di cadere in banalizzazioni, semplificazioni e generalizzazioni dovute alle illusioni, alle credenze, ai pregiudizi e alle ideologie, tenendo sempre attivo il senso critico, pronto a vagliare le nostre conoscenze e le nostre scoperte e a considerare punti di vista diversi dai nostri. Portando, come dei tedofori della conoscenza, questa fiaccola in giro per il mondo, accenderemo fuochi lì dove avremo scoperto e imparato qualcosa e ognuno di questi fuochi, illuminando una porzione più ampia di tenebre, ci permetterà di accenderne altri ancora, illuminando così una porzione sempre più ampia di realtà, diminuendo sempre di più l’ignoranza che abbiamo del mondo e delle cose.

Concludendo dunque, la disillusione significa rifiutare l’ignoranza che, in un mondo e in una società complessi come i nostri, non può mai essere beata e che anzi rimane la prima e fondamentale causa del disagio e delle prevaricazioni sociali; come diceva Don Lorenzo Milani:

“Un operaio conosce 100 parole, il padrone 1000. Per questo lui è il padrone”. 

Alla luce di tutto ciò: in quale senso e come si potrebbe definire dunque la disillusione un concetto negativo?

 

Danilo Iannelli

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Fridays-For-Future, “Ende Gelände” and Greenpeace demonstrate coal mining

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In Europe’s largest open pit mine, the “Rheinisches Revier“, in North-Rhine Westphalia, near Erkelenz, organisations against climate changed announced they would be protesting on the weekend from 19th to 24th of June. “Ende Gelände”, Fridays-For-Future and Greenpeace are expecting thousands of people to take part to demonstrate the open pit coal mining and also the relocation of entire villages. The continued usage of coal as a fossil fuel until 2038 is untenable for many activists and one of the main topics this year.

Early on, police were worried about escalations, especially in connection to students demonstrating with Fridays-For-Future. They were also afraid of illegal and violent activities.

It is planned to block the rail tracks leading to the mine and stop production and shipping. Demonstrators with Fridays-For-Future plan to march through nearby Aachen and then later join a large rally called “Alle Dörfer bleiben” (“All villages stay”) before joining “Ende Gelände on the outskirts of the area. Greenpeace had also announced they would join this demonstration.

There are different views on the end of coal usage – “Ende Gelände” want an immediate stop of the mining, while Fridays-For-Future think 2030 a realistic goal – but since all are fighting for the same thing, they are solidly united.

Lea Hüntemann

Sources:

Fridays-For-Future, „Ende Gelände“ und Greenpeace demonstrieren Braunkohleabbau

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In Europas‘ größtem Braunkohlerevier, dem sogenannten Rheinischen Revier in Nordrhein-Westfalen, nahe Erkelenz, haben sich für das Wochenende vom 21.6. bis 23.6. Protestaktionen und Demonstrationen angekündigt. Tausende Menschen, von den Organisationen Ende Gelände, Fridays-For-Future und Greenpeace, werden erwartet, um gegen den dortigen Braunkohltageabbau und auch die damit verbundene Enteignung und Umsiedlung ganzer Dörfer zu demonstrieren. Der geplante Kohlausstieg für 2038, ein unhaltbares Ziel für viele Aktivisten und Aktivistinnen, ist eines der Hauptthemen dieses Jahr.

Bereits im Vorfeld hatte die Polizei vor einer Eskaltation der Situation gewarnt, besonders mit Bedacht auf die Schüler und Schülerinnen, die mit der Fridays-for-Future Bewegung teilnehmen wollen. Man habe Angst vor illegalen und gewalttätigen Aktionen.

Geplant hat die Aktion „Ende Gelände“, die Bahngleise hin zum Braunkohleabbau zu besetzen und somit den Braunkohleverkehr lahm zu legen. Die Demonstranten von Fridays-For-Future wollen zunächst durch Aachen marschieren und dann zu einer Großkundgebung „Alle Dörfer bleiben“ marschieren. Später wollen sie sich dann den Demonstrationen am Rande des Tagebaus anschließen. Greenpeace hatte ebenfalls angekündigt an dieser Demonstration teilzunehmen.

Unter den demonstrierenden Organisationen gibt es zwar unterschiedliche Auffassungen, wann der Kohlausstieg vollzogen werden soll – Ende Gelände beispielsweise demonstriert für einen sofortigen Ausstieg, während Fridays-For-Future einen Ausstieg im Jahr 2030 als realistisch betrachten – aber da man für die gleiche Sache kämpfe, würde man sich solidarisch gegenüber einander verhalten.

Lea Hüntemann

Quellen:

Leopardi: disilluso e sognatore cosmico

Il 28 maggio non è un giorno qualsiasi per la poesia italiana: il 28 maggio è infatti il “compleanno” di una delle liriche più famose della nostra letteratura, studiata e recitata a memoria in tutte le nostre scuole, al cui fascino nessuno studente può sottrarsi: stiamo parlando de L’infinito di Giacomo Leopardi (1798-1837).

Il 28 maggio 2019 è però una ricorrenza speciale, perché questo componimento compie ben duecento anni: in tutta Italia ci saranno letture pubbliche e flash mob organizzati dagli studenti, proprio a testimoniare quanto Leopardi e il suo più celebre componimento siano apprezzati dagli studenti e dai lettori di tutte le età e di ogni generazione.

Giacomo Leopardi è una figura fondamentale per la nostra letteratura e per la storia della nostra lingua: egli stato, oltre a essere intellettuale e filosofo dalla cultura smisurata, un innovatore: è stato, per il primo Ottocento, il più europeo dei nostri poeti; figura eclettica, è di difficile collocazione anche per gli storici dell’arte: è legato al pensiero classico e illuministico, però tratta sovente temi appartenenti al filone romantico, ma egli stesso si dissocia da tale definizione.
La verità è che Giacomo Leopardi è un uomo e un intellettuale di difficile catalogazione, un unicum nella nostra letteratura, al quale è molto complicato affibbiare un’etichetta che lo descriva appieno.

Eppure, un’etichetta indissolubilmente legata a questo immenso poeta c’è eccome: è quella del pessimismo. Ingiustamente, a mio parere, nei libri di testo scolastici e talvolta anche accademici, il pensiero leopardiano viene catalogato sotto questa forma che sminuisce e dà un gusto amaro e negativo alle opere del poeta di Recanati. Per strappare una sufficienza, insomma, più di qualche studente si sarà giocato la carta del pessimismo – storico e poi cosmico – di Leopardi, tentando così di semplificare in questa chiave di lettura i complessi componimenti leopardiani.
Ciò però è ingiusto: se vogliamo dirla tutta, Leopardi è più disilluso che pessimista, ma soprattutto Leopardi è un gran sognatore, un sognatore cosmico.

Senza allargare troppo il discorso, che sicuramente meriterebbe una discussione più ampia, atteniamoci a quanto concerne L’infinito.
L’infinito è un componimento di quindici endecasillabi sciolti, pubblicato nel 1826 insieme agli altri Idilli: la connotazione agreste e bucolica del mondo classico di questi componimenti in Leopardi cede il passo a una dimensione più lirica, intima e filosofica. La composizione de L’infinito però risale appunto al 1819: la lirica appartiene dunque al periodo giovanile della produzione poetica leopardiana, quella composta nella città natale di Recanati.
Di seguito il testo:

“Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.”

Rimanderei ogni lettura puramente stilistica e formale – che si può trovare facilmente sfogliando un manuale di letteratura o in rete – e mi concentrerei appunto sul quesito iniziale: tenendo conto della sua lirica più famosa, possiamo davvero definire Leopardi soltanto un pessimista?
Chiamo in causa, a tal proposito, Alessandro D’Avenia e il suo L’arte di essere fragili: in questo saggio dedicato a Leopardi, egli cerca appunto di ribaltare questo assunto, dimostrando attraverso una continua citazione e rilettura delle opere leopardiane come queste in realtà siano, il più delle volte portatrici di un messaggio positivo, di speranza. Secondo D’Avenia, Leopardi riuscirebbe, attraverso le sue opere, a celebrare e consacrare la fragilità umana – ma in particolar modo quella tipicamente adolescenziale e giovanile – come punto di forza per comprendere la realtà ed essere uomini migliori, capace di sognare, sperare e inseguire i propri sogni.

È soprattutto l’immaginazione, peculiarità dell’uomo più fragile e riflessivo, a salvarci dal dolore della vita e del mondo. Scrive infatti Leopardi nello Zibaldone (30 novembre 1828):

All’uomo sensibile e immaginoso, che viva, come io sono vissuto gran tempo, sentendo di continuo ed immaginando, il mondo e gli oggetti sono in certo modo doppi. Trista quella vita che non vede, non ode, non sente se non che oggetti semplici, quelli soli di cui gli occhi, gli orecchi e gli altri sentimenti ricevono la sensazione.

Quindi l’immaginazione consentirebbe di vivere una doppia vita, di rendere interessante e piacevole una vita che non lo è: ciò avviene attraverso l’immaginazione, certo, ma anche attraverso la lettura – aggiungerei – delle opere di menti geniali e immaginose come quella di Leopardi.

L’infinito appunto è la celebrazione dell’immaginazione che riscatta la realtà: al di là di quell’ermo colle, sempre caro, certo, ma dunque anche familiare e in un certo senso trito, e della siepe, vera e propria metafora degli ostacoli che la vita sensibile pone all’immaginazione umana, si estende l’infinito; e a contatto con questo, è naturale, il cor si spaura: l’uomo e i suoi sensi non sono abituati a l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei; attraverso il pensiero e l’input del vento che stormisce tra le piante, il mondo sensibile e quello dell’immaginazione si fondono in un tutt’uno, e non c’è più tempo, né luogo: c’è solo un eterno flusso di sensazioni, immagini, pensieri che chiamiamo infinito. Il pensiero, a questo punto, non può però che cedere il passo e annegare in questa fantasia dal sapore divino: e dunque il naufragar diventa dolce in un mare d’infinità e indeterminatezza.

E proprio l’indeterminato è un tratto peculiare della poetica leopardiana, quella del vago e dell’indefinito, evocata attraverso l’uso di parole evanescenti e leggere, al significato e al suono, che riportano appunto chi legge in questo mondo immaginoso e piacevolmente brumoso, che si oppone alla spietata chiarezza del mondo sensibile.

E dunque Leopardi può essere bollato semplicisticamente come pessimista? Secondo me no, lo ripeto: si potrebbe a questo punto definirlo un disilluso, consapevole del fatto che la vita sensibile e concreta è fatta di dolore e sofferenza e che, nonostante ci si affanni, la Natura e la Morte compiranno il loro corso, e la Vita scivola via, lenta e inesorabile. Se si fosse fermato qui, allora certo, Leopardi sarebbe stato pessimista; egli però propone un’alternativa, che è quella dell’immaginazione, della poesia, dell’arte: attraverso queste l’uomo ha una via di fuga e di ribellione alla dittatura della Natura, del Tempo e del mondo sensibile, che altrimenti ci schiaccia con la sua ineluttabilità. Leopardi allora non è pessimista: è un disilluso, ma soprattutto, un sognatore cosmico.

Danilo Iannelli


  • Immagine in evidenza tratta da: G.Leopardi, L’infinito, illustrato da Marco Somà, (Einaudi Ragazzi, 2019
  • A. D’Avenia, L’arte di essere fragili – Come Leopardi può salvarti la vita, Mondadori, 2016

Io e la Disillusione

Disillusione. Dis-illusione. Se la definissi come eliminazione dell’illusione, allora indicherei un processo: non uno stato e nemmeno un momento o una fase. Un processo teso a sgretolare la condizione iniziale di illusione sino a pervenire all’opposta condizione di dis-illusione. Concependo secondo questa impostazione il concetto di disillusione, non si può evitare di attribuire al medesimo una colorazione semantica dall’accezione positiva. Nell’istante in cui si immagina la disillusione come un processo direzionato alla condizione di dis-illusione, infatti, si sottintende – e a questo implicito pensiero, forse, tende quell’illuministico modus cogitandi acquisito e stipato nell’inconscio dell’individuo occidentale – la negatività dell’illusione, il suo non essere cosa da scegliere, ma cosa di cui liberarsi, cosa da abbandonare, ingenua infanzia oltre la quale procedere. In questo senso, allora, si comprende perché il concetto di disillusione sia così rilevante e relativo al concetto di verità: un solco ben definito del pensiero occidentale ha ampiamente contribuito a proporre, benché in contesti diversi e attraverso discorsi eterogenei, la disillusione come meta verso la quale orientare i propri sforzi: liberarsi da qualsiasi sclerosi del pensiero, spezzare qualsiasi gabbia, muoversi con slancio pressoché atletico in direzione della verità – indipendentemente dal fatto che la verità debba essere intesa o come un confortante lido al quale approdare o come un mero criterio orientativo, cioè una sorta di evanescente carburante del logos. Continua a leggere