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La percezione europea degli immigrati

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L’elezione per il Parlamento europeo è giorno dopo giorno sempre più vicina e uno dei temi che domineranno la campagna elettorale è la questione “immigrazione”. Anche se il capo UE della Commissione per la migrazione sostiene che la crisi che riguarda le migrazioni sta giungendo alla fine ed è confermata dai numeri del 2018 riguardo le richieste di asilo politico rispetto a quelli del 2015 e del 2016. In quel periodo specifico erano state contate più di un milione di richieste. Quest’anno 634.700, il 10% in meno del 2017.

Nonostante questa riduzione, il 40% degli europei considerano l’immigrazione come uno dei problemi più importanti. Estrema destra, ultranazionalisti e demagoghi stanno cavalcando l’onda della percezione errata riguardo il tema per ottenere più voti nelle elezioni locali attraverso una febbrile retorica, informazione sbagliata, bugie e false notizie. Il risultato è una maggiore divisione politica e pubblica. Per esempio, la mancanza di consenso politico è riflessa nell’ultimo voto ONU per l’approvazione del “Global Compact per la migrazione”. Questo è il primo accordo intergovernativo negoziato, per coprire tutte le dimensioni della migrazione internazionale in modo olistico e comprensivo. Tre membri dell’UE hanno votato contro (Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia) e altri cinque si sono astenuti (Austria, Bulgaria, Italia, Lettonia e Romania), mostrando quanto divisa sia l’Unione Europea in questo cruciale momento storico.

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I partiti populisti e i loro leader hanno già iniziato un manifesto per costruire un sostegno politico e demonizzare l’immigrazione per guadagnare voti. Leader come Orbàn e Salvini hanno inoltre iniziato una guerra verbale con il presidente francese Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel per la loro politica verso gli immigrati. A febbraio Orbàn ha lanciato una nuova campagna in Ungheria chiamata “Anche tu hai il diritto di sapere cosa Bruxel sta pianificando”, dove accusa direttamente la burocrazia di Bruxel di incoraggiare l’immigrazione con le nuove misure. Ha anche lanciato un manifesto col suo “compagno” Salvini per sostituire l’asse Parigi-Berlino con quello Roma-Varsavia. L’obiettivo principale del leader di estrema destra è di vedere un Parlamento europeo dominato dalle forze anti-immigrazione. Questo scenario sicuramente ridisegnerà la mappa politica del continente. Nel frattempo il rifiuto di multilateralismo e l’assenza di una politica comune danneggerà l’interesse dell’Europa nel mondo e tradirà la pietra miliare sulla quale i padri fondatori dell’UE si sono basati alla fine della Seconda guerra mondiale.

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Le questioni sono: le immigrazioni sono davvero così male per l’economia e la struttura delle nostre nazioni o sono usate come capro espiatorio delle crisi economiche? Possono portare dei vantaggi economicamente parlando? Alcuni economisti sostengono che gli immigrati possono avere un impatto positivo o neutro sull’economia. Il CNRS (Centro Nazionale della Ricerca Scientifica) ha affermato che gli immigrati possono migliorare il PIL. L’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha sottolineato nell’ultimo rapporto sugli immigrati che essi possono essere una soluzione per l’invecchiamento e la carenza di forza lavoro europea. Questo è davvero un gran problema in Europa come lo era negli USA alla fine della Seconda guerra mondiale. Per risolvere la scarsità di lavoratori nel settore primario, gli USA e il Messico avevano un accordo nel quale il Messico avrebbe esportato più di 4 milioni di messicani agricoltori per lavorare negli Stati Uniti. Siamo in una situazione simile.

Il problema principale è la percezione errata di questo tema e che la politica non è più considerata nei suoi effetti a lungo termine, nella società moderna noi vogliamo tutto immediatamente. Questo potrebbe essere il problema dell’immigrazione, poiché le persone pensano solo ai costi iniziali degli arrivi. I leader dovrebbero ricordare che per cambiare il presente abbiamo bisogno di dare un’occhiata al futuro.

Oscar Raimondi


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Spread

“Sono preoccupato”.

Parole che possono suscitare diverse reazioni a seconda del soggetto che le pronuncia. Se le dovesse pronunciare il professore di Matematica al liceo sarebbe parzialmente scoraggiante e potremmo prevedere magari un andamento poco proficuo nel semestre successivo.

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McDonald’s e la CSR: come l’impresa può nascondere i lati oscuri dei propri prodotti

Come ben sappiamo è un concetto non nuovo e già visto in questa rubrica: la CSR d’azienda.

Essa è definita come: “Responsabilità sociale d’impresa (nella letteratura anglosassone corporate social responsibility, CSR) è, nel gergo economico e finanziario, l’ambito riguardante le implicazioni di natura etica all’interno della visione strategica dimpresa”.

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A proposito del commercio equosolidale

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Oggi quasi tutti, almeno una volta nella nostra vita, abbiamo sentito parlare di commercio equosolidale, ma in cosa consiste esattamente? Di seguito proponiamo la definizione del sito Artisandumonde.org: “Il commercio equosolidale è una collaborazione commerciale basata sul dialogo, la trasparenza e il rispetto: il suo obiettivo è di raggiungere una maggiore equità nel commercio mondiale”. A differenza del commercio classico, quello equosolidale si impegna a rispettare tanto il produttore quanto il consumatore, tenendo in conto i bisogni del primo e riconoscendogli la giusta retribuzione per i suoi sforzi e garantendo al secondo la qualità dei prodotti. Di fatti, questo fenomeno si è diffuso quasi dappertutto a partire dai primi anni del 2000, non solo in Francia ma anche nel resto del mondo: ciò perché i consumatori cercano prodotti di miglior qualità e allo stesso tempo vogliono impegnarsi per un atto di solidarietà verso popoli che vivono dall’altra parte del mondo. Continua a leggere

Trattato come un reale

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En-me-barage-si di Kish è un nome che non significherà molto per nessuno. In ogni caso questo è il nome del primo “re” mai conosciuto, il cui titolo nobiliare era “Bretwalda”, il nome anglo-sassone per “signore di Britannia”. Ma questi monarchi si trovavano all’epoca precedente ai democratici, quando i reali guidavano e prendevano decisioni riguardo la politica del paese. Come uno dei pochi rimasti, il Regno Unito agisce come forse uno dei migliori esempi dei giorni moderni, da monarchia occidentale. Ma i reali di oggi sono visti come niente di più di una serie di rappresentanti, non più responsabili di un terzo del mondo. Anche il sito della famiglia reale del Regno Unito afferma “Il Sovrano non ha più potere politico o esecutivo”. Comunque devono avere i loro impieghi o non dovrebbe esserci bisogno di altro per mantenerli. Quindi la domanda è: c’è qualche motivo per cui mantenerli?

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