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In due è amore, in tre è una festa, in 27/28 è quasi un rave!

“In due è amore, in tre è una festa”, cantava così “Lo stato sociale”, cantava così anche la squadra Conte – Salvini – Di Maio prima che iniziassero a ballare un po’ di meno.

Poi l’UE ha aggiunto: “In due è amore, in tre è una festa, in 27/28 è quasi un rave!” peccato che a noi non ci abbia invitato nessuno. Elezioni europee, Salvini definisce una grande vittoria, Di Maio ne parla poco e niente, Conte decide di fare una ramanzina in comunicato stampa nazionale ricordando un po’ a tutti che comunque lui esiste.

Situazione bizzara però è quella che viene, quella che evolve e quella che racconta in realtà il seguito dell’entusiasmo alle elezioni europee.

Come mai?

Sembra strano ma per ora la festa italiana all’interno dei tavoli europei è più o meno out: gli invitati sono tanti ma i partecipanti quasi zero.
I due hanno di sicuro l’ansia da prestazione pre-party, controllando di continuo il profilo facebook e sussurrandosi mosse astute per far mettere partecipo: nonostante i palloncini promessi e l’alcool in abbondanza non vi è nessuno nella lista di chi verrà alla festa.

Ieri sera nessun italiano presente al tavolo: il potere comunitario non è preso in considerazione da nessuno di noi.

Eccoli i magnifici sei che aprono i giochi: Pedro Sanchez e Antonio Costa (capi dei governi socialisti di Spagna e Portogallo), per i Popolari il croato Andrej Plenkovic e il lettone Krisjanis Karins, il premier belga Charles Michel e il collega olandese Mark Rutte per i Liberali.

– E litalia? –

Le famiglie politiche che governeranno l’Europa sono popolari, socialisti e liberali.

I nostri partiti di maggioranza sono la Lega e M5S ma parlamento europeo i nostri due partiti andranno in gruppi di minoranza. E anche piuttosto malmessi o tutti ancora da definire.
Di Maio ha ricevuto un buon numero di porte in faccia e Salvini non le ha nemmeno pensate gongolandosi all’interno di una dimensione di felicità mista a surrealismo.

La tappa fondamentale, per arrivare alle nomine UE, sarà quella del Consiglio Europeo del 20 e 21 giugno, che potrebbe non essere però risolutivo, tanto che già sono in (possibile) agenda altri prima della plenaria dell’Europarlamento che il 2 luglio, a Strasburgo, dovrebbe eleggere il nuovo presidente dell’Aula.

Per adesso l’unica nostra speranza è un possibile commissario UE (che è diverso dalla nomina del presidente del Consiglio, piccolo reminder per Di Maio, poi ripassiamo l’articoletto insieme).

Conte nel Consiglio d’Europa naturalmente c’è, ma senza potere non avendo una famiglia politica in Europa su cui poggiarsi.

La copertina dell’Espresso oggi parla chiaro: ITALIA GAME OVER.

Paralizzati da una crisi politica fortissima e vicini a una procedura di infrazione insieme a un non potere all’interno delle istituzioni, nulla ci può salvare oltre che la consapevolezza di far parte di un gioco più grande del nostro.
La presunzione, però, vige e regna sovrana, nessuno può pensare di poter distruggere queste logiche e fino a quando i nostri vertici penseranno che stare soli è l’unica nostra mossa sensata, ci ritroveremo a calare a picco lentamente.

Giulia Olivieri

 

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Sic transit gloria ducis

Una settimana è già passata dal giorno del voto per il Parlamento europeo. Dal’elezioni che hanno rappresentato la Caporetto del Movimento 5 stelle, la sonnacchiosa risalita del Partito democratico e la conferma che il pianeta dell’elettorato di Forza Italia sta venendo sempre più divorato da Galactus Salvini, un dato balza subito agli occhi: la crescita esponenziale della Lega, onda verde – non quella ambientalista, però – guidata dal plenipotenziario ministro degli interni. Andiamo ad analizzare la situazione nel dettaglio. Continua a leggere

28 sfumature di Verde

Con l’eco della voce di Mentana ancora nelle orecchie dei maratoneti di Domenica notte, gli scrutatori che a tutt’oggi chiedono il documento d’identità alla gente quando passano per strada e il Lunedì di riposo di molte scuole e università, si sono concluse anche queste elezioni europee del 2019. Con l’avvento dei populismi, dei sovranisti, del cambiamento climatico e della Brexit certamente non si può dire non ci sia stato un forte interesse da parte dell’elettorato europeo. Infatti il primo dato veramente importante è quello dell’affluenza: più del 50% dei cittadini europei aventi diritto al voto si sono recati alle urne, invertendo il trend negativo che dal 1979 ha visto costantemente scendere il numero di votanti. Continua a leggere

Il Trono di Spread – Cronache di Europa e di Stati

Dopo ben 8 anni dall’uscita della prima puntata del Trono di Spade sull’emittente televisiva americana HBO, anche quest’avventura è arrivata a conclusione. Il finale, sebbene la serie TV abbia avuto un distacco dai romanzi dell’autore George R.R. Martin a partire dalla sesta stagione, è quello che lo scrittore statunitense ha in mente come conclusione per la sua opera di stampo tolkeniano, Il Trono di Spade – Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (Game of Thrones – A Song of Ice and Fire).

Ciò che ha colpito maggiormente gli appassionati dei libri e della storia in generale, arrivando a livelli da record di audience, risiede nella strutturazione articolata del mondo dei Sette Regni di Westeros, dove Martin è stato sapiente nel dipingere i propri personaggi con sfumature reali, evitando e ripudiando una delineazione netta tra buoni e cattivi, tipica invece dei romanzi fantasy quali Il Signore degli Anelli; altra caratteristica è stata indubbiamente la presenza di diversi colpi di scena ben studiati, in una trama di intrighi politici e giochi di potere dove nessun personaggio, nemmeno se tra i protagonisti, sembra essere esente dalla minaccia della morte, in un ambiente che mantiene molte delle caratteristiche tipiche dei romanzi fantasy, quali magia, creature soprannaturali, e forti tratti di epicità narrativa.

Trattando di trame politiche autoritarie e Draghi non può certo non venire in mente l’Unione Europea.

A differenza dei Sette Regni, il Parlamento dell’Unione Europea è basato su un sistema di democrazia indiretta (Sam Tarly tossisce distrattamente n.d.r.) e ogni cinque anni i suoi cittadini sono chiamati al voto per eleggere i propri rappresentanti. I 751 Membri del Parlamento Europeo sono suddivisi in maniera proporzionale a seconda della popolazione di ciascun Stato Membro dell’Unione, in un sistema a ripartizione degressiva. Si passa da i sei rappresentanti del Lussemburgo ai novantasei della Germania, passando per i settantatre di Italia e Regno Unito.

Quasi tutti i partiti nazionali che portano avanti i propri candidati alle elezioni europee sono legati ad un gruppo parlamentare europeo nel quale confluiranno i candidati stessi, a seconda dell’ideologia di ciascuna fazione. Il Parlamento è dunque composto da gruppi di sinistra, di destra, più o meno centristi, liberali, populisti e, come ogni istituzione democratica che si rispetti, una piccola percentuale di verdi. Un po’ come i Regni di Westeros, ognuno con una sua ideologia diversa, in contrasto da anni, tutti sotto lo stesso tetto.

Ciò che però comporta spesso degli scetticismi è che, a differenza di molte strutture nazionali, il Parlamento non è l’unico organo con funzione legislativa. Accanto ad esso troviamo la Commissione Europea, il cui Presidente dal 2014 è il lussemburghese Jean-Claude Juncker. La Commissione è l’organo esecutivo politicamente indipendente dell’Unione Europea. Esso è composto da 28 membri, uno per Paese, il cui compito è assicurare l’applicazione della legislazione europea, proporre nuove leggi e definire le politiche europee assieme al Parlamento e al Consiglio dell’Unione Europea. Non avendo elezioni per la Commissione e il Consiglio, talvolta le decisioni finali dell’Unione sono accusate di essere eccessivamente distanti dalla volontà popolare, accusata di essere il regno dei tecnocrati. Del resto, anche ad Approdo del Re, Capitale di Westeros, le decisioni sono prese dal Concilio Ristretto del Re  composto di funzionari tecnici che decidono per tutto quanto il Paese.

Secondo gli exit poll per le prossime elezioni il gruppo di maggioranza dovrebbe essere the European People’s Party (EPP). Nel particolare parallelismo utilizzato in questa sede, gli EPP rappresentano quella che è la Casata Lannister. La visione è la destra conservatrice, dei Cristiani Democratici, di origini religiose oramai quasi del tutto perdute, europeista, il cui obiettivo è perlopiù preservare lo status quo, migliorando notevolmente la struttura del Regno (Unione) laddove possibile per accentrarne le funzioni e i poteri in un progressivo movimento verso il federalismo. Come maggiori esponenti troviamo Juncker, il Presidente della Commissione, e Antonio Tajani, Presidente del Parlamento. Al momento, detengono quello che è il ruolo preponderante nelle scelte dell’Unione Europea.

Juncker, come Cersei, è noto soprattutto per il suo alcolismo.

Dopo l’EPP, il secondo maggior gruppo europeo è quello della Progressive Alliance of Socialists & Democrats (S&D). L’ideologia politica racchiude quella dei maggiori partiti di centro-sinistra, anch’essa europeista, con l’idea di riformare l’Unione con un focus maggiore alle tutele per il mondo del lavoro e del mercato. Essi rappresentano in tutto e per tutto alla Casata Stark. Fintanto che l’alleanza con l’EPP o Lannister resiste, essi possono contribuire pacificamente al delineamento delle politiche europee tramite il compromesso, sebbene leggermente in una posizione inferiore rispetto agli alleati di centro destra e con visioni talvolta diametralmente opposte. Ultimamente hanno perso molto supporto nei vari Paesi Membri sebbene ci sia ancora una buona parte della popolazione che sostenga questa visione.

Laddove dovesse venire a mancare una coesione di queste due entità politiche, le forze di opposizione anti-europeiste avrebbero sicuramente terreno fertile per colpire al cuore dell’Unione.

Fino ad ora, al terzo posto abbiamo trovato the Alliance of Liberals and Democrats for Europe (ALDE). Essi rappresentano l’ala europeista più forte. Estremamente radicali, la loro idea è quella degli Stati Uniti d’Europa, in una visione nella quale l’Unione Europea assume pienamente la forma di federazione con i suoi 28 stati federali. Dal punto di vista economico, il liberismo è alla base del gruppo, dove il mercato e il privato sono al centro del sistema. Daenerys Targaryen può essere vista come il maggior rappresentante della visione di accentramento dei poteri. L’idea è quella di cambiare totalmente l’intero sistema per dare in mano all’Unione Europea il potere centrale per le politiche economiche e sociali (to break the wheel). L’Unione Europea è il bene assoluto e solo tramite essa è possibile sconfiggere il populismo dilagante e le minacce internazionali.

Una possibile alleanza dei Targaryen (ALDE) e Stark (S&D) permetterebbe indubbiamente un cambio di rotta delle politiche europee ma i contrasti ideologici sarebbero sicuramente da subito evidenti.

Finora abbiamo visto le forze istituzionali, europeiste, che mirano ad una riforma del sistema in virtù dei valori europei sanciti dai vari trattati storici. Ma negli ultimi anni si è sviluppata una nuova ideologia che ne minaccia le basi. Come gli Estranei, le correnti populiste hanno gradualmente assunto maggior potere in ogni Stato Membro. Cresce dunque negli exit poll il sostegno per il gruppo Europe of Nations and Freedom (ENF). Esso rappresenta la maggior forza di euroscettici, fermamente convinti della sovranità dei singoli Stati, pronti a tutto per delegittimare il potere dell’Unione Europea. Non appartengono propriamente all’establishment e si sviluppano come forze reazionarie contro le istituzioni politiche storiche. Gli Estranei Populisti aumentano rapidamente i propri numeri, chiamando a sé coloro che si sono sentiti traditi e abbandonati dai precedenti gruppi di sinistra e destra. I primi ad esserne minacciati sono Daenerys (ALDE) e Stark (S&D) sebbene essi rappresentino un pericolo anche per gli altri gruppi.

Poi ci sono i Verdi. Nel caso qualcuno se lo chiedesse, Jon Snow rappresenta i Verdi.

Nello specifico, rappresenta Pippo Civati.

Naturalmente, a Westeros non ci sono elezioni democratiche (scusa Sam), le decisioni vengono prese autonomamente dal regnante che detiene tutto il controllo sulla popolazione. Una monarchia, dove nessuno ha potere di decisione oltre le alte cariche di potere. Per fortuna in Europa possiamo votare per decidere chi ci rappresenterà, per stabilire chi sarà in grado di produrre le leggi e le politiche comunitarie che ci hanno così unito in tutti questi anni e ci hanno dato così tanto. Ci hanno permesso di viaggiare, di lavorare in libertà, di trovare ideali comuni al di là di barriere linguistiche e di diverse culture. Non dimentichiamolo.

Domenica 19 maggio è finito Il Trono di Spade.

Domenica 26 maggio speriamo non finisca l’Unione Europea.

Noi, nel dubbio, siamo preparati.

Winter is coming

Matteo Caruso


Sitografia:

https://tvbythenumbers.zap2it.com/sdsdskdh279882992z1/sunday-cable-ratings-nba-storage-wars-ax-men-khloe-lamar-the-killing-breakout-kings-sam-axe-game-of-thrones-much-more/89980/

https://ig.ft.com/european-parliament-election-polls/

http://www.europarl.europa.eu/meps/en/home

Voto per l’Europa

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Le elezioni europee non eccitano molte persone. L’ultima volta, nel 2014, solo il 42% di coloro che avevano diritto al voto sono andati alle urne per l’UE e tra i minori di 24 anni è stato un abissale 28%. Ma le elezioni di quest’anno potrebbero essere troppo importanti per tirarsene fuori. Mentre l’agenda delle news europee è stata offuscata dalla Brexit per mesi (e potrebbe continuare ad esserlo, poiché il Regno Unito si prepara a partecipare alle elezioni a cui non ha mai voluto partecipare), il progetto europeo ha affrontato un gran numero di sfide dall’esterno – occupandosi di immigrazione, riscaldamento globale, un collasso dell’ordine mondiale – e un’esistenziale minaccia dall’interno: l’incremento di coloro che vogliono fare a pezzi più di sessant’anni di integrazione europea e ballare sulle sue rovine. Se ci fosse mai un tempo in cui il voto di ognuno conta, è ora.

I nemici dell’Europa sono uniti

Da un certo numero di anni, la crescita del populismo di destra si è potuta osservare lungo tutta l’Europa – il Raggruppamento Nazionale in Francia (precedentemente il Front), l’AfD tedesco, la Lega italiana. I loro livelli di supporto sono cambiati, come il loro radicalismo, ma hanno ampiamente perseguito la stessa agenda: anti-immigrazione, anti-UE, nazionalista, frequentemente islamofoba e socialmente conservatrice. Ma mentre uno potrebbe quasi rassegnarsi al fatto che tali ottusi chiacchieroni sono ora parte del panorama politico europeo, le più recenti evoluzioni sono state più allarmanti. In numerosi paesi europei l’estrema destra sta ora governando (da sola o in coalizione). In Italia e in Austria le coalizioni che includono partiti di destra hanno mostrato che intendono proprio ciò che dicono – nel caso dell’Italia è semplificato da drammi quasi settimanali che coinvolgono navi di soccorso per rifugiati a cui viene cancellato il permesso di attraccare e rimangono bloccate in mezzo al mare per giorni, veri esseri umani usati come pedine o merce di scambio. In Ungheria e in Polonia i governi di destra sono occupati a smantellare le fragili istituzioni della democrazia e della società civile che si sono sviluppati a partire dalla fine del comunismo tre decenni fa. A partire da quest’anno, la Spagna, precedentemente pensata immune al fascino della destra dopo decenni di dittatura di Franco, ancora una volta ha la destra nella politica nazionale: il partito Vox. E la cosa forse più preoccupante di tutte: i nemici dell’Europa sono tutti sul punto di cooperare attraverso i confini.

Godendo pienamente dei diritti di libera circolazione che l’UE offre loro, l’austriaco Heinz-Christian Strache vola a Budapest per incontrare il suo amico Viktor Orban, Joerg Meuthen dell’AfD visita il suo compare Matteo Salvini a Milano, e Marine Le Pen ha trovato il tempo di vedere Santiago Abascal, ora leader dei 24 parlamentari di Vox nel Congresso dei Deputati di Spagna, quando era a Perpignan nel 2017. Con i nemici dell’unità europea così coordinati e integrati, coloro che pensano il futuro non possa essere un ritorno alla chiusura mentale e al nazionalismo devono essere altrettanto forti insieme.

E ce ne sono di cose per cui valga la pena combattere. La seconda guerra mondiale è finita 74 anni fa, ma la pace non è ancora scontata: anzi, si dice spesso che l’Europa è libera dalla guerra dal 1945, ma non è vero: negli anni ’90, i problemi nell’Irlanda del Nord costarono circa 3000 vite. Il bilancio delle vittime della sanguinoso crollo della Jugoslavia negli anni ’90 è di oltre centomila, spinto dalle stesse forze del nazionalismo e dell’odio che il progetto europeo cerca di superare. E negli ultimi cinque anni, l’Ucraina ha pagato un prezzo elevato per l’aggressione della vicina Russia.

Niente di tutto questo significa che il progetto europeo sia fallito – si trattava di conflitti ai margini dell’Europa, dove la portata del progetto europeo in via di sviluppo era limitata, mentre le nazioni dell’Europa centrale che hanno combattuto le raccapriccianti guerre della prima metà del 20° secolo e prima – Francia e Germania, per esempio – sono state unite nell’amicizia e nella cooperazione dopo il 1945. Ciò che mostra, invece, è che la pace è fragile e non garantita. Lo stesso vale per il crescente numero di benefici che i cittadini europei hanno accumulato nel corso dei decenni: i diritti di viaggiare, vivere, lavorare, studiare e stabilirsi in un intero continente. La libertà di notare a malapena quando si attraversa un confine – quando un confine in passato potrebbe aver assistito a giovani uomini uccidersi a vicenda in trincee un secolo fa, o forse uno che trent’anni fa era chiuso con muri, recinti e guardie armate. Rispetto al resto del mondo – anzi, ai vicini europei che non sono ancora membri dell’Unione – questo è un privilegio che i cittadini dell’UE ora acquisiscono per diritto di nascita. Il rischio è diventare compiacenti di ciò che abbiamo.

Niente di tutto questo significa, naturalmente, che tutto ciò che riguarda lo stato attuale dell’Unione sia perfetto. Il basso entusiasmo per la partecipazione alla politica europea può essere attribuito al fatto che Bruxelles è una grande guastafeste: il burocratismo e le regole del mercato unico non sono né ciò che accende le passioni della gente, né l’Europa alla base. C’è molto spazio per delle critiche graduali dell’attuale modello di integrazione europea. Se il progetto di un’unione sempre più forte deve essere continuato, a un certo punto inevitabilmente significherà che gli Stati membri più ricchi si impegneranno a sostenere i meno fortunati in modo serio – la solidarietà non può finire ai propri confini nazionali. Allo stesso modo, un’Unione non può promuovere il suo impegno per i diritti umani e fregiarsi del proprio Premio Nobel per la pace del 2012 mentre le persone annegano nel Mediterraneo – o mentre sta incanalando denaro in Libia, dove migliaia di migranti sono tenuti nei campi di detenzione sotto le più terribili condizioni, soggette a brutali abusi e sfruttamento, completamente prive di diritti e ora coinvolte nel recente conflitto (uno scandalo così deprimente dovrebbe essere all’ordine del giorno di tutti coloro che professano di aderire ai valori più amati dell’Europa). Le cose devono cambiare. Ma non resterà nulla da riformare se lasceremo che i nemici dell’Europa distruggano questo progetto unico. L’Europa ci ha dato la pace, ci ha dato libertà e diritti e un forum per la cooperazione, l’unico modo per affrontare le sfide su vasta scala del futuro, come i cambiamenti climatici. In un mondo instabile, con un partner transatlantico su cui non possiamo più fare affidamento, una Russia sempre più aggressiva e conflitti irrisolti in Medio Oriente, l’Europa è la nostra migliore scommessa. Difendiamola e poi miglioriamola. Per fare il primo passo in questa direzione, votiamo in queste elezioni. Il cento per cento della nostra generazione vivrà in questo futuro, quindi forse più del ventotto dovrebbe uscire e plasmarlo.

David Zuther
Traduzione di Martina Moscogiuri e Claudio Antonio De Angelis