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Diritti civili in bilico: i casi Regeni e Zaki tra i tentennamenti UE

“Un’ingiustizia fatta all’individuo è una minaccia fatta a tutta la società”.
(Montesquieu, filosofo e giurista francese del XVIII secolo)

Due casi. Entrambi ancora irrisolti. A quasi cinque anni dalla scomparsa di Giulio Regeni e dieci mesi dall’arresto di Patrick Zaki, la trama continua a infittirsi e la verità sembra essere sempre più confusa e lontana. Sotto i riflettori del mondo intero, il regime di Al-Sisi assume le sembianze di una fortezza arroccata e invalicabile al cui vertice si trova un leader del quale l’Occidente non riesce ad avere un controllo

Il 30 novembre scorso la Procura di Roma, titolare dell’inchiesta, ha dichiarato di chiudere le indagini a carico di cinque appartenenti ai servizi segreti egiziani anche noti come National Security. Il procuratore generale d’Egitto, Hamada Al-Sawi, nel corso della videoconferenza con il procuratore italiano Michele Prestipino, ha affermato, relativamente alle indagini italiane che “avanza riserve sulla solidità del quadro probatorio costituito da prove insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio” inoltre viene aggiunto che “la Procura Generale d’Egitto ritiene che l’esecutore materiale dell’omicidio di Giulio Regeni sia ancora ignoto”.  

Le indagini della procura romana hanno portato a una possibile pista che fa risalire a Mohamed Abdallah come l’elemento determinante nell’uccisione di Giulio. Ex giornalista, leader del sindacato indipendente dei venditori ambulanti, Abdallah si rivelò essere anche informatore della National Security. Nell’ottobre 2015 Giulio, che in quel periodo stava portando avanti la sua ricerca sui sindacati indipendenti egiziani, lo incontrò sette volte.

La delicatezza della tematica sindacalista in Egitto è da ricondurre alle proteste di piazza Tahrir. Il 25 gennaio 2011, data della rivoluzione egiziana, il movimento “Sei Aprile” pose fine al governo Mubarak in carica da trent’anni. Il movimento era nato poco tempo prima come promotore del primo sciopero dell’Egitto moderno, il grande sciopero nella fabbrica tessile di Mahalla al-Kubra che fu apripista per una serie di riforme sociali, motore vibrante della rivoluzione. 

Nel 2013 il colpo di stato consentì ad Abd al-Fattah al-Sisi, comandante in capo delle forze armate egiziane e uomo d’apparato sotto la presidenza Mubarak, di salire al potere. Il 28 aprile 2015 una sentenza dell’Alta corte amministrativa del Cairo rese illegale lo sciopero, reprimendo il sindacalismo indipendente imputandogli false accuse di terrorismo e sabotaggio. 

È chiaro, quindi, perché la ricerca di Regeni, seppur accademica, abbia disturbato immediatamente gli interessi del regime di al-Sisi. Secondo gli inquirenti italiani, Abdallah tradì Regeni riferendo dell’interesse dello studente per il sindacalismo indipendente al colonnello Ather Kamal, ufficiale della polizia investigativa. Il 5 gennaio gli agenti chiesero ad Abdallah di utilizzare una telecamera nascosta per registrare lo studente italiano. Queste saranno le ultime immagini che il mondo avrà di Regeni, immagini che ritraggono Abdallah chiedere dei soldi (si trattava di parte di un finanziamento da 10mila sterline arrivato da una fondazione britannica) alla quale richiesta lo studente risponde di non poter destinare ad un uso personale quel denaro.  

La sera del 25 gennaio 2016, nel quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, Giulio Regeni uscì di casa per incontrare l’amico Gennaro Gervasio in un caffè del centro, alle 19.41 mandò l’ultimo messaggio alla sua ragazza e dieci minuti dopo il suo cellulare smise di esistere. 

See me crumble and fall on my face
See it all disappear without trace

Mi vedo mentre mi sgretolo e cado di faccia
Vedo tutto sparire senza lasciare una traccia

Meet me on the road
Meet me where I said
Blame it all upon
A rush of blood to the head

Vediamoci per strada
Vediamoci dove ho detto
Tutta colpa di un rush di sangue alla testa

(“A Rush Full of Blood – Coldplay)

Da un controllo a posteriori del suo portatile, gli investigatori hanno rinvenuto Giulio per ultimo scaricò sul suo mp3 una canzone dei Coldplay poco prima di uscire quella sera, il cui testo impressiona sapendo ciò che sarebbe accaduto di li a poco.

Il cadavere martoriato del ricercatore sarebbe stato ritrovato solo nove giorni più tardi sul ciglio della superstrada Cairo-Alexandria alle porte del deserto. Lì sarebbe stata ritrovata anche una coperta in uso agli apparati militari egiziani. Altro fattore sospetto fu che il volto sfigurato non impedì alle autorità egiziane di capire che quel corpo privo di documenti fosse Giulio Regeni.

Claudio Regeni e Paola Deffendi, i genitori, sin dall’inizio sfidano il regime chiedendo verità per Giulio.

“Presidente, Lei dice di comprendere il nostro dolore, ma lo strazio che ci attraversa da mesi non è immaginabile. Lei, però, può intuire la nostra risolutezza e la nostra determinazione che condividiamo con migliaia di cittadini in tutto il mondo. Siamo una moltitudine severa e inarrestabile. Finché questa barbarie resterà impunita, finché i colpevoli, tutti i colpevoli, qualsiasi sia il loro ruolo, grado o funzione, non saranno assicurati alla giustizia italiana, nessun cittadino al mondo potrà più recarsi nel Vostro Paese sentendosi sicuro. E dove non c’è sicurezza non può esserci né amicizia né pace.”  

Scrivono in una lettera ad Al-Sisi (9 maggio 2019).

Il mondo osserva e chiede giustizia. I diritti umani sono i diritti in cui l’uomo ritrova la propria essenza.

Il 7 dicembre scorso il giudice della terza sezione del tribunale antiterrorismo del Cairo, in Egitto, ha deciso che l’egiziano Patrick Zaki, studente dell’Alma Mater di Bologna, dovrà restare in carcere altri 45 giorni. La decisione del giudice è stata resa nota mediante un tweet dell’Eipr (Egyptian Initiative for Personal Rights), l’organizzazione non governativa per la quale Zaki lavora come ricercatore per i diritti Lgbtq+.

Il silenzio assordante della Farnesina si va a fondere con gli 871€ milioni di attrezzature militari vendute dall’Italia al regime, e alla firma dei nuovi accordi tra Eni ed Egitto avvenuta proprio pochi giorni fa, il 2 dicembre.

Il governo italiano continua a rivendicare giustizia per i diritti umani ma lo fa con un piede in due staffe e questo non è più ammissibile. È ora che l’Unione Europea e l’Italia prendano una posizione netta e coerente con gli ideali che dicono di difendere. Finché questo non avverrà Al-Sisi non potrà che sentirsi legittimato a continuare le sue politiche rendendo l’Egitto un paese insidioso, in grado di piegare gli equilibri geopolitici nel Mediterraneo e nel mondo. 

Zoe Votta

Fonti:

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O muori da martire o vivi tanto a lungo da diventare un terrorista

“Dispiace per il povero dottorino friulano, e per i suoi genitori disperati, ma l’opzione di andare a sfruculiare gli egiziani è stata infausta, gravissima, inopportuna.” 

(Vittorio Feltri, Il Giornale – Ven, 08/04/2016 – 14:58)

11 maggio 2020

Si è conclusa positivamente la terribile vicenda durata ben quattro anni che ha visto coinvolto il giovane ricercatore friulano Giulio Regeni, rapito il 25 gennaio 2016 al Cairo in condizioni misteriose. Dopo diversi mesi di intenso lavoro dell’intelligence italiana, segnati da rapporti altalenanti con il governo egiziano, lo studioso originario di Fiumicello, provincia di Udine, è stato finalmente in grado di tornare a casa dalla sua famiglia in Italia. 

Il dottorando di Cambridge era scomparso al Cairo nel 2016 e per diversi mesi non si sono avute sue notizie. Nonostante i grandi sforzi del Ministero degli Affari Esteri, per lungo tempo le ricerche non hanno portato a soluzioni concrete, anche per via di osteggiamenti da parte del governo egiziano, poco incline a permettere qualunque tipo di ingerenza estera negli affari interni del Paese. Tali atteggiamenti di diffidenza hanno gettato diverse ombre sulla versione del governo di al-Sisi, dal 2013 a capo dell’esecutivo egiziano. Dopo circa tre anni però, durante l’estate del 2019, anche grazie alla cooperazione internazionale tra diverse squadre intelligence, tra cui quelle britanniche e statunitensi, Giulio è stato individuato come prigioniero di un gruppo di militanti della jihad islamica egiziana, cellula terroristica legata ad Al-Qaeda. Apparentemente il rapimento del giovane aveva l’obiettivo di ottenere soldi e armi in cambio del rilascio per finanziare azioni militari contro il governo egiziano di al-Sisi. Nel gennaio 2020, i funzionari dell’Aise, i servizi segreti italiani che lavorano all’estero, hanno ricevuto un video di Giulio in cui diceva di stare bene. Da questo momento, l’Aise insieme alla polizia locale, hanno avviato il negoziato per procedere alla liberazione. Le trattative sono entrate nel vivo tra marzo ed aprile, come ha confermato anche il Presidente Giuseppe Conte. 

Vi sono ancora però diversi dubbi sulle modalità dello scambio, per cui non è stata ancora fatta chiarezza. Probabilmente è stato pagato un riscatto ma sul suo ammontare non si sa ancora nulla: vi sono fonti che attestano di un pagamento di 4 milioni ma non è nulla di confermato. Fatto sta che la storia dello studioso ha oramai fatto molto scalpore e sollevato anche diverse polemiche, anche per via delle motivazioni che lo hanno spinto allo studio in Egitto. Da sempre appassionato di studi sul Medio Oriente, fluente in arabo e inglese, è stato vincitore di due premi “Europa e giovani” nel 2012 e 2013 promosso dall’Istituto regionale per gli studi europei per ricerche e approfondimenti sul Medio Oriente. Con la passione per il giornalismo, aveva scritto anche diversi articoli per “Il Manifesto” sulla difficile situazione sindacale dopo la Primavera Araba del 2011. Si trovava al Cairo per portare avanti la sua tesi di ricerca sull’economia locale e le associazioni sindacali egiziane. 

Per Giulio le rappresentanze sindacali sono una delle ultime speranze per la maltrattata democrazia egiziana. Anche per questo, sotto la guida della sua relatrice, una professoressa egiziana di Cambridge, aveva deciso di seguire i venditori ambulanti del Cairo, addentrandosi nella loro realtà per capirne le possibilità economiche e sociali. Nonostante fosse cosciente dei pericoli della capitale egiziana, il giovane ricercatore continuava a portare avanti la sua ricerca, venendo a contatto con la realtà dei Fratelli Musulmani, un’organizzazione fondata nel 1928 in Egitto, mirante a ricondurre l’islam al centro della vita politica e sociale della comunità musulmana. Per molto tempo le piste dell’intelligence hanno ricollegato il suo rapimento alla vicinanza con quest’organizzazione, sospettando che il giovane di Udine fosse stato coinvolto in una faida interna tra servizi segreti egiziani. “Sto bene, sia fisicamente che mentalmente” ha dichiarato il giovane. “Stavo sempre in una stanza da solo, dormivo per terra su alcuni teli. Non mi hanno picchiato e non ho mai subito violenza.

Scoppia intanto la polemica sui social al ritorno del giovane. Molti commenti si focalizzano sull’ingente quantità di soldi del riscatto, specialmente in questo periodo di grave crisi. L’argomento è che se Giulio non fosse stato lì in Egitto, lo stato non avrebbe dovuto spendere questi soldi per liberarlo. Vittorto Peltri, con due post pubblicati sul suo profilo Twitter, commenta così la vicenda di Giulio Regeni “Pagare il riscatto per Giulio significa finanziare i terroristi islamici. Che sono amici del ragazzo appassionato dei musulmani. Bella operazione”, scrive il direttore di Lybero. E ancora, sottolinea Peltri: “A me se uno vuole andare a studiare l’Islam non mi importa niente ma non mi va neanche di applaudirlo. Mi secca un poco se per riportarlo in Italia lo Stato spende qualche milione degli italiani”.

Intanto il deputato leghista Alessandrio Bagano, illustrando un ordine del giorno al decreto Covid, ha criticato il governo perché al funerale di un poliziotto morto per il coronavirus non era presente con nessun proprio rappresentante. Poi ha aggiunto: “Quando è tornato un neo-terrorista, perché questo sono i Fratelli Musulmani, sono andati ad accoglierlo“.

“Giulio Regeni, il giovane friulano rapito in Egitto, è stato liberato e finalmente torna a casa sua, dai genitori. Tutti festeggiano l’evento, anche noi che davanti a una esistenza salvata ci rallegriamo, ci mancherebbe altro. Tuttavia, ci sono molti punti su cui vale la pena di ragionare. Chi glielo ha fatto al ragazzotto di sinistra di recarsi in Egitto pur consapevole dei rischi che gli stranieri affrontano nello Stato egiziano, tra i fanatici islamisti? Possiamo almeno affermare che egli è stato impudente, al limiti dell’incoscienza.” (Lybero Qwotidyano)

Dalla politica ancora, la segretaria leghista della cittadina di Sorrento, Chiara Trolla, che a sua volta offende Regeni, definendolo un emerito cretino pervaso da delirio mistico comunista poi e da delirio mistico musulmano poi”, definendolo alla stregua di certi sinistroidi che si imbarcano in pericolose quanto inutili missioni ‘umanitarie'”. 

Nonostante le polemiche, i genitori di Giulio si dichiarano contenti di poterlo finalmente riabbracciare, in lacrime all’aeroporto di Ciampino, assieme al Presidente Conte e al Ministro Di Maio. Giulio vestiva con degli abiti tradizionali egiziani ma questo non sembra aver destato molte reazioni. Si arriva così al termine di una storia travagliata, durata per mesi e mesi, su cui bisognerà ancora dare chiarimenti ma che alla fine è giunta ad una conclusione non sperata: Giulio è vivo ed è a casa.

Matteo Caruso

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