Una storia del popolo curdo
Il 9 ottobre il Presidente della Repubblica Turca Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato l’inizio dell’operazione “Fonte di Pace”, volta a “sradicare i terroristi dal confine tra Siria e Turchia, stabilirvi una zona di sicurezza e insediarvici i rifugiati scappati dal conflitto siriano ed attualmente situati in Turchia”. Questo attacco è stato contestato dalla maggior parte delle potenze regionali e globali, perché per “terrorista” Erdoğan intende le milizie delle Forze Democratiche Siriane (abbreviazione dall’inglese, SDF), le quali avevano collaborato con la coalizione anti-ISIS con a capo gli Stati Uniti, di fatto comportandosi come esercito di terra per l’alleanza, e dando un contributo decisivo alla sconfitta sul campo del Califfato. Il presidente americano ha deciso nei giorni scorsi per il ritiro delle truppe dall’area, dando praticamente il via libera all’operazione e tradendo le aspettative dei suoi alleati.
L’SDF è composto principalmente, ma non solo, da combattenti del gruppo etnico curdo e da questo ne deriva la diversa percezione che ne hanno gli attori coinvolti.
I curdi infatti sono un popolo senza Stato, presenti (soprattutto, ma non solo) in una vasta area montuosa che attraversa Turchia, Siria, Iraq, Iran e Armenia, con una propria lingua e cultura. Convertitosi presto all’islam (anche se i curdi appartengono anche ad altre religioni, la maggioranza resta ancora oggi sunnita), si sono integrati perfettamente nel mondo musulmano, vantando per esempio califfi come il Saladino tra le loro fila. Nonostante ciò, i curdi non sono mai riusciti a stabilire un vero e proprio Stato, essendo stati per lungo tempo assoggettati dai propri vicini più grandi, oppure divisi in piccole tribù nelle loro montagne. Durante la Prima Guerra Mondiale, la maggior parte dei curdi si era ritrovata marginalizzata, povera e divisa tra Russia zarista, Persia e Impero Ottomano. Proprio il Sultano sfruttò questa loro condizione, unita allo storico astio con gli armeni, per utilizzare anche milizie curde nel perpetrare il famoso genocidio nel 1915-16. Al termine del conflitto, l’Impero Ottomano venne costretto a firmare il Trattato di Sèvres (1920), nel quale, tra le numerosissime concessioni, il Sultano avrebbe dovuto concedere un referendum ad una parte del territorio curdo per la creazione o meno di uno Stato indipendente denominato Kurdistan. Purtroppo per i curdi, il suddetto trattato non è mai entrato in vigore. Rifiutato dalla fazione nazionalista e repubblicana di Mustafa Kemal Pasha “Atatürk”, a seguito della (vittoriosa) Guerra d’Indipendenza Turca e del fallimento delle rivolte curde in Turchia e Iraq, l’accordo venne completamente ridiscusso. Nel 1923, il Trattato di Losanna pose una pietra tombale sul Kurdistan, in quello che può essere considerato come il primo tradimento da parte dell’Occidente nei confronti dei curdi, con Francia ed Inghilterra maggiormente impegnate a stabilire il loro dominio coloniale su Iraq e Siria rispetto a garantire il principio di autodeterminazione dei popoli wilsoniano.
Le successive periodiche rivolte ebbero come unico effetto quello di alienare il popolo curdo ai governi nazionali turco, siriano, iracheno e iraniano, i quali nel corso dei decenni repressero in ogni maniera la comunità, arrivando a negarne l’esistenza come gruppo etnico, a vietarne la lingua, ad eseguire tentativi di pulizia etnica. D’altra parte, i curdi si sono organizzati sempre di più in gruppi di ribelli, i quali sono stati responsabili di campagne di guerriglia e attentati terroristici sia contro elementi governativi che contro i civili. Questi rivoltosi si condensarono e consolidarono a livello nazionale, differenziandosi tra loro sia per obiettivi che per ideologia. In Turchia, dove risiede la minoranza curda più numerosa, a farla da padrona è il Partito dei Lavoratori Curdi (PKK), comunista e che punta all’indipendenza del Kurdistan.
È di gran lunga il partito curdo più violento, con il conflitto tra loro ed i governativi causante circa 40000 morti in 40 anni. Recentemente, una serie di politiche distensive del governo turco aveva portato ad un cessate il fuoco (2013) ed alla creazione, nel 2012, del Partito Democratico dei Popoli (HDP), fazione democratica di sinistra e rappresentante dei curdi. A seguito però dell’inasprimento della situazione, l’accordo è stato rotto nel 2015 e nel 2016 vi sono stati arresti per i dirigenti dell’HDP, al quale però è ancora permessa la partecipazione alle elezioni.
In Siria, nella regione nord-orientale del Paese denominata Rojava, i curdi si sono organizzati attorno al Partito dell’Unione Democratica (PYD), di ispirazione socialista libertaria. L’obiettivo dichiarato del PYD (e delle sue milizie, le YPG, poi rinominate SDF) è quella di spingere per trasformare la Siria in uno Stato federale, dove i curdi possano godere di autonomia. Allo scoppio della Guerra Civile Siriana, il PYD ha deciso di non schierarsi né con i ribelli né con il governo, limitandosi a prendere il controllo del territorio storicamente curdo e difendendolo dagli attacchi dell’ISIS. Come già menzionato, i miliziani dell’SDF hanno dato un contributo decisivo nella lotta al Califfato, finendo per occupare un territorio ben più grande di quello storicamente curdo e costruendoci una società che rappresenta un unicum dello scenario mediorientale per rispetto dei diritti umani e di genere, talmente egualitaria da avere una nutritissima presenza femminile nelle forze armate, con le foto delle combattenti curde che hanno fatto il giro del mondo. La Turchia però accusa l’SDF di aiutare il PKK nei loro attacchi contro lo Stato turco e sulla base di questo ha attivato l’Operazione Fonte di Pace non appena ha ottenuto la promessa di non intervento da parte degli americani fino ad allora alleati dei curdi nella lotta all’ISIS. Il PYD ha dovuto quindi negoziare un accordo con il governo centrale siriano per evitare una catastrofe militare, i cui termini a noi sono sconosciuti e i cui effetti scopriremo solo in futuro.
In Iraq, i curdi hanno subito una repressione durissima specie durante gli anni del regime di Saddam Hussein, il quale è arrivato ad usare armi chimiche sugli stessi. I curdi erano accusati (non a torto) di ricevere aiuti dall’Iran per destabilizzare l’Iraq stesso e questo creò la reazione spropositata del dittatore, che tentò la pulizia etnica del popolo curdo. Ad affrontarlo c’erano i miliziani denominati “Peshmerga”, affiliati nella regione a due partiti politici, il Partito Democratico Curdo (PDK) di centrodestra e l’Unione Patriottica del Kurdistan (YNK) di centrosinistra, entrambi aventi come obiettivo l’indipendenza curda. A seguito della Seconda Guerra del Golfo, in cui i curdi supportarono l’attacco americano, l’Iraq venne trasformato in una repubblica federale ed al Kurdistan iracheno venne concessa ampia autonomia. Questa è l’unica entità attualmente riconosciuta in cui il curdo sia lingua ufficiale (insieme all’arabo). Anche in Iraq i Peshmerga contribuirono in modo decisivo alla lotta contro l’ISIS, riuscendo a sconfiggerli grazie all’aiuto degli Stati Uniti e dell’esercito regolare iracheno. A seguito del successo, nel 2017 si è tenuto un referendum per l’indipendenza che ha ottenuto il 92% di sì. Questo però non è stato riconosciuto da nessuno Stato ed ha provocato la dura reazione del governo iracheno, il quale ha scacciato i Peshmerga dai territori contesi tra i due e obbligato i curdi a desistere dalle loro aspirazioni.
In Iran, i curdi riuscirono, con l’aiuto dell’Unione Sovietica, a stabilire una piccola repubblica indipendente, la Repubblica di Mahabad, salvo poi essere abbandonati al loro destino e riassorbiti nello Stato persiano nel giro di 11 mesi dalla sua creazione. Dal quel punto in poi, miliziani curdi hanno sempre e costantemente dato filo da torcere sia allo Scià che al regime islamico, supportati dal regime nemico iracheno. Di recente, l’insurrezione, seppur abbastanza blanda, è guidata dal Partito per la Vita Libera in Kurdistan (PJAK), socialisti libertari e molto vicini al PKK turco. Il loro principale obiettivo è la federalizzazione e la democratizzazione dell’Iran. In Iran in ogni caso, specie dopo la Rivoluzione Islamica, i curdi hanno dovuto affrontare una vita molto meno dura rispetto ai loro pari negli altri Stati della regione, con la lingua curda non vietata e nessun tentativo di pulizia etnica o negazione dell’identità curda.
Si può dunque affermare che i curdi abbiano avuto un ruolo centrale nel Medio Oriente. Sono un popolo marginalizzato e oppresso, che ha combattuto contro forze nettamente superiori in uomini e mezzi con fierezza e determinazione. Spesso ha ricevuto promesse, sempre tradite, da tante fazioni, tanto interessate a ricevere il loro aiuto quanto ad abbandonarli appena questo non serviva più. L’obiettivo di un Kurdistan libero è ancora lontano ed i curdi sono ora soli, come sempre del resto. Un famoso motto curdo infatti recita “come amici solo le montagne”. Allo stesso tempo però, anche se abbandonati dal resto del mondo, continueranno a combattere, con la solita fiera determinazione, finché non raggiungeranno il loro obiettivo o moriranno nel farlo.