Quando lo scorso settembre, dopo l’ennesima estate di bagordi, ho deciso di avvicinarmi al mondo degli sport da combattimento per tentare nella mission impossibile di rimettermi in forma l’ho fatto, devo essere sincero, con un po’ di timore. Albergava in me un certo pregiudizio: quello delle palestre degli sport da combattimento dove si impara a fare a botte, dove si coltiva l’aggressività e si incentiva all’uso della violenza. Come ogni pregiudizio che si rispetti anche il mio era fondato sull’ignoranza e su una falsa credenza da essa coadiuvata e soprattutto, come tutti gli altri pregiudizi, si è alla fine rivelato falso.
Quando mi sono iscritto al corso di prepugilistica e boxe tenuto dal maestro Andrea Rinaldi ho trovato tutt’altro da quello di cui avevo timore: ho trovato un ambiente accogliente e amichevole, familiare, in un certo senso; ho trovato un contesto sportivo nel quale allenarsi, imparare a combattere, certo, ma sempre nel rispetto delle regole e dell’avversario; ma soprattutto ho trovato un grande maestro, preparatissimo, sensibile alle esigenze dei suoi allievi, eccellente nel motivarli e dar loro la necessaria disciplina, capace di capitalizzare al massimo i loro punti di forza e di convogliare nel miglior modo possibile tutte le energie necessarie per il miglioramento di quelle che sono le loro mancanze.
Ciao Andrea e benvenuto su La disillusione: per chi non ti conoscesse lascio che sia tu stesso a presentarti.
Ciao, sono Andrea Rinaldi, maestro di kickboxing e full contact, sono quattro volte campione nazionale di kickboxing e sanda. Sanda utilizza i calci, i pugni e le proiezioni mentre la kickboxing è come il pugilato con l’aggiunta dei calci. Sono cinque anni che sono entrato nella Hall of Fame a livello europeo per la kickboxing e sono stato premiato da Austria, Germania e Spagna e Italia e continuo a partecipare con successo, venendo spesso premiato come maestro dell’anno, avendo anche una scuola con quaranta allievi. La mia scuola si chiama Art of Combat perché la kickboxing non è solamente uno sport da combattimento ma è una vera e propria arte.
Come ti ho precedentemente accennato, prima di conoscerti e iscrivermi al tuo corso avevo un particolare pregiudizio sugli sport da combattimento. Che cosa c’è di vero, se c’è, in questo pregiudizio?
In genere i pregiudizi sono sempre sbagliati perché bisogna sempre provare a vedere o toccare con mano qualcosa per darne un giudizio. Gli sport da combattimento in altre parti del mondo hanno un approccio completamente diverso: ad esempio quando sono negli Stati Uniti nel 2012 ho avuto la fortuna di allenarmi con un grande maestro, Benny ‘The Jet’ Urquidez, campione di full contact negli anni Settanta e Ottanta; lì praticano la kickboxing come il karate: con disciplina, con il saluto, il rispetto per il maestro; addirittura mi ricordo che il maestro, per spiegare una tecnica, ci faceva mettere in ginocchio a terra e fino a che non finiva di mostrarla noi rimanevamo giù fermi ad ascoltare. In Italia purtroppo spesso i mezzi di comunicazione danno un’idea sbagliata e distorta degli sport da combattimento: il messaggio che passa è che questi incitano alla violenza. Non è assolutamente così: una disciplina come la kickboxing, il full contact o il pugilato oltre a dare all’allievo una maggior sicurezza in se stesso migliora l’allievo anche a livello mentale, insegnandogli il rispetto per l’avversario.
Oltre a quelli già citati, quali sono i principali valori che devono essere trasmessi da un bravo maestro di uno sport da combattimento?
Un bravo maestro deve innanzitutto insegnare a conoscere te stesso; ad esempio il mio maestro mi diceva sempre che conoscere se stessi è il primo passo verso il successo. Un maestro bravo inoltre cerca di tirar fuori il meglio di te. Poi praticando sia gli sport da combattimento che le arti marziali ci sono molte cose che vengono fuori, come la coordinazione, una migliore capacità sociale nel relazionarsi con altre persone, il rispetto e la disciplina e magari ti possono aiutare anche ad affrontare alcune paure che si hanno. A me hanno insegnato tantissimo e credo che valga anche per gli altri: soprattutto mi hanno insegnato ad essere determinato nell’inseguire i miei obbiettivi. Le arti marziali poi hanno salvato anche diverse vite: ad esempio in America so che Chuck Norris negli anni Ottanta ha creato un’associazione che allontanava i ragazzi dalla droga e dalle gang, un problema lì molto diffuso, che si chiamava Kick drugs out of America. Secondo me questa funzione viene svolta anche qui in Italia anche se magari non a livello ufficiale; conosco tanti miei amici che tramite lo sport e la vicinanza di una bravo maestro si sono allontanati dai guai.
Quanto è importante, negli sport da combattimento, ma soprattutto nella vita, la figura del maestro?
La figura del maestro è molto importante: per me è stata la colonna portante della mia vita. Io ho avuto un grandissimo maestro, Agostino Moroni: lui oltre ad essere un maestro d’arti marziali è stato come un padre per me, ha fatto di me un uomo. Era una persona fantastica: lui non mi insegnava solo come tirare un calcio o un pugno, mi insegnava a vivere, a vedere le cose da una prospettiva; lui era estraneo agli stereotipi e alle false credenze, non amava molto i mass media ed era un maestro che si distingueva dalla massa. È stato un personaggio estremamente importante per me, mi ha insegnato tutto quello che poteva insegnarmi: io faccio tesoro di tutto il tempo che mi ha dedicato, non solo per quanto riguarda il combattimento. Lui diceva sempre che la cosa che sapeva fare meno era combattere. Poi purtroppo è venuto a mancare cinque anni fa e adesso sono io che faccio le sue veci, che porto avanti la sua disciplina e il suo nome; mi sto impegnando personalmente per portare i suoi insegnamenti anche fuori dall’Italia. Lui comunque era conosciuto in tutto il mondo: è stato tre volte campione del mondo di full contact negli anni Settanta e Ottanta, è stata dieci anni con la nazionale americana di full contact e ha vinto tre titoli mondiali di cui uno al Madison Square Garden di New York, un’arena dove tutti vorrebbero combattere, all’Olimpic Auditorium di Los Angeles e qui a Roma. Per me lui è ancora adesso un punto di riferimento: i suoi insegnamenti mi risolvono ancora oggi i problemi in tre decimi di secondo e bastano per due vite.
Devo dire che nella vita sono stato fortunato perché ho da poco incontrato un altro grande maestro, anche lui campione del mondo: il maestro Massimo Brizzi, che è un grande maestro e mi sta seguendo per continuare al meglio la mia carriera agonistica e mi ci sono affezionato molto anche se lo conosco da poco tempo. Faccio parte della federazione IKTA, Intercontinental Kick Thai Boxing Association che mi sta portando avanti con la carriera al meglio.
Oltre ad essere un maestro di sport da combattimento sei anche un atleta professionista: quali sono le parole d’ordine da seguire per chi vuole diventare un fighter di professione?
Nella mia vita ho tre parole d’ordine importantissime: determinazione, passione ed entusiasmo. Determinazione perché avendo un obbiettivo ti insegna a superare qualsiasi ostacolo per andare dritto alla meta; la passione perché ti permette di curare al meglio quello che fai e cerchi così di farlo alla perfezione per essere il migliore; l’entusiasmo perché anche nella vita bisogna fare tutto con entusiasmo, perché viene dal greco entós, dentro, avere un Dio dentro. Queste tre parole che unite insieme portano al successo.
Sei rientrato da poco da un infortunio ma non hai mai smesso di combattere: ci aggiorni sui tuoi ultimi incontri e sui prossimi match che ti attendono?
A fine febbraio devo sostenere un incontro molto importante per la mia carriera: il titolo professionisti intercontinentale di full contact con l’IKTA e poi ce ne sarà un altro a giungo, un evento sportivo a livello mondiale che sarà il Best of the best, dove ci saranno altri atleti che gareggeranno per titoli italiani, europei e mondiali. Purtroppo ho da poco avuto questo infortunio ma bisogna metterlo in conto: quando ci alleniamo cerchiamo sempre di dare il massimo e purtroppo durante la preparazione del match del 23 novembre ho preso un calcio sotto al sopracciglio e ho dovuto mettere tre punti di sutura. Questo non mi ha fermato e ho continuato dritto per la mia strada: ho vinto questo match di rientro, perché erano quattro anni che stavo fuori dal giro dell’agonismo e sono rientrato in grande stile e spero di portare avanti la mia carriera sempre al massimo e al meglio.
Grazie Andrea per averci dedicato il tuo tempo.
Grazie a voi e ne approfitto per fare un saluto a un mio carissimo compagno che adesso mi sta seguendo nella preparazione per il prossimo match, Andrea Massaro, che a breve entrerà con l’IKTA nel settore Krav Maga. Lo stimo tantissimo e quando hai un amico vicino che ti motiva e ti dà forza ti senti l’uomo più felice e fortunato del mondo.