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A.A.A. Babbo Natale è in quarantena

Questo Natale – si sa – non sarà come tutti gli altri, ma una nuova minaccia si abbatte sul 2020: l’intelligence finlandese ha infatti lasciato trapelare la notizia che Babbo Natale quest’anno non sarà disponibile per la consegna dei regali. La veneranda età unita alle chiusure dei diversi confini e al fatto che a Rudolph con quel naso è impossibilitato a fare un tampone costringeranno l’eroe dei bambini di tutto il mondo a restare a casa sua. 

L’Italia può restare con le mani in mano difronte a questo guaio? Certo che no!

I nostri validissimi politici in una conferenza segreta Stato-Regioni hanno nascosto tra i meandri dei DPCM una rapida ed efficace soluzione al problema. Pare infatti che si occuperanno personalmente della consegna dei regali, ma vediamo meglio alcune indiscrezioni giunte al nostro giornale.

Per i lupetti romani i regali saranno consegnati da Carlo Calenda, paladino anti-Raggi della nuova Roma, il quale consegnerà ai bambini tutto quello che ha raccolto nel suo girovagare per  i municipi della Capitale: rami secchi, gomme squarciate dalle buche e anche qualche gabbiano. Il tutto sarà certificato da dei simpatici video caricati sulle pagine di Azione! Pare inoltre che muovendosi con i mezzi Atac il Calenda distribuirà i regali a partire dal 25 fino alla sua ormai certa elezione a imperat…ehm…sindaco.

Ai bambini toscani penserà il buon Matteo Renzi. Beh non proprio a tutti:solo i figli degli iscritti a Italia viva infatti riceveranno i regali. I 25 bambini interessati riceveranno i doni a patto di accettare un complesso documento con condizioni ben precise sul tipo di albero da avere in casa e sul cosa far trovare da mangiare a Babbo Renzi. Attenzione! Le condizioni potranno variare improvvisamente in base ai livelli di sali di litio riscontrabili nel siero del politico toscano, portando al sequestro con distruzione immediata del giocattolo.

Ai bambini dello Stato Autonomo dello Zaiastan, ex Veneto, per i nostalgici sarà distribuita un effige del amato leader e 250 ore di video cassette con registrate le videoconferenze del sovrano, in più delle piccole costruzioni forate ripiene a sorpresa di spritz o prosecco in modo che la buona tradizione dell’alcolismo si mantenga salda.

In Lombardia c’è un rimpallo di responsabilità tra Berlusconi e Salvini: Babbo Natale è infatti un uomo vecchio (vantaggio per Silvio) e paffuto (pareggio per Matteo), che di notte si intrufola nelle camere di minorenni (netto vantaggio per Silvio), mangia i loro dolcetti (imperioso pareggio di Matteo), vestito di rosso (urlo terrorizzato di entrambi e di Beppe Sala che passava di lì).

Infine per i bimbi molisani, esseri mitologici metà bambini metà leggenda, ci penserà super Conte che circa 5 secondi prima dello scoccare della mezzanotte capirà che è il momento di sbrigarsi a consegnare i regali e porterà ad ogni virgulto una mappa magica che insegnerà ai bambini degli incantesimi speciali per prendere il treni Isernia-Roma al binario 21 bis di Termini, unico binario che in caso di allarme bomba non viene evacuato, ma non è tutto: ai più buoni un set per essere il futuro Presidente del Consiglio, che consta di 3 matite gialle, rosse e arancio da usare totalmente a capocchia per colorare il planisfero del mondo.

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Nicola stai sereno

“Perché con quella ‘c’ aspirata e quel senso dell’umorismo da quattro soldi, i toscani hanno devastato questo partito”

Non sono bastati i meme, il cambio della segreteria, non è bastata l’insurrezione della destra, non è bastata Pontida, il crollo del governo, la rinascita del governo, l’addio di Tommaso Paradiso: la sinistra ha deciso di fare un’altra ennesima scissione. Così, di botto.

Oramai non ci si può fare nulla, è parte integrante del suo stesso essere. Non si può chiedere di fermare le stagioni, non puoi fermare la rivoluzione del Sole e così non si può chiedere al Partito Democratico di non scindersi in ulteriori partiti di sinistra. O meglio, puoi farlo ma tanto Renzi non ti darà retta. Per l’ennesima volta, l’ex-Presidente del Consiglio ha dimostrato di non poter in qualche modo rimanere a lungo lontano dai riflettori. Dopo una carriera lampo sulle luci della ribalta e al massimo del suo splendore è sicuramente difficile riuscire a restare nei retroscena, nonostante l’alto grado di impopolarità che è riuscito a raggiungere in solo poche mosse. Sì, perché nonostante le dure critiche all’omonimo Salvini, il caro Renzi non ha nulla da imparare dal collega leghista circa l’abilità di far cadere un governo. C’è riuscito benissimo da solo nel 2016 e parrebbe non essere intenzionato a fermarsi lì: per un governo appena instaurato da poche settimane una scissione all’interno di una delle due forze politiche non è certamente il segnale più rassicurante. Ciò nonostante, l’ex-sindaco di Firenze ha dichiarato come la separazione sia avvenuta nei toni più rilassati e sereni e che lui e i suoi seguaci che hanno chiuso le porte del Nazareno alle loro spalle supporteranno allo stesso modo il governo Conte Bis, delineandosi semplicemente come una forza politica contrapposta. Ma allora perché scindersi? Perché ora?

In un’intervista al quotidiano La Repubblica, Matteo Renzi ha duramente criticato il PD, a suo modo di vedere “organizzato scientificamente in correnti e impegnato in una faticosa e autoreferenziale ricerca dell’unità come bene supremo”. La scissione in realtà ha aleggiato per aria nei mesi come un odore di gas proveniente da una valvola malfunzionante che porta a presagire un’esplosione imminente: Matteo Renzi addirittura minacciava mesi addietro il neo segretario Zingaretti di scissione per un qualsiasi accordo con i nemici storici pentastellati. Dopo, all’indomani dell’8 agosto 2019, è invece lo stesso Renzi a spingere fortemente all’interno del Partito Democratico affinché si arrivi ad un’alleanza di governo proprio con i Cinque Stelle. La ratio di questo cambio di rotta? Le sofisticate porte blindate dei corridoi oscuri della mente renziana non hanno ancora fornito la possibilità d’esser decifrate. Si sa solo che il neo-non-così-neo Presidente del Consiglio Conte non è stato l’unico ad imbeccare contro il senatore Salvini il 20 agosto al Senato, trovando in Matteo Renzi un ottimo compagno di avventura, perlomeno per quanto concerne prendere a sassate dialettiche il segretario della Lega (Nord). Oltre ciò, durante le dure ore nelle quali Zingaretti ha cercato insistentemente un qualsiasi tipo di bevanda tra gli scaffali della cucina per mandare giù mesi di insulti e invettive per stringere la mano a Luigi Di Maio, è stato proprio Renzi a spingere fortemente per un accordo tra le due forze politiche, portando ad ulteriori tensioni e contraccolpi interni al PD. Dopo aver completato l’accordo, con successivo programma, squadra di governo e campanellina, ecco che tutto ad un tratto è proprio l’ex-segretario dem a lasciare il Partito, concretizzando voci di corridoio che da tempo circolavano e dando vita al nuovo partito liberal-democratico Italia Viva” . Una sorta di “Forza Italia” più sofisticato ma di simil sostanza. Anche perché l’unico membro non proveniente dai dem finora sopraggiunto nel neo-movimento è proprio dal partito berlusconiano, la senatrice Donatella Conzatti. L’idea è quella di una forza centrista capace di assorbire a sé l’elettorato non perfettamente allineato con la sinistra tradizionale o la destra emergente, pescando anche da +Europa e simili. 

Ciò nonostante, il governo non crolla: lo stesso Renzi ha da subito alzato la cornetta per chiamare il caro Conte, rassicurandolo del pieno appoggio da parte del suo movimento e mantenendo viva (per adesso) l’esperienza di governo. Anche se però Conte non ha subito forti contraccolpi diretti, l’effetto si sente: il PD ha da subito perso l’ 1.5% nei sondaggi e l’idea è che possa continuare a perder terreno. Secondo gli esperti sondaggisti, Italia Viva dovrebbe aggirarsi attorno al 3-5%: non importantissimo ma neanche irrilevante (e fin qui meglio della Bonino e di Liberi e Uugali). Oltre alle percentuali, c’è un altro fattore importante da dover considerare per le scelte tempistiche adottate da Renzi: non soltanto semplici deputati e senatori hanno seguito il leader toscano, ma anche membri del governo, tra cui la tanto discussa Teresa Bellanova e diversi sottosegretari. Difficile pensare che questi elementi sarebbero stati scelti lo stesso per l’esecutivo se la scissione fosse stata svolta prima dell’insediamento. 

Questa mossa sembra rivelarsi l’ennesimo fuoco amico da parte di Renzi ai suoi colleghi del PD nel quale oramai, l’ex-sindaco di Firenze si trovava troppo stretto da oramai tempo immemore. Per metterla con le parole di Internazionale:

“Le cose sono peggiorate quando Renzi nella veste di “rottamatore” ha lanciato la sua offensiva per conquistare la leadership del Pd, diventando nel dicembre del 2013 segretario del partito e nel febbraio del 2014 capo del governo. Da allora sotto al tetto del Pd hanno convissuto due partiti, armati l’uno contro l’altro, tenuti insieme da sospetti, da sgambetti e da odio reciproco

Addirittura Renzi parlava dei “suoi” senatori e deputati, quasi a sottolineare come i suoi fedelissimi non seguissero neanche più le scelte del Partito ma avessero già una loro autonomia nelle decisioni tutta di stampo renziano. Una sofferenza senza dubbio costante che non ha reso facili le decisioni al Nazareno negli ultimi anni. 

A vederla così però, una riflessione c’è da farla: se la divisione era così forte, del tutto male una divisione non fa. Sicuramente riesce a portare un po’ di tranquillità in casa dem. Forse la scissione stessa può essere vista come un atto necessario, quasi dovuto, nel quale Zingaretti sicuramente avrà modo di tirare una boccata d’aria fresca e un bel sorso di valeriana, senza l’oppressione di segretari del passato e con maggiore libertà di manovra. Di meno ma più leggeri. Magari, a differenza di Enrico, questa volta Nicola riuscirà davvero a stare sereno.

Meglio una fine con terrore che il terrore senza fine, decreta un proverbio tedesco.”

(Internazionale)

Matteo Caruso

P.S.: In tutto ciò, si parla tanto del PD e di Renzi ma cominciano a volare forti indiscrezioni a Montecitorio circa una scissione interna dei Pentastellati, con Di Maio al centro del ciclone, dimostrando come la tendenza alla scissione della sinistra abbia le stesse caratteristiche di un comune virus o batterio che si insinua all’interno dell’organismo con la vicinanza a soggetti infetti.

Evidentemente il Movimento non era vaccinato.


Sitografia: