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L’educazione nell’era post Covid: immersione in un mondo digitale e più inclusivo

Un evento da ripetere: Eduhacktion, tra innovazione ed educazione 

Questo weekend si è realizzato “Eduhacktion”, un evento organizzato da diverse realtà del mondo del digitale e dell’educazione: Culturit Network, Associazioni imprenditori millennials e Youth Hub Catania.  Durante due giornate, alcuni giovani tra i 18 e i 30 anni si sono potuti confrontare su diverse tematiche ed unirsi in team per creare una proposta innovativa su alcune tematiche. I principali argomenti trattati sono stati la didattica a distanza, il mismatching e la gamification. Ho avuto la possibilità di partecipare in prima persona a questa iniziativa e ne sono uscita molto soddisfatta. Certo, non è stato semplice uscire dalla propria zona comfort, ma ne è valsa la pena. All’interno della mia squadra ho potuto conoscere ragazzi della mia età, con le mie stesse aspirazioni e preoccupazioni, ed insieme abbiamo unito le nostre forze per creare una proposta di scuola più innovativa e inclusiva possibile. Il punto di forza di questa iniziativa? L’opportunità di essere seguiti da mentor, esperti nel settore dell’educazione, della comunicazione e del digitale. I loro consigli sono stati illuminanti e le loro storie di forte ispirazione. 

Uno sguardo oltre confine nel campo dell’insegnamento 

Giuseppe Inserra, vicepresidente di Youth Hub, afferma che la realtà scolastica deve essere multidisciplinare e continuativa. Si stanno sviluppando nuove professioni che richiedono un pensiero creativo e da questo nasce l’esigenza del cambiamento all’interno della formazione giovanile. L’Italia presenta ancora un metodo scolastico fortemente improntato sulla teoria. Marco Scannavino, co-founder di uLead, una community che fornisce orientamento universitario e lavorativo ai giovani, afferma che in altri paesi, come la Francia, viene dato maggior rilievo alle attività di lavoro e stage durante l’università. In Finlandia ,invece, gli alunni ricevono solo valutazioni positive. Questo ultimo aspetto potrebbe avere un riscontro negativo quando gli studenti si ritroveranno ad affrontare il mondo lavorativo, in cui ricevere porte in faccia è all’ordine del giorno. Tuttavia, guardando all’Italia, sarebbe utile diminuire l’importanza del voto e concentrarsi sullo sviluppo di competenze più pratiche ed esperienziali. È ciò che accade in America, dove se chiedi ad un universitario se preferisce ottenere l’eccellenza in tutte le materie o essere il capo della squadra di football, risponderebbe con la seconda opzione. I giovani italiani, durante il loro intero percorso di studi, acquisiscono un enorme bagaglio culturale, tanto da essere merce preziosa per le aziende estere, ma hanno difficoltà a inserirsi nei contesti lavorativi emergenti. Ecco dunque che si viene a delineare il cosiddetto fenomeno del mismatching, ovvero una situazione in cui la domanda di alcune posizioni lavorative eccede l’offerta. 

Mai più come prima: Il digitale arriva in aula 

Una grande lacuna è presente proprio nel mondo del digitale. Tra i pochi lati positivi della pandemia troviamo la necessità di adattarsi ai nuovi strumenti tecnologici. Dinanzi a tale scenario è stata proprio la scuola a doversi reinventare per prima, la cattedra è stata sostituita dal grande schermo e le interazioni dal vivo sono diminuite. Che si stia andando verso una nuova era nel campo dell’insegnamento? Non c’è dubbio che non torneremo indietro. Ciò non significa che bisogna incentivare lo sviluppo di un sistema di insegnamento unicamente a distanza, quanto integrare la lezione dal vivo con la possibilità di seguire dal grande schermo. Un’indagine Censis tra i docenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado ha rivelato che il 92% dei corsisti ritiene che “le nuove tecnologie digitali siano capaci di rendere più efficaci e coinvolgenti le lezioni frontali”. Non solo, sarebbe necessario fare un passo in più: portare il digitale nelle aule. Non basta però garantire un proiettore e tablet per tutti, ma è necessario puntare su una formazione di competenze digitali, sia tra i docenti che tra gli alunni. A ciò sarebbe utile ricorrere all’introduzione di una tecnica che viene già utilizzata da alcune aziende: la gamification. Un esempio è l’app di Duolingo, attraverso la quale si possono imparare le lingue con quiz e giochi. 

Il potere del gioco 

La Gamification si può definire “come un insieme di regole mutuate dal mondo dei videogiochi, che hanno l’obiettivo di applicare meccaniche ludiche ad attività che non hanno direttamente a che fare con il gioco; in questo modo è possibile influenzare e modificare il comportamento delle persone, favorendo la nascita ed il consolidamento di interesse attivo da parte degli utenti coinvolti verso il messaggio che si è scelto di comunicare”. Perché non allargare questa tecnica anche all’interno delle scuole? Forse se i protagonisti dei “Promessi Sposi” potessero prendere vita e ogni studente potesse farli agire, tutti riuscirebbero ad amare la loro storia senza troppi sbuffi.  All’imparare “sbagliando” si aggiunge così l’imparare “giocando”. 

La scuola che vorrei 

Il sogno nel cassetto? Creare un ambiente scolastico inclusivo e accogliente, dove attraverso il gioco e il digitale si possano coinvolgere tutti. Le valutazioni devono essere unite ad autovalutazioni e feedback reciproci tra studenti e docenti. Il voto inteso come semplice numero matematico deve perdere la sua importanza. E’ necessario, invece, porre più attenzione alle competenze pratiche che si sviluppano nell’intero percorso, guardando alla crescita personale del ragazzo e tenendo in conto le diversità di ognuno. In ultimo, si potrebbe pensare ad aiutare l’alunno a trovare la propria strada fin da subito, impartendo lezioni di laboratori pratici, con simulazioni di mestieri concreti. Questo potrebbe costituire parte della soluzione all’abbandono scolastico e al cambio di facoltà durante il periodo universitario. Arrivati fin qui, molti si staranno chiedendo se la creazione della scuola dei sogni richieda un certo tipo di investimento. La risposta è “sì”, ma l’istruzione ripaga ed è fondamentale puntare sul capitale umano di quelli che saranno gli adulti di domani, un domani che vogliamo sicuramente migliore del nostro. 

Irene Pulcianese

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La rivolta dei Gianni di Don Milani

Nel maggio 1967 veniva pubblicata Lettera a una professoressa di Don Lorenzo Milani (1923-1967) scritta insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana, una piccola canonica del Mugello, a pochi chilometri da Firenze. Qui Don Lorenzo elaborò la sua rivoluzionaria idea di scuola e la mise in pratica: questa era la sua vera vocazione, “far scuola”, dare un’opportunità di riscatto sociale a quei ragazzi che sarebbero stati tagliati fuori da un’istruzione, come viene definita nel testo, malata e classista, intrisa di una cultura superficiale e artefatta, volta a perpetrare il dominio del padrone sul lavoratore. Lettera a una professoressa è un pietra miliare dell’innovazione pedagogica in Italia, è stata una delle premesse teoriche del Sessantotto, è ancora oggi un testo molto attuale e una lettura obbligata per chi si vuole intraprendere il mestiere di insegnante o educatore.

Il testo, che ha appunto la forma epistolare ed è rivolta a uno sconosciuta e tipizzata professoressa, getta fin dall’inizio le basi della sua proposta educativa: la scuola dell’obbligo non può bocciare; la scuola non può concentrarsi sui ragazzi meritevoli, ma deve essere tutta protesa nel recuperare i meno bravi, coloro che provengono da un contesto socio-culturale problematico o che hanno carenze individuali.

“Così è stato il nostro primo incontro con voi. Attraverso i ragazzi che non volete. L’abbiamo visto  anche noi che con loro la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati. Diventa uno strumento di differenziazione sempre più irrimediabile.”

La scuola non deve essere tagliata su misura dei Pierini – il prototipo di studente modello, di buon famiglia, imbevuto di cultura borghese che non fallisce un colpo – ma su misura dei Gianni, dei figli del popolo, dei lavoratori, degli operai e dei contadini, che parte da un contesto socio-culturale svantaggiato, meno stimolante, nel quale il lavoro è più necessario dell’istruzione e che, se respinto dalla scuola, non avrà mai possibilità di riscatto sociale, ma resterà sempre bloccato, dominato dal padrone più istruito.

Le riforme che i ragazzi della scuola di Barbiana propongono allora tre riforme, per rendere davvero la scuola un luogo di promozione culturale e di uguaglianza:

“Perché il sogno dell’eguaglianza non resti un sogno vi proponiamo tre riforme.
  I – Non bocciare.
  II – A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a pieno tempo.
  III – Agli svogliati basta dargli uno scopo.” 

La proposta educativa di Don Milani è dunque quella di una scuola democratica, che sappia tener conto delle differenze – sociali e individuali – degli alunni e contemporaneamente sia capace di azzerarle, di dare a tutti pari opportunità di crescita e di sviluppo e di non penalizzare chi è già penalizzato dal contesto socio-culturale.

Come si ottiene tutto ciò? Cambiando l’idea di scuola, favorendo la cooperazione tra gli studenti e non incitando alla competizione, co-costruendo i saperi attraverso il dialogo tra insegnanti e alunni, revisionando i programmi in chiave interculturale e inclusiva, abbandonando un approccio meramente nozionistico a favore di uno mirato a sviluppare, oltre alle conoscenze, competenze,. non solo tecniche, ma anche sociali ed emotive. Erano queste le rivoluzionarie idee di Don Lorenzo Milani e, a più di 50 anni di distanza, hanno ancora molto da dire.

Danilo Iannelli

 

 

Dell’Aria viziata: kaputt la prof per colpire gli alunni

Il 27 gennaio 2019 in occasione della Giornata della Memoria, gli alunni del secondo anno di una classe dell’Istituto Tecnico Industriale Vittorio Emanuele III a Palermo proiettano in aula magna una presentazione, da loro realizzata, nella quale mettono a confronto massicce violazioni dei diritti umani accadute nel passato con altre proprie del momento odierno e pensata come una più ampia occasione di riflessione sul presente nella Giornata della Memoria.

In primis pongono a confronto, la negazione dei diritti degli ebrei perpetrata dalle leggi razziali fasciste del 1938 e quella portata avanti dal Decreto Sicurezza del 2018 nei confronti di immigrati e richiedenti asilo. Si confrontano inoltre la ripartizione delle quote di profughi ebrei, costretti ad abbandonare l’Europa, tra i 32 stati partecipanti alla Conferenza di Evian del 6-15 Luglio 1938 e la divisione delle quote di accoglienza all’interno degli stati membri UE, operata nel Vertice di Innsbruck del 12-13 Luglio 2018. Si mettono a confronto poi il rastrellamento del ghetto di Roma e la deportazione degli ebrei nell’Ottobre del 1943 con lo sgombero del C.A.R.A. di Castelnuovo di Porto (RM) ed il trasferimento in altra sede degli immigrati ivi ospitati, del Gennaio 2019.

L’episodio datato Maggio 1939 del Transatlantico tedesco St. Louis, costretto a rientrare in Europa a seguito del rifiuto di diversi stati di far sbarcare ed accogliere i 963 esuli ebrei tedeschi a bordo, è confrontato con quello della Seawatch 3, nave della omonima ONG tedesca, che il 19 Gennaio scorso ha salvato dal naufragio 47 persone, di cui 13 minorenni non accompagnati, nelle acque internazionali difronte le coste libiche ed  era bloccata alla fonda fuori dal porto di Siracusa senza l’autorizzazione ad attraccare (concessa il 31 Gennaio successivo, dopo dodici giorni dal salvataggio).

Il censimento degli ebrei nel 1938 viene messo a confronto con il censimento dei Rom adombrato nella primavera del 2018 dal neoministro dell’Interno ed ancora la condizione dei detenuti nel campo di concentramento nazista di Aushwitz paragonata a quella dei migranti rinchiusi nei campi profughi libici.

Gli studenti si chiedono infine che cosa significhi quindi celebrare un Giorno della Memoria e danno la seguente risposta: “Significa impegnarsi per protestare contro quello che accade oggi, e non lasciarsi manipolare da una politica nazionalista e xenofoba che rischia di ripetere gli errori di allora!”. La presentazione costituisce insomma il risultato finale di un lavoro collettivo durato qualche mese, nella quale gli studenti hanno sottolineato le similitudini da loro rilevate negli episodi messi a confronto. La verità rivelata? Decisamente no! Una loro opinione? Certamente. Magari con alcuni confronti un po’ forzati? Probabilmente sì. Un pensiero, mal ragionato e poco approfondito? No! Semplicemente formulato con gli occhi di un quattordicenne.

L’indomani, con un tweet indirizzato al Ministro della Pubblica Istruzione Bussetti, la notizia, viene mistificata e diffusa in rete, da un attivista di estrema destra, il quale sostiene che gli studenti, obbligati da una professoressa, avrebbero paragonato Salvini ad Hitler. Il giorno ancora seguente la sottosegretaria leghista ai Beni Culturali Borgonzoni rilancia minacciosamente su Facebook: “Già avvisato chi di dovere”. L’accaduto quindi, non passa inosservato al MIUR e l’ispezione dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Palermo non si fa attendere. L’istruttoria del Provveditore Anello, seguita alla visita degli ispettori nel plesso scolastico, si conclude, sentite tutte le parti, qualche settimana fa. La sanzione disciplinare della sospensione dall’insegnamento per 15 giorni (a decorrere dallo scorso 11 maggio) ed il dimezzamento dello stipendio, viene comminata a Rosa Maria Dell’Aria, professoressa di Italiano e Storia nella classe che ha realizzato il video, rea secondo il Provveditorato di “non aver vigilato” sul contenuto del lavoro dei suoi studenti, giudicato “offensivo”. Lei, che si dice molto amareggiata e particolarmente ferita dall’accaduto, si difende: “In questo video io ritengo che non ci fosse nulla di offensivo e soprattutto è stato prodotto senza alcuna intenzione di fare politica, come mai ho fatto in tutta la mia carriera scolastica!” e aggiunge: “Ho sempre lasciato che i ragazzi sviluppassero le loro libere opinioni, il loro libero pensiero, che è la finalità propria dell’insegnante e dunque la mia, invitandoli a leggere e a documentarsi sui giornali!”.  

La notizia del provvedimento disciplinare nei confronti della professoressa Dell’Aria viene rilanciata da molti quotidiani nazionali e nella mattinata del 16 Maggio scorso gli agenti della DIGOS di Palermo si presentano al Vittorio Emanuele III per raccogliere ulteriori informazioni, dalla preside e dagli altri docenti, in merito a quanto effettivamente accaduto. Non aver vigilato sul contenuto di una presentazione dei propri studenti, giudicata a posteriori offensiva da parte del Provveditorato, equivale a dire che la professoressa per tenere un comportamento disciplinarmente corretto, avrebbe dovuto censurare preventivamente o quantomeno stravolgere diffusamente il contenuto del video stesso. Ricordo che la Costituzione Italiana all’art.21 comma1 stabilisce che: “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, quindi vien difficile comprendere per quale motivo una professoressa dovrebbe limitare o comprimere un diritto riconosciuto ai suoi alunni, in nome di ciò che viene considerato offensivo o meno da un ufficio amministrativo, esso stesso non legittimato ad esercitare tale potere, semmai riservato alla legge. A maggior ragione considerato il fatto che la stessa Costituzione all’art. 33 comma 1 recita: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.”, cui è difficile far risalire la legittimità del provvedimento preso dallo stesso ufficio, volto a sindacare il metodo e il contenuto dell’insegnamento della docente.

Faccio mio infine il pensiero delle Senatrici a vita Liliana Segre ed Elena Cattaneo, espresso in una nota congiunta riguardante la vicenda: “Sono, inoltre, del tutto incomprensibili le ragioni che vedono gli organi di polizia entrare nella scuola per <ricostruire l’accaduto>”. Cui aggiungono un finale meno amaro dell’attuale: “Alla ferita democratica inferta da una articolazione dello stato deputata all’ordine pubblico che entra in una scuola per interessarsi di un lavoro didattico frutto della libera elaborazione di alcuni studenti nell’ambito delle attività per il Giorno della Memoria vorremmo rispondere con l’invito che rivolgiamo alla Prof.ssa e ai suoi alunni presso il Senato per accoglierli nel cuore dell’istituzione repubblicana che sulla Costituzione e i suoi valori trova il suo fondamento”. Buona resistenza a tutti!

Luca Fiorentino


Sitografia:

https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/05/16/news/palermo_a_scuola_un_video_accosta_salvini_al_duce_sospesa_una_docente-226386257/

https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2019/01/25/sea-watch-3-siracusa-italia

https://www.repubblica.it/politica/2019/05/17/news/prof_sospesa_zingaretti_grasso-226496162/?refresh_ce

https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/05/17/segre-cattaneo-invitano-prof-sospesa-senato_CAQwROGsdVEx7UIQ4mNLYJ.html

https://www.facebook.com/PietroGrasso/videos/369592720332327/?v=369592720332327

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