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O muori da martire o vivi tanto a lungo da diventare un terrorista

“Dispiace per il povero dottorino friulano, e per i suoi genitori disperati, ma l’opzione di andare a sfruculiare gli egiziani è stata infausta, gravissima, inopportuna.” 

(Vittorio Feltri, Il Giornale – Ven, 08/04/2016 – 14:58)

11 maggio 2020

Si è conclusa positivamente la terribile vicenda durata ben quattro anni che ha visto coinvolto il giovane ricercatore friulano Giulio Regeni, rapito il 25 gennaio 2016 al Cairo in condizioni misteriose. Dopo diversi mesi di intenso lavoro dell’intelligence italiana, segnati da rapporti altalenanti con il governo egiziano, lo studioso originario di Fiumicello, provincia di Udine, è stato finalmente in grado di tornare a casa dalla sua famiglia in Italia. 

Il dottorando di Cambridge era scomparso al Cairo nel 2016 e per diversi mesi non si sono avute sue notizie. Nonostante i grandi sforzi del Ministero degli Affari Esteri, per lungo tempo le ricerche non hanno portato a soluzioni concrete, anche per via di osteggiamenti da parte del governo egiziano, poco incline a permettere qualunque tipo di ingerenza estera negli affari interni del Paese. Tali atteggiamenti di diffidenza hanno gettato diverse ombre sulla versione del governo di al-Sisi, dal 2013 a capo dell’esecutivo egiziano. Dopo circa tre anni però, durante l’estate del 2019, anche grazie alla cooperazione internazionale tra diverse squadre intelligence, tra cui quelle britanniche e statunitensi, Giulio è stato individuato come prigioniero di un gruppo di militanti della jihad islamica egiziana, cellula terroristica legata ad Al-Qaeda. Apparentemente il rapimento del giovane aveva l’obiettivo di ottenere soldi e armi in cambio del rilascio per finanziare azioni militari contro il governo egiziano di al-Sisi. Nel gennaio 2020, i funzionari dell’Aise, i servizi segreti italiani che lavorano all’estero, hanno ricevuto un video di Giulio in cui diceva di stare bene. Da questo momento, l’Aise insieme alla polizia locale, hanno avviato il negoziato per procedere alla liberazione. Le trattative sono entrate nel vivo tra marzo ed aprile, come ha confermato anche il Presidente Giuseppe Conte. 

Vi sono ancora però diversi dubbi sulle modalità dello scambio, per cui non è stata ancora fatta chiarezza. Probabilmente è stato pagato un riscatto ma sul suo ammontare non si sa ancora nulla: vi sono fonti che attestano di un pagamento di 4 milioni ma non è nulla di confermato. Fatto sta che la storia dello studioso ha oramai fatto molto scalpore e sollevato anche diverse polemiche, anche per via delle motivazioni che lo hanno spinto allo studio in Egitto. Da sempre appassionato di studi sul Medio Oriente, fluente in arabo e inglese, è stato vincitore di due premi “Europa e giovani” nel 2012 e 2013 promosso dall’Istituto regionale per gli studi europei per ricerche e approfondimenti sul Medio Oriente. Con la passione per il giornalismo, aveva scritto anche diversi articoli per “Il Manifesto” sulla difficile situazione sindacale dopo la Primavera Araba del 2011. Si trovava al Cairo per portare avanti la sua tesi di ricerca sull’economia locale e le associazioni sindacali egiziane. 

Per Giulio le rappresentanze sindacali sono una delle ultime speranze per la maltrattata democrazia egiziana. Anche per questo, sotto la guida della sua relatrice, una professoressa egiziana di Cambridge, aveva deciso di seguire i venditori ambulanti del Cairo, addentrandosi nella loro realtà per capirne le possibilità economiche e sociali. Nonostante fosse cosciente dei pericoli della capitale egiziana, il giovane ricercatore continuava a portare avanti la sua ricerca, venendo a contatto con la realtà dei Fratelli Musulmani, un’organizzazione fondata nel 1928 in Egitto, mirante a ricondurre l’islam al centro della vita politica e sociale della comunità musulmana. Per molto tempo le piste dell’intelligence hanno ricollegato il suo rapimento alla vicinanza con quest’organizzazione, sospettando che il giovane di Udine fosse stato coinvolto in una faida interna tra servizi segreti egiziani. “Sto bene, sia fisicamente che mentalmente” ha dichiarato il giovane. “Stavo sempre in una stanza da solo, dormivo per terra su alcuni teli. Non mi hanno picchiato e non ho mai subito violenza.

Scoppia intanto la polemica sui social al ritorno del giovane. Molti commenti si focalizzano sull’ingente quantità di soldi del riscatto, specialmente in questo periodo di grave crisi. L’argomento è che se Giulio non fosse stato lì in Egitto, lo stato non avrebbe dovuto spendere questi soldi per liberarlo. Vittorto Peltri, con due post pubblicati sul suo profilo Twitter, commenta così la vicenda di Giulio Regeni “Pagare il riscatto per Giulio significa finanziare i terroristi islamici. Che sono amici del ragazzo appassionato dei musulmani. Bella operazione”, scrive il direttore di Lybero. E ancora, sottolinea Peltri: “A me se uno vuole andare a studiare l’Islam non mi importa niente ma non mi va neanche di applaudirlo. Mi secca un poco se per riportarlo in Italia lo Stato spende qualche milione degli italiani”.

Intanto il deputato leghista Alessandrio Bagano, illustrando un ordine del giorno al decreto Covid, ha criticato il governo perché al funerale di un poliziotto morto per il coronavirus non era presente con nessun proprio rappresentante. Poi ha aggiunto: “Quando è tornato un neo-terrorista, perché questo sono i Fratelli Musulmani, sono andati ad accoglierlo“.

“Giulio Regeni, il giovane friulano rapito in Egitto, è stato liberato e finalmente torna a casa sua, dai genitori. Tutti festeggiano l’evento, anche noi che davanti a una esistenza salvata ci rallegriamo, ci mancherebbe altro. Tuttavia, ci sono molti punti su cui vale la pena di ragionare. Chi glielo ha fatto al ragazzotto di sinistra di recarsi in Egitto pur consapevole dei rischi che gli stranieri affrontano nello Stato egiziano, tra i fanatici islamisti? Possiamo almeno affermare che egli è stato impudente, al limiti dell’incoscienza.” (Lybero Qwotidyano)

Dalla politica ancora, la segretaria leghista della cittadina di Sorrento, Chiara Trolla, che a sua volta offende Regeni, definendolo un emerito cretino pervaso da delirio mistico comunista poi e da delirio mistico musulmano poi”, definendolo alla stregua di certi sinistroidi che si imbarcano in pericolose quanto inutili missioni ‘umanitarie'”. 

Nonostante le polemiche, i genitori di Giulio si dichiarano contenti di poterlo finalmente riabbracciare, in lacrime all’aeroporto di Ciampino, assieme al Presidente Conte e al Ministro Di Maio. Giulio vestiva con degli abiti tradizionali egiziani ma questo non sembra aver destato molte reazioni. Si arriva così al termine di una storia travagliata, durata per mesi e mesi, su cui bisognerà ancora dare chiarimenti ma che alla fine è giunta ad una conclusione non sperata: Giulio è vivo ed è a casa.

Matteo Caruso

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