“Il fumo mette a rischio anche la salute mentale, depressi e meno vitali”. Questo è il titolo dell’articolo pubblicato qualche giorno fa da ANSA.it nella sua rubrica Ansa Salute. L’articolo riporta i risultati di uno studio sul fumo e la salute mentale sugli studenti di due università serbe.
Lo studio è interessantissimo, specie in termini di analisi adottata, e l’articolo di Ansa riporta qualche dato. Ma va fatta, visto il fine divulgativo, una precisazione. Il titolo scelto da Ansa è impreciso, e potenzialmente ingannevole. Considerando che ci sono evidenze sul fatto che tante persone si fermano al titolo, il fatto che nel corpo vi siano chiarimenti non è necessariamente sufficiente a compensare.
Lo studio in questione è di tipo cross-sectional (o trasversale), ovvero basato su dati raccolti in un solo istante. Non vi è alcuna informazione temporale, e conseguentemente non è stato possibile per gli autori investigare il rapporto temporale, necessario per poter avanzare l’ipotesi (ragionevolissima) che vi sia un rapporto causale fumo -> salute mentale.
Perché è importante l’aspetto temporale? Perché un fattore, per poter esser riconosciuto come causa di un altro fattore, deve manifestarsi prima del suo effetto.
In questo caso specifico, chi fuma sta peggio, o semplicemente chi sta peggio ha più probabilità di iniziare/continuare a fumare?
Chi fuma sta peggio o chi sta peggio fuma?
Allo stato attuale, è ragionevole pensare che il rapporto sia bilaterale ed entrambe siano corrette. Ma basandoci su questo studio possiamo solo dire che fumare è associato allo sperimentare un minore benessere mentale. così come il contrario. Il rischio, che va inteso in senso statistico, non implica la causalità. Scrivere un titolo affermando che il fumo “mette a rischio” la salute mentale rischia di ingannare il lettore facendo implicitamente passare che l’associazione sia causale.
Il concetto che sarebbe dovuto passare, è che “essere un fumatore riduce la probabilità di trovarsi in uno stato di benessere mentale”, e viceversa “trovarsi in uno stato di benessere mentale riduce le probabilità che la persona sia un fumatore”.
Infatti, il sulla base di questo studio avremmo potuto affermare anche il contrario, con la stessa identica validità.
Per poter avanzare l’ipotesi di causalità sono necessari studi longitudinali, che studiano il rapporto tra i due fattori (fumo e benessere mentale) nel tempo. Trovando queste evidenze si dovrà poi passare ad indagini di diverso tipo, per capire ad esempio se vi siano pathway molecolari o se invece il fumo sia una variabile “confondente”, associata ai vari fattori che influenzano negativamente il benessere mentale.
Fabio Porru
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