“Nessuno, mai, riesce a dare l’esatta misura di ciò che pensa, di ciò che soffre, della necessità che lo incalza, e la parola umana è spesso come un pentolino di latta su cui andiamo battendo melodie da far ballare gli orsi mentre vorremmo intenerire le stelle.”
Gustave Flaubert, “Madame Bovary”
“Il vocabolario è un museo di cadaveri imbalsamati, il linguaggio è l’intuizione vitale che a questi cadaveri dà nuova forma, nuova vita in quanto crea nuovi rapporti, nuovi periodi nei quali le singole parole riacquistano un significato proprio e attuale.”
Antonio Gramsci
“Troppo spesso le parole sono state usate, maneggiate, rivoltate, lasciate esposte alla polvere della strada. Le parole che cerchiamo pendono accanto all’albero: con l’aurora le troviamo, dolci sotto le fronde.”
Virginia Woolf, “La stanza di Jacob”
Teoricamente ogni lessema racchiude in sé un’espressione culturale, poiché la lingua stessa è espressione della cultura. Il lessico di una lingua naturale non è un inventario stabile e delimitato; bensì è sottoposto ad una continua riorganizzazione da parte di una comunità di parlanti. Le motivazioni della necessità di nuove denominazioni possono essere molteplici: per contatto linguistico con altre lingue; a causa dell’invenzione di nuovi oggetti e idee; per motivi linguistici come il bisogno di trasparenza nel caso di omonimie; per colmare lacune lessicali; per richiesta specifica di un certo momento o circostanza.
Il tedesco è una lingua particolarmente affascinante, quasi magica. È considerata la lingua di grandi pensatori, poeti e scrittori: Kant, Goethe, Nietzsche, Marx e Freud, per nominarne alcuni. L’aspetto più peculiare della lingua tedesca risiede nel fatto che ha parole molto specifiche: esiste una parola per tutto, per ogni stato d’animo, per ogni intuizione, per ogni oggetto, per ogni azione. Nulla è lasciato al caso. Basti pensare al verbo gehen che sta a significare per lo più “andare” nel senso di “andare a piedi”, che si differenzia dai termini fahren ovvero “andare con un mezzo di trasporto”, che sia la macchina o il treno, e fliegen ovvero “andare con l’aereo”/ “volare”. Stessa cosa vale per il termine hinstellen che sta a designare l’azione di riporre un libro su uno scaffale, mentre hinlegen significa poggiare un libro su un tavolo.
Il compito del traduttore è quello di esaminare e comprendere il testo assegnato e tradurlo in modo che tutti i concetti vengano resi in modo fedele nella lingua di destinazione. Walter Benjamin, filosofo, pensatore, critico letterario e traduttore tedesco, diceva: “Compito del traduttore è di trovare quell’intenzione rispetto alla lingua di arrivo dove si ridesti l’eco dell’originale.” Un traduttore quindi deve porre particolare attenzione a trasmettere nel modo più accurato possibile i riferimenti culturali specifici, come le espressioni idiomatiche e colloquiali che non hanno una corrispondenza esatta tra le due lingue.
Esistono delle parole, definite in tedesco Kulturspezifika, che esprimono caratteristiche peculiari di una certa cultura.
Il sentimento di una cultura è qualcosa di difficilmente traducibile. Una parola che esiste nella nostra lingua, che esprime un sentimento preciso, un modo di pensare, di agire e di sentire, che caratterizza la nostra cultura, può non esistere in un’altra lingua. Può non avere un corrispondente specifico, perché magari nell’altra cultura non si è sviluppato quel sentimento o ideologia che sia. O si è sviluppato in modo diverso, sotto spinte differenti.
Le Kulturspezifica riguardano la vita quotidiana, la storia, la politica, la religione, la natura, le regole sociali, i valori, l’immagine di sé come nazione culturale. Nella maggior parte dei casi per queste parole culturali non esistono equivalenti nelle altre lingue e per questo causano enormi difficoltà anche ai migliori traduttori. Questo perché il problema di traduzione non si basa su motivi linguistici ma su motivi culturali. Per fortuna la mediazione linguistica non si avvale solo della traduzione per esprimere linguisticamente il significato, ma anche di altri mezzi, come ad esempio la spiegazione.
Nel “Piccolo Viaggio dell’Anima Tedesca” Vanna Vannuccini e Francesca Predazzi elencano alcune parole culturali tedesche e ne spiegano il significato. Tra queste, certe spiccano per fascino e sottigliezza concettuale:
• Vergangenheitsbewältigung: letteralmente significa “il confronto con il passato”. Ma in realtà significa molto di più. La parola nacque negli anni ’50, ma diventò in uso circa 20 anni dopo. Per i tedeschi confrontarsi con il passato significava anche e soprattutto confrontarsi con la terribile pagina di storia del nazismo. Per anni si è detto che il passato non passa in Germania. Prima i tedeschi avevano cercato di rimuoverlo, di ignorarlo. Nella Germania comunista le cose erano apparentemente più semplici, perché il passato era stato liquidato come qualcosa che non apparteneva alla DDR. Fu solo quando uscì il film “Holocaust” (1978) che il pubblico si sentì obbligato ad un esame di coscienza. La parola Vergangenheitsbewältigung significa confrontarsi con il passato, avendo un occhio critico ed oggettivo, ma al contempo fare pace con la propria storia e, se si può, metterci una pietra sopra.
• Nestbeschmutzer: letteralmente significa “l’insozzatore del nido”. E’ un individuo che insozza il suo nido: la chiesa, la patria, il partito, qualsiasi nucleo a cui appartiene. Sporcare il nido è davvero un’azione indegna, poiché nemmeno un animale lo farebbe mai. Al nido si deve essere fedeli; tutto ciò che lo danneggia o distoglie dalla sua sacralità è per i tedeschi una profanazione. Heinrich Heine era considerato un Nestbeschmutzer: oltre al fatto che era un ebreo convertito e che, tormentato dalla censura, emigrò a Parigi, i tedeschi non sopportavano di lui la sua ironia, che ai loro occhi sfiorava il sacrilegio quando sbeffeggiava la Prussia e le sue virtù militari.
• Querdenker: letteralmente significa “il pensatore storto”. Si tratta di un composto: l’aggettivo “quer” significa “trasversale”, “storto” e non ha un significato positivo; “Denker” è il “pensatore”. Originariamente questo termine aveva una connotazione negativa, per cui colui che pensava fuori dal coro, che non seguiva la massa, non veniva visto di buon occhio. Ma il Duden, il dizionario universale della lingua tedesca, nel 1991 lo ha nominato vocabolo dell’anno, sancendo che pensare con la propria testa senza seguire gli altri, è un valore aggiunto.
• Gemütlichkeit: è l’intimità del focolare, un’atmosfera di calore, intimità e tranquillità. Uno stato di pace dei sensi, di buon umore, di appartenenza.
• Feierabend: è il “riposo della sera”. E’ una parola magica, quasi sacra. Esprime quel desiderio di Gemütlichkeit, di intimità del focolare che si ha la sera, tornati dal lavoro o dai propri impegni, e il desiderio di preservarlo.
• Mitläufer: si può tradurre con “subalterno”, “colui che cammina quando l’altro cammina”. La preposizione “mit” significa “con”, il sostantivo “Läufer” significa “corridore”. Per estensione, questo composto sta ad indicare chi si adegua alle situazioni e si comporta di conseguenza, una persona passiva che fa ciò che fanno gli altri. Relativamente al passato nazista significa essere obbedienti alle autorità, conformi al regime e non opporsi, né denunciare i crimini.
• Zweisamkeit: letteralmente è la “solitudine a due”. Noi potremmo definirla “dualitudine”. E’ il sentimento dell’amore, della coppia, dell’essere in due, del chiudersi in un mondo dove solo l’altro conta, del senso di completezza nel dividere con l’altro un’unica sfera, per i tedeschi molto più importante dei figli stessi.
Questi sono solo alcuni esempi delle meravigliose parole culturali, spesso intraducibili, di cui la lingua tedesca è dotata.
BIBLIOGRAFIA:
- Nied, Martina Curcio. La Lingua Tedesca: Aspetti Linguistici tra Contrastività e Interculturalità. Universitalia, 2016.
- Vannuccini, Vanna e Francesca Predazzi. Piccolo Viaggio nell’Anima Tedesca. Feltrinelli, 2014.