Il peso di un’arma

In questi ultimi 5 anni stiamo assistendo alla più grande corsa agli armamenti dai tempi della Guerra fredda, nel frattempo in diverse parti del mondo le guerre divampano, civili e non. Lo strumento essenziale per portare avanti una guerra sono le armi da fuoco, senza contare gli ordigni e le armi di distruzione di massa. In molti si sono fatti la stessa domanda: le armi sono la causa del caos che sta permeando la scena mondiale o sono l’effetto di tutta la violenza che stiamo vivendo al giorno d’oggi?

Di certo, le scuole di pensiero che hanno tentato di rispondere a questa domanda sono di diverso orientamento, allora prima di capire chi ha veramente ragione ci limiteremo a capire da dove vengono queste armi e chi sono i più grandi importatori, ma soprattutto perché diverse nazioni hanno aumentato gli investimenti per la difesa del proprio paese?

Dopo l’intervento in Iraq e Afghanistan, l’America, presentatasi come la paladina della giustizia, della libertà e dei diritti nel mondo, ha deciso di non essere più la protagonista assoluta dei diversi conflitti mondiali soprattutto in Medio Oriente. In diretta conseguenza paesi come l’Arabia Saudita, non potendo più contare sull’aiuto estero, hanno aumentato la spesa per l’importo d’armi del 212%. Nel 2015 l’Arabia Saudita è stata classificata come prima tra i paesi importatori d’armi, nello specifico 3.161 milioni di dollari sono stati spesi in un solo anno per importare armi. Per concludere la top five troviamo India, Australia, Egitto e gli Emirati Arabi Uniti. Sesto L’Iraq.

L’80% delle armi esportate provengono da 5 nazioni: Cina, Russia, America, Francia e Germania. Le prime 4 sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il che rende tutto molto contraddittorio. Gli Stati Uniti solo nel 2015, grazie al commercio di armi da fuoco, hanno ricavato ben 10.484 milioni di dollari, 3 volte la spesa del primo paese per importazione di armi.

In un monologo a TEDtv Amsterdam, Peter van Uhm, a capo dei servizi militari in Olanda, spiega con pacatezza come le armi siano l’unico oggetto a potersi posizionare nella sottile linea che divide il bene dal male. Il loro unico fine è quello di proteggere i più deboli e la libertà di ognuno di noi. Quindi dal suo punto di vista non sono altro che uno strumento di pace e stabilità. Proprio come un pittore utilizza il pennello, lo scrittore la penna, così le forze d’ordine hanno bisogno delle armi per mantenere la sicurezza di un paese, legittimati dal monopolio di stato all’uso della violenza. Conseguentemente nei territori dove non è presente uno stato affermato le armi possono portare caos e disperazione.

Samantha Nutt, al contrario, in un monologo sempre su TEDtv, cerca di analizzare attraverso dati e grafici che la crescita delle armi in giro per il mondo è direttamente proporzionale al numero di morti per arma da fuoco. Nel mondo vi sono all’incirca 800 milioni di armi leggere, in alcuni paesi del mondo accedere ad un AK-47 è più facile che avere accesso ad acqua pulita. 249 dollari è il costo pro-capite mondiale per le spese militari, 12 volte quanto spendiamo per aiuti umanitari come l’educazione e il soccorso immediato. Afferma “le armi da qualche parte sono un pericolo ovunque, perché la loro prima destinazione non sarà mai la loro ultima”, riportando poi gli esempi delle armi spedite all’esercito iracheno e alla fazione d’opposizione siriana finite poi nelle mani di gruppi di ribellione come l’ISIS, così come le armi spedite in Libia sono finite in mano ad associazioni terroriste come Boko Haram, Al Qaeda e altri piccoli gruppi.

Come riportato, ci sono diversi punti di vista riguardo l’uso delle armi da fuoco. Non possiamo dichiarare quale sia giusta e quale no, possiamo limitarci a considerare il fatto che il problema risiede in una mancanza di regolamentazione internazionale. Nel 2014 le Nazioni Unite hanno emanato un trattato sulle armi, ma sia la Cina che la Russia hanno rifiutato categoricamente di firmarlo. Obama, in rappresentanza degli Stati Uniti decise di firmare, ma la ratifica da parte del Senato non è ancora avvenuta. Tre paesi tra i primi 5 esportatori mondiali d’armi, nel 2015, grazie a questo commercio hanno fatturato ben 17,693 milioni di dollari.

In conclusione, possiamo affermare: l’obiettivo primario è la trasparenza, la possibilità di raccolta dati sulle destinazioni delle armi da fuoco, un impegno maggiore per raggiungere un accordo internazionale. Allo stesso tempo deve aumentare l’informazione di qualità, cosa che può avvenire solo progettando un migliore accesso all’educazione, perché in diversi paesi ragazzi che non hanno neanche iniziato la scuola sanno cosa vuol dire uccidere un uomo a sangue freddo; diffusione di conoscenze e maggiore presenza del ruolo della legge, investimenti e per le generazioni future e il rispetto dei diritti umani, sempre più dimenticati a scapito del guadagno e del ricavo.

Oscar Raimondi

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