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Ombrello rotto

Solo
Un ombrello rotto
In una giornata di sole
Solo ieri eppure
Pioveva a dirotto
E oggi giacco
Abbandonato
Sull’asfalto
All’adiaccio
Un impietoso piede
Mi calpesta nefasto
Un cubetto di ghiaccio
Ai raggi d’agosto
Rapido mi disfaccio

Solo
Tra la sorda gente
Indifferente
Al mio stridio
Di disperato aiuto
Mi sbraccio
Per un salvagente
Mentre la corrente
Mi porta via
In un mare d’oppressione

Solo
Una mano pia
Mi raccoglie sicura
E mi pone con cura
In una morbida borsa
E sarà quel che sarà
Per tanti sei nessuno
Riparo per qualcuno
Se domani pioverà

Danilo Iannelli

Schermo nero

La legna crepita: una fiamma tremula illumina fiocamente la piccola stanza. Fuori scende la notte, ma non mi importa. Non ho più nulla da temere: in questa casucola di montagna, illuminato dalla luce del sole di giorno e dalla fiamma del camino o di una candela di notte, senza alcun dispositivo tecnologico o elettronico, non ho più paura. Sono certo che quassù, isolato dal mondo e dalle sue tecnologie, a contatto con nient’altro che non sia naturale, sono al sicuro. Volevo trovare il modo di parlarne con qualcuno, ma non ne ho avuto mai il coraggio; sono scappato, isolandomi da tutti, perdendo tutto ma ritrovando me stesso e la mia sanità mentale. Ho sbagliato però: tutti devono sapere quali terribili pericoli corrono nell’essere sempre connessi, sempre attorniati da aggeggi tecnologici, sempre con uno schermo sotto gli occhi – solo a pensarlo, adesso, rabbrividisco! Credo sia giunto il momento di lasciare una testimonianza perché, se dovesse succedermi qualcosa, o lui dovesse in qualche modo raggiungermi – non credo sia possibile, qui, avendo eliminato dalla mia vita il bisogno di utilizzare qualsiasi oggetto tecnologico – non voglio che la mia storia venga dimenticata. Continua a leggere

Sacrificio

Concediti per un istante al mio abbandono
Alla forza sotterranea che ti percorre
La schiena inarcata, le gambe schiuse
Come il fiore verso un vento fecondo
Apri le braccia e accogli il mio corpo.
Distesa, spoglia nel candido assenso,
Un lampo, ferita, sei sangue e sacrificio
Selvaggia preghiera che si lascia profanare
Mentre questa pioggia soffoca il pianto.
Così rinasci, torbida primavera,
Infrante le catene del timore
Dopo lo spegnersi di questa vita
Ansimante; sparsa sulla tua pelle
La mia forza finirà di bruciare
Quando nel petto crollerà il silenzio.
Liberami, la mia beatitudine è nera, pesante;
Liberami dal male, figlia della vanità.
Sono esausto, un freddo vuoto negli occhi
Disegna la mia anima.
Tra solitudine e disperazione fingo
Una felicità tanto simile alla morte,
Ma il desiderio assale come oceano
La mia fragile resistenza:
Torno a cercarti dove finisce il mio calore
Dove ho scelto di trovare la tua essenza
Dove le lacrime convergono e il dolore trema
Sulle labbra sfinite la resa:
cadi dall’alto del sogno supplicando una voce,
La confessione del mio istinto tace,
Mi allontani, un grido graffia la mia indifferenza:
Ingannata, non avresti dovuto cedere
Alla mia sete tutta te stessa.

Lorenzo Pironi

 

São Vicente

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Come l’acqua
che liberandosi dalle onde
scivola via tra le pietre nere
di un  bagnasciuga ardente,
anche il dolore,
l’amaro
se ne va,
come se qualcuno,
un qualcosa di  inaspettato
volesse dimostrare
che è giunta l’ora
di guardare oltre il mare,
di non aver più paura
di udire solo il suono dell’oceano
dentro lo spirito,
dentro le cose,
dentro le anime senza sonno. Continua a leggere

Il sassofonista

La camera è impregnata di fumo. Il posacenere, col fondo intensamente strascicato dall’impronta grigia bianca lasciata dalle sigarette spente, trattiene, in uno spazietto di vetro apposito, una cicca alla quale restano tre tiri da consumare. Muovo ciecamente il braccio verso il comodino su cui è poggiato. Aspiro quel che rimane mentre devo ancora svegliarmi del tutto, mettendomi seduto al lato del letto, coi piedi nudi sul pavimento freddo di ceramica bianca. Ormai mi sono arreso, questo è l’odore della mia piccola casa. Continua a leggere