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Di necessità, un pasticcio – Fase 2: quando la toppa è peggio del buco

-Ma lei la ama veramente?-
-Avete già consumato il rapporto?-
-Non la sta solo prendendo in giro, vero?- 

Sono solo alcune delle domande che immagino possano fare le forze dell’ordine nel caso fermassero un cittadino che, da dopo il 4 maggio, sulla propria autocertificazione potrà dichiarare di recarsi dalla propria dolce metà.

Nell’ultimo Decreto del Presidente Consiglio, con il quale viene annunciato l’inizio della cosiddetta Fase 2 di gestione dell’emergenza da Coronavirus, è infatti concessa la possibilità di visitare i propri “congiunti”.
Una definizione vaga, improvvisata nel concedere minime distensioni in un decreto che non è stato quel “liberi tutti” che molti aspettavano e che rischiava di lasciare un po’ con l’amaro in bocca e che ha suscitato, già dalla sera stessa dell’annuncio, molte perplessità. Se il Governo ha deciso, forse per la prima volta in reale contraddizione con gli umori del paese, di insistere sulla linea della prudenza, complice anche l’allarme lanciato dall’ISS su di un piano di riaperture troppo esteso, di prolungare molte delle attuali restrizioni, la posizione di fermezza non è riuscita a durare oltre la mattinata successiva, sommersa dal fuoco incrociato di diversi esponenti di spicco della Politica nostrana e non solo.
Una serie di note di Palazzo Chigi hanno infatti dovuto cedere alla ripresa dal 10 Maggio delle attività di culto ed all’inclusione nella categoria dei congiunti anche di “Fidanzati e affetti stabili”. Quest’ultima una misura che sgretola totalmente la sensazione del “non rompete le righe” trasmessa dal premier in conferenza stampa la sera prima.

Una toppa, frettolosa, ad un Decreto che già di per sé si presentava come una soluzione tampone per trasmettere una parvenza di nuova fase di ritorno alla normalità, a cui l’esecutivo, complice forse l’alto indice di gradimento nel periodo di misure maggiormente restrittive, si è presentato colpevolmente impreparato. La precisazione della possibilità di incontrare anche i propri fidanzati ed i propri affetti stabili apre infatti un’enorme vuoto gestionale: diventerà pressoché impossibile poter definire il reale legame affettivo fra due individui.

Per fortuna in Italia la nostra sfera sentimentale è ancora qualcosa di afferente alle nostre libertà individuali e non può in alcun modo essere regolata dallo Stato: ciò che per me è una relazione stabile può non corrispondere all’idea di qualcun altro, tanto meno può essere messa in discussione da un ente governativo.

Siamo arrivati a questa Fase 2 in un collo di bottiglia, più per necessità che per reale preparazione. Il desiderio di cavalcare il ruolo di pater patriae, enfatizzato dalla fase emergenziale, ha allontanato il governo dal lavorare su una reale progettualità nella ripartenza e, giunti ad una deadline oltre la quale era impossibile prolungare ulteriormente il lockdown per sopraggiunte problematiche economiche, sociali e psicologiche, si è varato un Decreto non così solido, che ha prestato non poco i fianchi alle opposizioni ed ha costretto il premier ha sbilanciarsi.

La possibilità di poter rivedere i nostri affetti non può che renderci felici, ma dobbiamo capire il grande controsenso che presenta con la stessa linea, assai ben più rigorosa, con la quale era stato presentato il DPCM del 27 Aprile.

Di necessità, un pasticcio potremmo dire, poiché di virtuoso c’è ben poco nella gestione delle ultime misure annunciate per il 4 Maggio. Se immaginare un esponente delle forze dell’ordine che ci interroga per capire se effettivamente la nostra è una vera relazione stabile può farci sorridere, dobbiamo temere che ciò si realizzi nella vita reale: in quel caso il divertimento potrebbe lasciare spazio al grottesco e rischiare di degenerare in qualcosa di molto peggio.

Lorenzo Giardinetti

Immagine di copertina: https://gds.it/articoli/cronaca/2020/04/28/ponte-genova-conte-tutto-il-mondo-guardera-maestria-italiana-b7dd5dc9-f69e-437a-aa34-59bbb05fc66a/

Provaci ancora Prof!

Quello che Rocky Balboa, le canzoni rap e la storia della Sinistra italiana hanno insegnato a molte generazioni di ragazzi è che, nella vita, l’importante non è tanto cadere quanto avere la forza di rialzarsi. Non si può negare che l’impatto di queste tre importanti variabili del mondo moderno abbia plasmato le menti e l’attitudine di molti adolescenti. Eppure, in un piccolo paesino in provincia di Foggia, molti anni fa, un piccolo bambino cresceva spensierato senza il supporto di Sylvester Stallone, né alcun personaggio della scena rap, né tantomeno la Sinistra italiana. Quel piccolo bambino di Volturara Appura, anche senza queste figure di riferimento, è riuscito a crescere professionalmente e caratterialmente, con in testa l’idea che quando si fallisce, l’unica cosa possibile è rimboccarsi le maniche e ritentare ancora, nella speranza di fare meglio. Quel piccolo bambino, oggi, è il Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, Giuseppi Conte. Continua a leggere

Il Governo di Schrödinger

Il cinquantacinquesimo compleanno di Giuseppe Conte non è stato uno di quei giorni che passano inosservati e anonimi, destinati a finire nel dimenticatoio con tante altre feste noiose e prive di particolarità. Il compleanno del Presidente del Consiglio quest’anno tutto è stato fuorché privo di emozioni. Proprio l’8 agosto si è trovato costretto in conferenza stampa ad annunciare l’apertura della crisi di governo, dopo due lunghi colloqui con il vice-presidente Matteo Salvini, il quale ha dichiarato chiaro e tondo di non voler continuare l’esperienza di governo con il Movimento Cinque Stelle. L’intenzione del Ministro dell’Interno, dalle parole del premier, è quella di capitalizzare un consenso di cui la Lega gode al momento. Per tal motivo, l’idea del leghista sarebbe di far crollare il governo per andare ad elezioni il prima possibile e prendere le redini dell’esecutivo, scalzando fuori il Movimento, a tutt’ora in forte crisi interna con il proprio elettorato. Continua a leggere

L’acrobata di Chambéry 

Nonostante i suoi 192cm di altezza non ritrova la sua caratteristica migliore nel colpo di testa, ma nel gioco acrobatico. È stato titolare inamovibile della sua Nazionale nel Mondiale del 2018 senza segnare neppure un gol e in un’intervista a Le Monde si è dichiarato “ossessionato dalle statistiche” nonostante le sue non siano eccelse.

Fantasia e contraddizioni. Con queste due parole si potrebbe definire la carriera di Oliver Giroud, l’attaccante francese la cui ascesa è stata lenta ma inesorabile.

Nato a Chambéry da una famiglia cattolica è spinto verso il mondo del calcio dal fratello maggiore Romain, che sembrava lanciato ad una carriera ad alti livelli, poi disillusa.

La prima parte della sua carriera è tutta da ricercare nelle serie minori francesi fra Grenoble e Istres, prima di arrivare finalmente al Tours nel 2008, squadra all’epoca militante in Ligue 2, l’equivalente della nostra Serie B. A Tours resta per due stagione segnando 30 reti, 21 solo nella seconda stagione, nella quale si laurea anche capocannoniere della serie cadetta. Questo exploit attira le attenzioni di diversi club di Ligue 1, ma il più veloce ad accaparrarsi le prestazioni del centravanti è il Montpellier che già a Gennaio del 2010 ne acquista il cartellino lasciandolo in prestito fino alla fine della stagione.

Nella sua prima stagione ad alti livelli segna il primo gol con il suo nuovo club durante i preliminari di Europa League e conclude la stagione con 14 marcature, 12 delle quali in campionato. Ma è durante la stagione 2011/2012 che Giroud mette in mostra tutte le sue qualità segnando 21 reti e trascinando, in un incredibile testa a testa contro il PSG, il Montpellier alla sua prima storica vittoria nel campionato francese, rievocando le imprese leggendarie di squadre come il Blackburn Rovers o il Kaiserslautern e anticipando quella del Leicester City.

Entra cosi nel giro della nazionale e a fine stagione si guadagna la chiamata di una big di Premier: l’Arsenal.

Fa fatica inizialmente a reggere i ritmi forsennati del calcio inglese, anche a causa della sua scarsa rapidità, ma in breve tempo Wenger riesce a migliorare di molto il suo gioco spalle alla porta. Diventa così un “attaccante di sponda” capace di tenere il pallone e di far alzare il baricentro alla squadra per poi lanciare in profondità uno dei rapidissimi esterni dell’Arsenal dell’epoca (Sanchez e Walcott su tutti).

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“Il gol dello scoprione segnato durante un Arsenal – Crystal Palace e premiato con il Puskas Award come gol più bello dell’anno nel 2017″

In 5 stagioni e mezzo con i Gunners segna più di 100 gol, alcuni dei quali quasi surreali per il coefficiente di difficoltà, prima di essere ceduto ai rivali del Chelsea nel Gennaio del 2018. Con Conte però non riesce a incidere più di tanto e segna solo 2 reti.

Intanto diventa un punto fermo della sua Nazionale, della quale è il terzo miglior marcatore di sempre prima di leggende come Zidane e Trezeguet, e con la quale si laurea Campione del Mondo. 0 reti, 15 tiri complessivi di cui solo 1 in porta in 7 partite: statistiche al limite della decenza che gli hanno causato più di uno scherno da parte dei tifosi, ma che non sono sufficienti per capire il peso specifico di Giroud nella creatura del C.T. Duchamp, che lo ha schierato titolare in ogni gara della competizione.

Quest’ultima stagione, agli ordini di Sarri, non è stato impiegato molto in campionato, risultando spesso la riserva di Morata prima e di Higuain poi. Ma è in Europa League che il suo contributo è stato decisivo con ben 10 reti complessive prima della finalissima contro i suoi ex compagni dell’Arsenal.

Partita nella quale risulterà decisivo grazie ad una meravigliosa rete segnata al 48° minuto che, oltre ad aver aperto le marcature e ad aver indirizzato la partita in favore del Chelsea, ha permesso al centravanti francese di superare Luka Jovic nella classifica marcatori della competizione e di diventarne quindi il capocannoniere.

Enrico Izzo

 

In due è amore, in tre è una festa, in 27/28 è quasi un rave!

“In due è amore, in tre è una festa”, cantava così “Lo stato sociale”, cantava così anche la squadra Conte – Salvini – Di Maio prima che iniziassero a ballare un po’ di meno.

Poi l’UE ha aggiunto: “In due è amore, in tre è una festa, in 27/28 è quasi un rave!” peccato che a noi non ci abbia invitato nessuno. Elezioni europee, Salvini definisce una grande vittoria, Di Maio ne parla poco e niente, Conte decide di fare una ramanzina in comunicato stampa nazionale ricordando un po’ a tutti che comunque lui esiste.

Situazione bizzara però è quella che viene, quella che evolve e quella che racconta in realtà il seguito dell’entusiasmo alle elezioni europee.

Come mai?

Sembra strano ma per ora la festa italiana all’interno dei tavoli europei è più o meno out: gli invitati sono tanti ma i partecipanti quasi zero.
I due hanno di sicuro l’ansia da prestazione pre-party, controllando di continuo il profilo facebook e sussurrandosi mosse astute per far mettere partecipo: nonostante i palloncini promessi e l’alcool in abbondanza non vi è nessuno nella lista di chi verrà alla festa.

Ieri sera nessun italiano presente al tavolo: il potere comunitario non è preso in considerazione da nessuno di noi.

Eccoli i magnifici sei che aprono i giochi: Pedro Sanchez e Antonio Costa (capi dei governi socialisti di Spagna e Portogallo), per i Popolari il croato Andrej Plenkovic e il lettone Krisjanis Karins, il premier belga Charles Michel e il collega olandese Mark Rutte per i Liberali.

– E litalia? –

Le famiglie politiche che governeranno l’Europa sono popolari, socialisti e liberali.

I nostri partiti di maggioranza sono la Lega e M5S ma parlamento europeo i nostri due partiti andranno in gruppi di minoranza. E anche piuttosto malmessi o tutti ancora da definire.
Di Maio ha ricevuto un buon numero di porte in faccia e Salvini non le ha nemmeno pensate gongolandosi all’interno di una dimensione di felicità mista a surrealismo.

La tappa fondamentale, per arrivare alle nomine UE, sarà quella del Consiglio Europeo del 20 e 21 giugno, che potrebbe non essere però risolutivo, tanto che già sono in (possibile) agenda altri prima della plenaria dell’Europarlamento che il 2 luglio, a Strasburgo, dovrebbe eleggere il nuovo presidente dell’Aula.

Per adesso l’unica nostra speranza è un possibile commissario UE (che è diverso dalla nomina del presidente del Consiglio, piccolo reminder per Di Maio, poi ripassiamo l’articoletto insieme).

Conte nel Consiglio d’Europa naturalmente c’è, ma senza potere non avendo una famiglia politica in Europa su cui poggiarsi.

La copertina dell’Espresso oggi parla chiaro: ITALIA GAME OVER.

Paralizzati da una crisi politica fortissima e vicini a una procedura di infrazione insieme a un non potere all’interno delle istituzioni, nulla ci può salvare oltre che la consapevolezza di far parte di un gioco più grande del nostro.
La presunzione, però, vige e regna sovrana, nessuno può pensare di poter distruggere queste logiche e fino a quando i nostri vertici penseranno che stare soli è l’unica nostra mossa sensata, ci ritroveremo a calare a picco lentamente.

Giulia Olivieri